Belluno comune |
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Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Veneto | ||||
Provincia | Belluno | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Jacopo Massaro (liste civiche dicentro-sinistra) dal 21/05/2012 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 46°08′27″N 12°12′56″ECoordinate: 46°08′27″N 12°12′56″E (Mappa) | ||||
Altitudine | 389 m s.l.m. | ||||
Superficie | 147,22[1] km² | ||||
Abitanti | 35 703[2] (31-12-2014) | ||||
Densità | 242,51 ab./km² | ||||
Frazioni | Anconetta, Antole, Bes,Bolzano Bellunese, Caleipo,Castion, Castoi, Cavarzano, Cet, Cirvoi, Col di Salce,Cusighe, Faverga, Fiammoi, Giamosa, Giazzoi, Gioz, Levego, Madeago, Mares, Mier, Mussoi, Nevegàl, Nogarè, Orzes, Rivamaor, Safforze, Sagrogna, Sala, Salce, San Fermo, San Pietro in Campo, Sois, Sopracroda, Sossai, Tisoi, Veneggia, Vezzano, Vignole, Visome | ||||
Comuni confinanti | Farra d'Alpago, Limana,Longarone, Ponte nelle Alpi,Sedico, Sospirolo, Vittorio Veneto (TV) | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 32100 | ||||
Prefisso | 0437 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
CodiceISTAT | 025006 | ||||
Cod. catastale | A757 | ||||
Targa | BL | ||||
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media) | ||||
Cl. climatica | zona F, 3 043 GG[3] | ||||
Nome abitanti | bellunesi | ||||
Patrono | san Martino | ||||
Giorno festivo | 11 novembre | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Belluno nell'omonima provincia |
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Sito istituzionale |
Belluno (ascolta[?·info]) (IPA: /belˈluno/[4], Belùn in veneto bellunese, Belum in ladino) è un comune italiano di 35.703 abitanti[2], capoluogo della provincia omonima in Veneto.
Fondata come municipium romano nel I secolo a.C.[5], è attualmente il comune più abitato della provincia e il settimo e più settentrionale tra i capoluoghi di provincia del Veneto. La città è situata alla confluenza del torrente Ardo e del fiume Piave, posizione difensiva strategica per la quale è stata protagonista nelle due guerre mondiali.
L'area più settentrionale del territorio comunale fa parte sia del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi (dal 1988) sia delpatrimonio dell'umanità delle Dolomiti dichiarato dall'UNESCO nel 2009. Belluno inoltre è stata insignita del titolo di città alpina dell'anno 1999.
La parte antica della città di Belluno sorge su uno sperone di roccia in prossimità della confluenza del torrente Ardo con il fiumePiave. A nord si stagliano verso il cielo l'imponente gruppo dolomitico della Schiara (2565 s.l.m) con la caratteristica Gusela del Vescovà, il monte Serva (2133 s.l.m) e il monte Talvena, mentre a sud le prealpi separano il Bellunese dalla pianura veneta. Sempre a sud, nella zona del Castionese, si erge il Nevegal (pronuncia: Nevegàl) sul quale sono situati impianti di risalita e piste da sci.
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Belluno. |
Belluno è indicata come la città capoluogo di provincia più fredda d'Italia nelle temperature medie invernali. Anche la temperatura media annua è spesso la più bassa fra quelle dei capoluoghi di provincia italiani. Nel 1998, ad esempio, essa fu di 9,8 °C, mentre la media mensile di gennaio fu di circa 0 °C. Nel torrido 2003 la temperatura media annua non raggiunse i 10,0º[6]. Assai consistente è la piovosità: su Belluno cadono annualmente circa 1400–1500 mm di precipitazioni (1355 mm nel 2005), concentrate nei mesi da aprile a novembre, che possono anche raggiungere i 2000 mm, mentre l'inverno è siccitoso con cielo sereno. Il clima della città complessivamente è perciò piuttosto freddo e caratterizzato da precipitazioni piovose e nevose.
Belluno | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 3,3 | 6,2 | 11,1 | 15,5 | 19,9 | 24,0 | 26,5 | 26,0 | 22,4 | 16,3 | 9,6 | 4,5 | 4,7 | 15,5 | 25,5 | 16,1 | 15,4 |
T. min. media (°C) | -4,1 | -2,4 | 1,8 | 5,9 | 9,9 | 13,4 | 15,3 | 14,9 | 12,2 | 7,3 | 2,1 | -2,2 | -2,9 | 5,9 | 14,5 | 7,2 | 6,2 |
Precipitazioni (mm) | 45 | 52 | 77 | 97 | 130 | 120 | 115 | 102 | 98 | 116 | 105 | 71 | 168 | 304 | 337 | 319 | 1 128 |
Giorni di pioggia | 5 | 5 | 7 | 11 | 13 | 13 | 11 | 10 | 8 | 9 | 8 | 6 | 16 | 31 | 34 | 25 | 106 |
Secondo le classifiche stilate da Legambiente la città, nel 2007, 2008 e 2010, si è classificata al primo posto per sostenibilità dell'ecosistema urbano fra tutti i capoluoghi di provincia italiani[7].
Inoltre il Comune ha ricevuto già nel 2007 la certificazione EMAS, confermata dopo controllo ispettivo anche per il 2008. La certificazione EMAS[8] si riferisce al rispetto del Regolamento CE n. 761/2001 (EMAS) e viene attribuita a quelle amministrazioni che si impegnano a migliorare le proprie prestazioni ambientali (gestione dei rifiuti, qualità dell'aria e delle acque etc.). Belluno è il primo comune capoluogo d'Italia a essere stato inserito nel Registro europeo delle organizzazioni registrate EMAS.
Le origini del nome |
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L'ipotesi più accreditata è che il toponimo abbia originiceltiche: si riconoscono infatti una radice *bel- con il significato di "brillante" e dunum "centro fortificato"; Belluno è dunque la "città splendente"[9]. |
Le primissime popolazioni passate per i luoghi bellunesi furono quelle pre-indoeuropee prima del 3000 a.C, e lasciarono la loro firma su molte località e nomi comuni del Bellunese. Nel territorio bellunese i Paleoveneti giunsero dalla pianura padana seguendo la valle del Piave.
I primi insediamenti umani individuati nel territorio di Belluno risalgono alla prima metà del I millennio a.C.: presso gli attuali quartieri di Fisterre e Cavarzano sono stati rinvenuti dei reperti che dimostrano la presenza paleoveneta sulla superficie comunale.
La cultura paleoveneta del bellunese, fiorente nel V
secolo a.C., si caratterizzava per delle peculiarità linguistiche rispetto a quella della pianura veneto-friulana, e i reperti ritrovati attestano un'area culturale collegabile con un
influsso celtico e aperta verso la valle dell'Isonzo. Un esempio dell'influenza celtica è il ritrovamento, sempre
a Cavarzano, di una fibula con sfinge, che non è
riscontrabile con la cultura paleoveneta della pianura. Molti dei reperti paleoveneti di Belluno sono conservati nel Museo civico di Belluno.
Durante i successivi secoli, la presenza celtica si rafforzò nel territorio, fino a quando i Romani non ricacciarono a Nord queste popolazioni, iniziando la loro penetrazione nel mondo alpino. Non ci sono dati precisi sulla fondazione della città, ma pare che essa sia stata fondata tra il 220 e il 200 a.C., quindi precedentemente alla conquista romana, la quale iniziò nel triveneto nel 181 a.C. con la fondazione di Aquileia. La conquista fu graduale e pacifica: ciò si spiega con la natura anti-celtica dell'avanzata romana e con il fatto che la popolazione di Belluno era quasi prevalentemente venetica. Altri elementi che indicano l'amicizia delle popolazioni bellunesi con i Romani sono gli schieramenti a favore della città eterna nel 225 a.C. nella lotta contro i Galli e successivamente durante la seconda guerra punica contro Annibale.
Gli iniziali contatti con il mondo Romano furono però quasi sempre commerciali, infatti a Belluno si potevano trovare parecchio ferro e rame, e solo durante il I secolo a.C. Belluno entrò a far parte stabilmente della Repubblica romana dal punto di vista giuridico e politico. In un periodo non ben definito compreso tra la morte di Cesare e l'impero nel periodo di Augusto, circa tra il 40 a.C. e il 10 d.C., Bellunum (nome romano della città) divenne municipium romano facente parte della Regio X Venetia et Histria. Il municipium di Belluno venne assegnato alla tribù Papiria, una delle 35 tribù nelle quali, nei comizi tributi, veniva suddiviso il popolo che poteva fregiarsi della cittadinanza romana.
La città era retta dai quattorviri juri dicendo (supremi magistrati), dai quattorviri aedilicia potestate e dal Consiglio degli Anziani. Esisteva anche un sindacato dei dendrofori, cioè degli zattieri: già al tempo dei Romani le zattere in abete scendevano lungo il Piave fino al Po e al porto di Ravenna trasportando il larice o alcuni minerali o pietre da costruzione. Questa attività si sviluppò già nella prima età imperiale, come testimoniano alcune iscrizioni rinvenute a Belluno.
Riguardo all'urbanistica romana, il Castrum romano corrisponde alla parte più antica della città, situata su un terrazzo fluviale digradante verso sud, tra l'alveo dell'Ardo e quello del Piave, col foro sito in piazza delle Erbe. La coincidenza dell'attuale centro storico con il Castrum romano non permette la conoscenza della primitiva struttura urbana, che tuttavia rimase invariata fino al X secolo. La città era circondata dalle mura, ma di queste ci rimangono poche testimonianze: si sono conservati solo alcuni tratti lungo la via Dino Buzzati sul lato ovest, mentre sorte migliore è toccata alle porte di ingresso al centro abitato. A sud si può trovare porta Rugo, da dove passava la via che portava al porto fluvialedi Borgo Piave, mentre a nord si è conservata porta Dojona, che prende il nome dal torrione che si trova lì vicino, chiamato Dojon. Inoltre l'attuale porta Dante era, al tempo dei Romani, un piccolo uscio di servizio chiamato Ussolo.
All'esterno delle mura si trovavano gli insediamenti di Fisterre e Cavarzano: il nome di quest'ultimo deriva dal fondo Capertianum, di proprietà della gens Capertia, sul quale si trovava l'insediamento cavarzanese. Con la creazione dei fondi da parte dei Romani, operazione chiamata centuriazione (cioè la suddivisione agraria del territorio in parcelle quadrangolari), l'aspetto del paesaggio bellunese si trasformò radicalmente: vennero create nuove colture, realizzate bonifiche, canalizzazioni, disboscamenti e create nuove strade di accesso ai fondi.
Alcune iscrizioni indicano che Bellunum ebbe sempre una certa autonomia dall'autorità romana, fin quando il municipium non decadde come importanza, venendo assoggettato alla centralizzata autorità imperiale; la città seguì le sorti dell'Impero fino al crollo di quest'ultimo e alle invasioni barbariche. Restano comunque alcuni importanti reperti storici del periodo romano: cippi funerari, il più famoso dei quali è quello di Flavio Ostilio (conservato nel palazzo Crepadona), alcuni tratti di acquedotti (ad esempio a Fisterre) ed alcune monete ed iscrizioni monumentali di un periodo per lo più ascrivibile ai secoli secondo e terzo.
Dopo la decadenza di Roma, anche Belluno visse le vicende delle invasioni barbariche che cambiarono il volto della città. Essa subì molte invasioni, in ordine dai Visigoti, dai Vandali, dagli Eruli, dagli Unni e dagliOstrogoti di Teodorico. Successivamente Belluno passò sotto il dominio bizantino: durante il loro governo venne continuato il progetto iniziato da Teodorico, infatti le costruzioni di nuove difese fortificate non si arrestò. Queste servivano principalmente per la difesa contro i Longobardi, ma questi ultimi riuscirono lo stesso a prendere la città nel 568, giungendo dal Friuli. I Longobardi fortificarono ulteriormente la città di Belluno, consapevoli che la sua posizione poteva essere strategica sia contro gli attacchi bizantini dal mare che contro quelli dei Franchi da nord-ovest.
Nel frattempo, nel 548, durante le guerre gotiche, era stato eretto un primo
edificio sacro, probabilmentepaleocristiano, dall'allora vescovo di Belluno Felice, e questo venne intitolato a san Martino di Tours.
Sempre durante la dominazione longobarda, Belluno divenne una sede di Sculdascio (circoscrizione amministrativa longobarda): per questo venne edificato sul lato nord, in una posizione avanzata rispetto alle mura Romane, un primo rudimentale
castello, il castello della Motta. Questo ero uno dei nomi che i longobardi davano ai loro castelli, mentre un altro era Dongione. Da questo secondo nome deriva il termine che indicava i tenutari
della antistante porta Dojona e del castello, i
Doglioni, mentre dal nome del castello Motta derivava l'antico denominazione della piazzetta dove si trovava l'ingresso del castello, piazza della Motta, l'attuale piazza Mazzini.
Secondo alcuni storici, durante questo periodo la città sembrò ritrovare un certo equilibrio: questa era stata romanizzata e convertita al cattolicesimo, e questi due elementi favorirono tra gli altri una facile convivenza e compenetrazione tra i bellunesi e i longobardi. La lunga permanenza longobarda è testimoniata negli elementi di toponomastica, nella lingua e nei reperti archeologici.
« Sembra certo che Belluno, con le contermini città del Friuli, abbia a lungo resistito all'invasione dei Franchi, a fianco dei duchi Longobardi, prima di accettare la sovranità di Carlo Magno. » |
(Bartolomeo Zanenga, La storia di Belluno) |
I Franchi, per indebolire i Ducati troppo forti e troppo estesi, divisero il territorio in contee e marche e si appoggiarono ai vescovi più che ai nobili troppo potenti. Così avvenne che il primo Vescovo-conte investito di potere sui possedimenti bellunesi fu un certo Aimone nell'882. In questo periodo Belluno si fortificò ancora, e così si delineò la città medievale con il castello, la cinta muraria, le porte e i torrioni, tutto questo grazie all'affermarsi dei governi aristocratici dei Vescovi-conti. Di questo periodo restano pochi reperti archeologici, che sono in gran parte rappresentati dal torrione Dojon e dalle rovine del castello Castiglione in piazza Castello, mentre si sono conservate parecchi scritti e stampe dell'epoca, che ci aiutano a ricostruire la storia della città.
Nel frattempo erano stati riorganizzati gli spazi interni della città: la piazza del Duomo ora aveva la cattedrale e il palazzo dei Vescovi; la piazza del Mercato divenne il centro medievale degli affari; si stabilirono i quartieri attorno alle case dei nobili e il sistema viario che si reggeva sull'asse di via Mezzaterra che percorreva (e percorre) tutta la città danord a sud.
All'incirca un secolo dopo con un vescovo bellicoso, Giovanni II, la città si fornì di una nuova cinta muraria e allargò i suoi domini anche su territori della pianura veneto-friulana. Con queste premesse, Belluno divenne realtà comunale agli inizi del milleduecento con l'istituzione della figura del Podestà. Sempre in questo periodo gli storici della letteratura fanno risalire il primo documento poetico del Ritmo bellunese, un nuovo volgare. Si tratta di una canzone militare del 1196, creata per una delle ricorrenti guerre contro Treviso, di cui si ha una recente trascrizione di Gianbattista Pellegrini:
« De Castel d'Ard av li nost bona part. I lo getàtut intro lo flum d'Ard. Sex cavaler de Tarvis li pui fer. Con sé dusé li nostre cavaler. » |
(Gianbattista Pellegrini, La storia di Belluno) |
Nel periodo successivo Belluno subì continue invasioni da parte delle città contermini o da parte di potenze straniere, come Ezzelino III da Romano, gli Scaligeri, i Visconti e i Da Carrara, cosicché nella città si ebbe un periodo di forte instabilità politica, che finì quando Belluno non si concesse spontaneamente alla Repubblica di Venezia nel 1404.
Belluno si diede al dominio della Repubblica di Venezia in modo spontaneo nel 1404 a causa del vuoto politico venutosi a creare in tutta la provincia e l'impossibilità per le città bellunesi di creare un'autonomia politica che tenesse conto di tutte le esigenze interne e di politica estera. Inizio così la pace più lunga e duratura di sempre, interrotta in sole due occasioni, tra il 1411 e il 1420, quando venne dominata dalle truppe di Sigismondo, venuto in Italia per una campagna contro la Repubblica di Venezia, e tra il 1509 e il 1511, quando l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo assediò la città durante la Lega di Cambrai. Il fatto che Belluno si fosse spontaneamente donata a Venezia comportò il mantenimento delle strutture politiche già esistenti, poiché la città della Serenissima non poteva arrogarsi dei diritti, come se avesse imposto con la forza la propria superiorità. La città mantenne così la sua amministrazione locale, che vedeva primeggiare il Consiglio dei nobili: Venezia allora seguì una politica pragmatica che vedeva l'appoggio appunto della nobiltà, così da garantirsi la fedeltà dei sudditi e del governo locale. I lagunari comunque non rinunciarono al controllo, svolto attraverso i funzionari presenti in città. In questo modo rettori e vicari veneziani, che riuscivano ad infiltrarsi in ogni controversia, appoggiando di volta in volta la parte più opportuna, il contenuto politico locale venne gradualmente svuotato di significato e Venezia riuscì ad imporre il potere della Serenissima e del Consiglio dei nobili.
L'autonomia politica da Venezia ebbe però un doppio effetto, infatti la capitale non attuò delle politiche di sviluppo a Belluno, ma prestò attenzioni solo per l'invidiabile posizione difensiva che aveva sul Nord. Altra attenzione che Venezia pose su Belluno fu quella rivolta ai beni originari: legnami e materiali che garantirono a Venezia l'attività navale con bassi costi e prodotti manifatturieri a basso prezzo. Ottenne in cambio la fedeltà assoluta dei bellunesi che guardavano Venezia come intermediario capace di tutelarli e di guardare ai suoi diritti.
Il dominio di Venezia terminò nel 1797, quando con il Trattato di Campoformio Napoleone Bonaparte cedette il Veneto all'Austria, con un mercantaggio non gradito dalla popolazione. Successivamente la città venne ripresa dai francesi, poi nuovamente ceduta all'Austria. Belluno infine tornò nel Regno d'Italia Napoleonico nel 1805, e vi rimase fino al 1815. In questi pochi anni venne creato il Dipartimento della Piave e venne introdotto l'ordinamento francese con una nuova suddivisione territoriale che disegnò i confini dell'attuale provincia, esclusi i territori ladini. Nel 1816 Belluno ritornò nell'Impero austro-ungarico, quando venne eletto il Primo Regio Consigliere in nome di Francesco I. L'amministrazione austriaca fu più attenta nei confronti della città di quella veneziana, infatti mantenne per quanto possibile il carattere socio-amministrativo di Belluno, favorendo il decentramento.
Vennero promossi i lavori pubblici, in special modo le grandi vie di comunicazione della provincia e con la Pianura veneto-friulana. Costruzioni degne di essere menzionate sono ilPalazzo Cappellari e il Palazzo Rosso (1836), attuale sede del municipio. Altri lavori realizzati furono la costruzione di una grande fontana nel Campitello, che venne elevato al livello di piazza, chiamandola Piazza del Papa. Inoltre la città ottenne nel 1816 il titolo di Città regia.
Nel frattempo era incominciato un costante aumento demografico, tale da dare via al fenomeno dell'emigrazione, iniziato alla fine del XIX secolo e conclusosi solo con il boom economico italiano degli anni cinquanta. La principale meta di emigrazione era l'Austria, dove era richiesta manodopera per la costruzione di nuove ferrovie.
Sempre a livello di opere pubbliche, si ebbero delle importanti trasformazioni urbanistiche: vennero abbattute le mura della città e interrato il fossato, così che divenne più semplice il
collegamento della città con la zona nord del Campitello. Quest'ultimo divenne il nuovo centro gravitazionale della città, anche se i servizi rimasero in
piazza del Duomo. Inoltre vennero costruiti vari ponti sul Piave e sull'Ardo.
Il dominio austriaco durò cinquanta anni, a parte la breve parentesi del 1848, quando Belluno si dichiarò Libero Municipio nella risorta Repubblica Veneta, momento insurrezionale chiusosi
nel 1849 con la resa di Venezia. Nel 1866 Belluno, con tutto il Regno Lombardo-Veneto, entrò a far parte del Regno d'Italia unificato dal Piemonte.
« Essi fecero la scelta italiana, perché sentivano di appartenere alla nazione italiana e perché compresero presto che la provincia bellunese, agli occhi dell'Impero, non aveva grande valore politico, economico e militare, quindi non era meritevole di piani di sviluppo. I Bellunesi si sentirono emarginati. » |
(Gigetto De Bortoli, Belluno: storia, architettura, arte, p.22) |
Con l'annessione al Regno d'Italia, si diffuse il sistema amministrativo centralizzato, meno efficiente del sistema imposto dagli Austriaci. La borghesia cittadina, entusiasta per l'annessione ma politicamente sprovveduta dopo secoli di domini stranieri, non seppe portare avanti una chiara linea nella conduzione agraria. Non vi fu pertanto alcun aumento produttivo e le condizioni dei contadini rimasero miserevoli. L'intera provincia, compresa Belluno, iniziò a decadere dal lato economico-sociale, e restò sempre più isolata rispetto al resto della regione, tanto che il fenomeno dell'emigrazione dalla città aumentò considerevolmente, non più verso l'Austria ma verso i paesi europei più sviluppati e le Americhe, in special modo il Brasile. Fu una emigrazione fatta di grandi sacrifici e di grandi dolori: gli emigranti si affidavano a individui loschi e senza scrupoli, che il più delle volte li riducevano in semischiavitù. L'emigrazione ebbe gravi effetti anche su Belluno: le risorse umane già istruite e preparate vennero meno e così fu difficile un avvio e un mantenimento di un certo grado di vita.
La città venne colpita anche da un disastroso terremoto il 29 giugno 1873 alle 4:29 del mattino. L'intensità era compresa tra il nono e il decimo grado della Scala Mercalli, e gli effetti del sisma furono pari a 6.3 gradi della Scala Richter. Dei 2010 edifici del comune, 23 crollarono (tra i quali 4 chiese) e 178 furono demoliti successivamente; inoltre ben 403 edifici furono ristrutturati e la restante totalità degli edifici fu riparata. Morirono 4 persone e i feriti furono 7, mentre 157 famiglie (per un totale di 771 persone) rimasero senzatetto.
Nel frattempo in città vennero costruiti alcuni edifici pubblici, come le scuole elementari e la stazione di Belluno (1886), oltre ad alcune strade e ponti (un ulteriore ponte sul Piave è del 1884) e un distretto militare (1909). Tuttavia la popolazione fu costretta a continuare ad arrangiarsi, cercando di valorizzare l'agricoltura, sperimentando il cooperativismo, fondando società operaie ed assicurative e trovando qualche suo rappresentante in Parlamento. Alcuni esempi furono l'Asilo Cairoli, che accoglieva figli di operai, o l'attività di don Antonio Sperti, che raccoglieva orfani dalle strade avviandoli allo studio e al lavoro nella sua officina.
A causa del rientro a Belluno di circa seimila emigranti espulsi dai paesi che erano già in guerra, la situazione sociale della città divenne critica. Il forte rincaro degli alimentari aggravò il malcontento popolare e i mancati finanziamenti da parte del governo di Roma per delle opere pubbliche che avrebbero impiegato parte della popolazione provocarono uno sciopero generale contro la fame e la disoccupazione indetto il 5 marzo 1915. Durante lo sciopero vi furono dei tafferugli, repressi da oltre 4000 uomini in armi.
Il 24 maggio 1915 iniziò anche per l'Italia la prima guerra mondiale, che fu lo sfondo della città di Belluno per tre anni e mezzo. Inizialmente la città funse da centro della retrovia sul fronte italiano, e il Comitato di assistenza civile si impegnò nei sussidi a famiglie bisognose e soldati e curò il ricovero ed il mantenimento di minori, vedove, povere o ammalati. Ogni aiuto venne però incentrato sulla sola città, mentre le campagne vennero abbandonate a se stesse. La carità cittadina procurò scarpe e indumenti invernali per i soldati, mentre la raccolta popolare del soldino si premurava di raccogliere soldi per le truppe, a fianco alle sottoscrizioni mensili. La sfortuna colpì poi il territorio comunale: nell'agosto del 1917 un uragano si abbatté sulle campagne, distruggendo le colture e provocando come diretta conseguenza la carestia nel successivo inverno.
Il 1º settembre 1917 si svolse un duello aereo nel cielo di Belluno, dove morì, sotto gli occhi dell'atterrita e commossa popolazione, Arturo Dell'Oro, al quale venne successivamente dedicato l'aeroporto di Belluno. Pur di abbattere l'aereo nemico, Arturo si lanciò con il suo velivolo contro quello avversario, precipitando poi sulle rocce della Palazza, dove venne recuperato i giorni successivi e poi seppellito nel cimitero di Prade.
Il 24 ottobre 1917, giorno della disfatta di Caporetto, aprì il cosiddetto an de la fan (anno della fame) a Belluno. Più di 5000 cittadini e parte della giunta fuggirono dalla città, che fu interessata nei giorni successivi dal passaggio delle truppe italiane in rotta, che fecero saltare il viadotto ferroviario sull'Ardo e il ponte sul Piave. Il 10 novembre entrarono in città le truppe austriache che, lacere e affamate, saccheggiarono la città. Perfino la copertura di rame dell'angelo sul campanile del Duomo venne asportata, creando un danno ancora attuale alla statua, cioè delle infiltrazioni di acqua.
Il nuovo governo cittadino austriaco assegnò ad ogni cittadino una carta di legittimazione per il riconoscimento personale. La chiusura di scuole e società culturali, oltre che l'accanimento dei soldati contro biblioteche e quadri, cercava di nascondere il passato per combattere l'idea di nazione italiana. Migliaia di contadini dovettero lavorare per gli invasori nei campi, ma a questa imposizione il popolo rispose mangiando di notte le patate coltivate. I comitati cittadini, i parroci, i maestri si adoperarono per la comunità, anche se al nuovo vescovo Giosuè Cattarossi venne impedita la visita pastorale. All'inizio di dicembre si insediò in città il comandante di distretto Karl von Kantz: egli si comportò in modo equilibrato, senza infierire sulla popolazione, che apprezzò il suo comando. In città vennero collocati dei servizi logistici degli invasori, come l'armeria o gli edifici per ospitare le truppe della retroguardia.
Il 1º febbraio 1918 l'imperatore d'Austria Carlo I si recò a Belluno per galvanizzare le truppe, ma trovo la città semideserta e sotto coprifuoco. Dopo la vittoria italiana nellabattaglia del Piave del 23 maggio, gli invasori fuggirono dalla città la notte del 30 ottobre, a circa un anno di distanza dal loro insediamento. Il giorno successivo il generaleGiuseppe Vaccari liberò la città.
Il bilancio per Belluno fu pesante: nell'intero arco della guerra 3228 persone morirono di fame e 1574 morirono di malattie, in particolare l'influenza spagnola. Enorme fu infine la ricchezza pubblica e privata che andò distrutta o perduta.
Con la fine della prima guerra mondiale la provincia di Belluno guadagnò alcuni comuni ladini, ma perse la sua importanza strategica che veniva ricoperta dal Trentino. A Belluno si evidenziava un clima di forti tensioni sociali dovute al crollo del commercio successivo alla guerra, a una forte inflazione e ai lentissimi risarcimenti dei danni di guerra. Nacquero così due nuovi partiti politici a Belluno, quello socialista, vicino agli operai, e quello popolare più sensibile alle masse contadine. Nelle elezioni del 1919 il PSI portò aRoma tutti e tre i suoi candidati bellunesi: gli avvocati Luigi Basso e Oberdan Vigna e l'operaio Giusto Santin. Nel marzo 1920 nacque a Belluno la Camera del Lavoro, il cui segretario fu l'emigrante Fortunato Viel. Tra il 23 e il 26 giugno dello stesso anno uno sciopero al grido di "casa, lavoro e pane" paralizzò l'intera provincia, aumentando il consenso al partito socialista e causando quattro morti a Santa Giustina. Il cambiamento definitivo avvenne quando nell'ottobre del 1920 i socialisti vinsero in ben 24 comuni dellaprovincia.
Anche nelle politiche del 1921 fu confermata la superiorità
socialista (15.045 voti) davanti ai popolari (13.890 voti), ma fu evidenziata con quasi 10.000 preferenze la forza del blocco fascista, abile a sfruttare il malcontento per la situazione economica. Il 14 gennaio 1922 i fascisti tennero a Belluno il primo comizio provinciale, fronteggiarono lo sciopero del 1º maggio e costrinsero i ferrovieri a
riprendere il loro lavoro a luglio. Comunque non mancarono episodi contro di loro: il 23 aprile 1923 5 fascisti furono aggrediti aCavarzano.
Nel frattempo il partito socialista si indebolì per le conseguenze del congresso di Livorno, e fu costretto nel 1922 ad introdurre una tassa-famiglia antidisoccupazione. Il 24
settembre 1922 si tenne l'ultimo consiglio comunale democratico,
dopo di che i fascisti si impadronirono di Palazzo Rosso. Dopo la marcia su Roma la situazione precipitò: il 29 ottobre dello stesso anno i fascisti armati presidiavano
Belluno, e il 30 il sindaco Vincenzo Lante si dimise. La città fu guidata da commissari prefettizi fino
al 1927.
Alla fine del 1923 non esistevano ormai più il Psi, sindacati e i radicaldemocratici, e gli ultimi sussulti
di questi partiti avvennero con l'assassinio di Giacomo Matteotti, ma furono repressi con la forza. Dopo una fugace apparizione a Belluno nel giugno 1923, fu assegnata la cittadinanza onoraria di Belluno
a Benito Mussolini il 24
maggio 1924. Tra il 1921e il 1936 l'emigrazione ridusse i bellunesi di oltre 1500 unità. Il regime considerò la provincia zona difensiva, quindi non la dotò
di infrastrutture ma si limitò a favorire la pianificazione integrata tra montagna e pianura. Il fabbisogno di abitazioni costrinse il governo della città a far costruire il
nuovo Quartier Cadore con 200 alloggi e 600
locali, mentre furono costruiti o completati alcuni edifici pubblici, tra i quali l'edificio delle Poste, una delle opere più significative del Novecento in città.
Il 24 settembre 1938 Mussolini giunse a Belluno in treno, inaugurando la
tratta Venezia-Belluno via Vittorio Veneto. In questa occasione, riferendosi
alle sanzioni di Ginevracontro l'Italia, il Duce pronunciò la celebre frase:
« Circolavano allora delle alternative assolutamente ridicole: burro o cannoni? Noi abbiamo scelto che cosa? (La folla) Cannoni! » |
(Benito Mussolini, 24 settembre 1938) |
Solo nell'ottobre 1942 nacque a Belluno un comitato antifascista, che trovò terreno fertile tra quelli che durante il ventennio dissentirono dal regime dopo l'8 settembre 1943.
L'8 giugno 1940 fu riaperto al culto la cattedrale di Belluno, mentre il 10 giugno l'Italia entrò nellaseconda guerra mondiale, ma questo evento era ormai largamente annunciato e il popolo era stato illuso che si sarebbe concluso in breve tempo. Nel marzo 1942 vi fu la precettazione civile di tutti i cittadini tra i 18 e i 55 anni; sempre nel 1942, verso la fine dell'annata, avvenne la ritirata dall'Unione Sovietica, la quale aprì gli occhi a molte famiglie sullo sconsiderato bellicismo fascista.
Il 19 luglio 1943 si tenne nella località di San Fermo a Belluno il tredicesimo incontro tra Benito Mussolini e Adolf Hitler, nella villa Gaggia. Nell'incontro, definito controverso, il duce non osò interrompere l'alleanza con la Germania e, visti gli insuccessi in Africa e in Sicilia, invocò l'aiuto militare da un alleato furioso per le disfatte italiane. Il 25 luglio 1943 la caduta del fascismo fu accolta -come scrisse il questore cittadino- con indubbi segni di giubilo come una liberazione.
Dall'8 settembre (data dell'armistizio) al 13 settembre 1943 Belluno fu occupata da 80 Alpenjaeger, che non incontrarono alcun ostacolo. In seguito la città fu annessa al Terzo Reich, nell'Alpenvorland, ritrovandosi sotto la diretta giurisdizione tedesca con a capo il tirolese Franz Hofer. Alla fine del 1944 la città subì diversi bombardamenti, che interessarono soprattutto lastazione ferroviaria. Nel frattempo sulle montagne attorno al capoluogo si organizzava la resistenza partigiana, che ottenne come riconoscimento al tributo di sangue e di eroismo la Medaglia d'oro al valor militare nel 1947. A sostenere la lotta partigiana furono sia il clero che la popolazione che offrì viveri, ospitalità ed informazioni ai combattenti. Nell'inverno 1943-1944 i partigiani si prepararono all'azione, sperando nell'arrivo degli Alleati. Alcuni di questi si paracadutarono nel settembre del 1944: tra di loro fu molto caro ai bellunesi il maggiore Harold William Tillman, che conquistò anche delle cime himalayane nella sua vita. Il 15 giugno 1944 ben 73 partigiani furono liberati dal carcere diBaldenich in un'operazione condotta da Mariano Mandolesi. Si ebbero episodi altamente dolorosi per la Resistenza, come quello del 14 settembre 1944, del 1º maggio 1945, che costò la vita a 17 civili inermi a Fiammoi, quello del 10 marzo 1945, quando 10 partigiani furono impiccati agli alberi in località Bosco delle Castagne, e quello del 17 marzo 1945, quando 4 partigiani furono impiccati ad altrettanti lampioni di piazza Campitello (poi ribattezzata, in ricordo di questo evento, piazza dei Martiri); la sera della stessa giornata il vescovo Girolamo Bartolomeo Bortignon, incurante dei pericoli, si recò in piazza per baciare e benedire le salme dei partigiani.
Il 26 aprile 1945 fu ordinata la mobilitazione generale partigiana, che portò all'aumentare della dotazione di armi e alla liberazione di vari detenuti politici. Il 2 maggio la città poté considerarsi sicura, con la consegna dei prigionieri nazisti agli Alleati, avvenuta in piazza Duomo.
Il 25 aprile 1947 fu assegnata a Belluno la Medaglia d'oro al valor militare per l'eroica resistenza partigiana che si sviluppò sulle montagne nei dintorni della città e portò alla liberazione di quest'ultima. Riguardo agli sport invernali, nel 1953, in località Nevegal, si aprì un nuovo impianto sciistico, mentre nel 1956 Cortina d'Ampezzo ospitò i VII Giochi olimpici invernali: fu proprio il 27 gennaio di quell'anno che il presidente della repubblica Giovanni Gronchi visitò Belluno.
Nel 1960 si iniziò la costruzione del nuovo Ospedale San Martino, il quale fu concluso a fasi alterne tra il 1967 e il 1988. Il 9 ottobre 1963 il disastro del Vajont distrusseLongarone e alcuni paesi limitrofi uccidendo quasi 2000 persone; l'ondata d'acqua riversatasi nel Piave causò gravi danni anche a Belluno, dove fu necessario un piano di ricostruzione del quartiere di Borgo Piave. Il 4 novembre 1966 un'alluvione colpì la città di Belluno e tutta la sua provincia, causando 24 morti, oltre a 15 000 alluvionati, 150 case e 17 ponti distrutti. La città si ritrovò con Borgo Piave allagata, gli acquedotti fuori uso così come i collegamenti ferroviari e telefonici.
Il 26 agosto 1978 Albino Luciani, originario di Canale d'Agordo, patriarca di Venezia e già sacerdote a Belluno, fu eletto papa con il nome di Giovanni Paolo I: il suo fu un pontificato brevissimo, poiché morì appena 33 giorni dopo la sua elezione. Nel 1979 l'onorevole Gianfranco Orsini presentò una proposta di legge per attribuire competenze autonome alla provincia di Belluno nell'ambito della Regione Veneto; la proposta fu rifiutata più volte. Nello stesso anno la Pallavolo Belluno raggiunse la Serie A. Nel 1985 ilNevegal e Belluno ospitarono le Universiadi della neve, per i quali la città si dotò di alcune infrastrutture come la piscina comunale e il palaghiaccio (ora Spes Arena) in località Lambioi.
Il 12 luglio 1993 fu istituito il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, che comprende i monti che si trovano sul confine settentrionale del comune. Nel 1998 fu inaugurato il parcheggio di Lambioi, il quale si dotò di scale mobili che arrivano direttamente in piazza Duomo. Nel 1999 Belluno venne scelta, da una giuria internazionale, come Città alpina dell'anno per il suo impegno nel mettere in atto la Convenzione delle Alpi.
Tra il 15 settembre 2007 e il 6 gennaio 2008 palazzo Crepadona ospitò la mostra Tiziano: l'ultimo atto, nella quale furono esposte numerose opere dell'artista cadorino Tiziano Vecellio. La mostra ebbe una risonanza internazionale, come dimostrano le 124.333 presenze registrate[10].
Nel 2009 le Dolomiti, compreso il monte Schiara che chiude a nord il territorio comunale, sono state inserite nel patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO. Sempre nello stesso anno, tra il 28 marzo e il 12 luglio, si è tenuta una mostra in onore di Andrea Brustolon, scultore e intagliatore bellunese, definito nel 1847 da Honoré de Balzac ilMichelangelo del legno[11]: le presenze totali furono di 26.461 visitatori[12].