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Sciacca comune |
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Panorama di Sciacca |
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Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Sicilia | ||||
Provincia | Agrigento | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Fabrizio Di Paola (PDL) dal 07/05/2012 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 37°30′33″N 13°05′20″E / 37.509167°N 13.088889°E37.509167; 13.088889 (Sciacca)Coordinate: 37°30′33″N 13°05′20″E / 37.509167°N 13.088889°E37.509167; 13.088889 (Sciacca) (Mappa) | ||||
Altitudine | 60 m s.l.m. | ||||
Superficie | 191,67 km² | ||||
Abitanti | 40 980[1] (30-6-2015) | ||||
Densità | 213,8 ab./km² | ||||
Frazioni | Carbone, Foggia, Renella, San Marco, Maragani, Lago del Carboj, Makauda, Raganella, Cutrone, San Calogero, Galati, Montagnola, San Giorgio, San Marco, Baiata, Scunchipani, Timpirussi, Ferraro, San Michele, Contrada da Bruca, Perriera, Bordea, Carcossea, Isabella, Marina, Sovareto, Santa Maria, Santa Caterina, Bertolino, Santa Maria, Fontana Calda, Catabubbo, Verdura, Contrada da Misilifurni, C. da Ciurami Spagnolo, c. da Grattauli, c. da Gaddimi, Torredara, c. da Guardabasso, c. da Tranchina, c. da Locogrande | ||||
Comuni confinanti | Caltabellotta, Menfi, Ribera, Sambuca di Sicilia | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 92019 | ||||
Prefisso | 0925 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
Codice ISTAT | 084041 | ||||
Cod. catastale | I533 | ||||
Targa | AG | ||||
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media) | ||||
Cl. climatica | zona B, 887 GG[2] | ||||
Nome abitanti | saccensi | ||||
Patrono | Festa della Madonna del Soccorso | ||||
Giorno festivo | 2 febbraio e 15 agosto | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Sciacca nella provincia di Agrigento |
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Sito istituzionale |
Sciacca è un comune italiano di 40.980 abitanti della provincia di Agrigento in Sicilia.
Città marinara, turistica e termale, ricca di monumenti e chiese, Sciacca (uno dei comuni più grandi della provincia) è nota fra l'altro per il suo storico carnevale e per la sua ceramica.
La cittadina di Sciacca si trova sulla costa del Canale di Sicilia tra le foci dei fiumi Platani e Belìce, a circa 65 metri s.l.m.
La città si affaccia al mare unicamente dal lato meridionale tramite un lungo sperone (detto Coda di Volpe ) della rupe bianca di Cammordino. Ad est s’innalza il monte Kronio alto 386 metri, alle cui falde scaturiscono, per un percorso di circa sei chilometri, le famose acque termali; a nord la cittadina è protetta pure qui dalla collina calcarea di San Calogero (o Monte Kronio), noto per la sua enorme basilica sul punto più alto della collina, per le sue stufe dalle proprietà terapeutiche e per le sue grotte; ad ovest il paesaggio si interrompe nel Capo San Marco, capo rinominato per la sua bellissima spiaggia e che dà le spalle alle coste africane. Attraversano il terreno saccense i fiumi Verdura e Foce di Mezzo (che sfocia in contrada da Foggia)
È situata a forma di anfiteatro sul mare a mezzogiorno della Sicilia, di fronte all'isola di Pantelleria e Tunisi, a metà strada tra le rovine di Selinunte, Eraclea Minoa, ed Agrigento.
A circa 26 miglia marine dalla costa di Sciacca, a pochi metri dalla superficie del mare sul cosiddetto banco di Graham sorge un vulcano attivo che nel 1831 eruttò formando una piccola isola che venne chiamata Isola Ferdinandea. Il primo ad approdare sull'isola dopo alcuni primi tentativi falliti fu l'ammiraglio britannico James Graham che riuscì a piantarci sopra la bandiera britannica. Dopo qualche giorno una delegazione di cartografi francesi riuscì ad approdare e tracciare alcune piantine dell'isola. Questa delegazione battezzò l'isola con il nome di Julia. Dopo alcune settimane un'altra delegazione di geologi e cartografi borbonici riuscì a mettere piede sull'isola e tracciare altre piantine e battezzarono l'isola con il nome di Ferdinandea in onore al re delle Due Sicilie Ferdinando II. Le tre nazioni stavano ancora litigando per il possesso dell'isola, peraltro situata in mezzo al canale di Sicilia e quindi in una posizione estremamente strategica, che essa lasciò tutti di stucco inabissandosi tra flutti e vapori cinque mesi dopo.
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Sciacca. |
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Sciacca. |
Secondo lo storico Savasta (1843) il nome di Sciacca si scriveva con la lettera X, cioè Xacca, derivato a suo dire da Xech, dal nome arabo Xech, che sta per "Signore" o "persona illustre".[senza fonte] Xechi - in realtà Shaykh - erano, inoltre, chiamati dagli Arabi i governatori delle piazze, come attesta il Fazello (1498-1570). Secondo altri[senza fonte], Xacca deriva da Xach che vorrebbe dire Mercurio (forse per un famoso tempio dedicato a questa divinità), oppure Pomona (dea dell'abbondanza). Poi in latino si scrisse Sacca.
Altre spiegazioni sul suo nome le diedero gli studiosi Giuseppe Licata (1881) e Ciaccio (1900). La più recente, comunque, la si deve all'arabista saccense mons. Giuseppe Sacco (1925), secondo il quale il
vocabolo Sciacca deriverebbe dal verbo sordo arabo <sh-q-q> - che significa "separare",
"dividere", "fendere" - da cui il sostantivo al-shaqq, "divisione").
Lo stesso autore ci riferisce che Sciacca è stata così chiamata perché, sin dall'inizio del dominio musulmano, segnò il confine che separava due province o distretti o contrade. Il fatto
che Sciacca si trovasse quasi a metà strada fra l'araba Marsala e la berbera Girgenti giustificherebbe, secondo lo studioso, tale designazione da parte dei conquistatori nordafricani. Lo stesso Michele Amari non dubita
sull'origine araba del nome ma le tesi sopra descritte non hanno trovato conferma da parte di Giovanni Alessi (1938),
secondo il quale
la teoria sopraccitata è valida per un corso d'acqua o una catena montuosa, ma non per un centro abitato. A suo dire, dunque, il toponimo Sciacca deriverebbe invece dal latino ex
acqua, con chiaro riferimento alle ricche sorgenti di acque termali.[senza fonte]
Diversi studiosi negli ultimi anni ritengono che il suo nome derivi da una improbabile parola araba che significa "bagno"; mentre altri pensano che esso risalga al culto per l'antica divinità siriana "Shay' al-Qawm".
Sciacca conserva molte opere d'interesse artistico.
La sua attuale e particolare struttura urbana deriva dall'operato degli Arabi, che ricorrevano a quartieri recintati da mura, e dei Normanni, che ampliarono le mura al fine di facilitare la convivenza fra Normanni, Arabi, Greci e Franchi. Dunque le sue mura - risalenti a varie fasi costruttive e che rappresentano un complesso unitario - sono molto spesse e quelle più recenti del 1550 si sovrapposero a quelle più antiche del 1330-1335 circa. Si chiamano ancora col nome del viceré Giovanni De Vega, che li fece costruire e ne diresse i lavori
Verso i secoli XV-XVI le mura però vennero soppiantate dai sontuosi palazzi dell'aristocrazia terriera: ne è un esempio la presunta fortezza di re Carlo V e il palazzo dello Steripinto, costruito sul tardo Quattrocento e ornato con bifore e con una merlatura a coda di rondine.
L'antica Cappella di San Giorgio dei Genovesi è stata costruita nel 1520 dai numerosi mercanti genovesi, residenti a Sciacca per curare i loro affari. Non è più officiata e si trova vicino il porto ed è in parte interrata.
La Chiesa di Maria SS. del Soccorso o Duomo (chiamata anche Chiesa madre o Matrice) si trova in Piazza Don Minzoni e risale al XII secolo. Fondata da Giulietta (Giuditta) la Normanna, figlia del conte Ruggero, il suo rifacimento è stato eseguito nel 1656 su progetto di Michele Blasco. La chiesa ha tre ampie navate con monumentali archi in stile normanno. La facciata non è stata completata e mostra delle colonne e dei portali ad arco curve. Completano la decorazione della facciata tre sculture di Antonello e Domenico Gagini. All'interno si conservano numerose opere del 1400-1500 fra le quali una scultura di Antonello Gagini e una statua, raffigurante la Madonna della Catena, attribuita a Francesco Laurana. Nel luglio del 1991 papa Giovanni Paolo II l'ha elevata alla dignità di basilica minore.[3]
Nei pressi della Chiesa Madre si trova la chiesa di Sant’Antonio Abate, risalente al XV secolo.
Appartiene invece al Cinquecento, anche se fu ristrutturata nel 1613, la Chiesa del Collegio, che si trova sulla via Roma. Ha un portale a timpano triangolare e l'interno è ad unica navata con cappelle incassate. Nel presbiterio si trova una tela del Domenichino, mentre in una delle cappelle si trova una Madonna del 1655 di Michele Blasco.
Un altro esempio d'architettura è la Chiesa di San Domenico e il suo Convento, risalenti al 1176 la prima e al 1742 il secondo. La chiesa, in stile barocco, ha una sola navata con otto cappelle: si trova in Corso Vittorio Emanuele, all'entrata della piazza Scandaliato. Al XII secolo appartiene la Chiesa del Carmine, nell'omonima piazza, che incorpora la Chiesa del Salvatore col suo rosone.
In Piazza Carmine si trova anche la Chiesa di Santa Margherita del 1342 fatta erigere da Eleonora d'Aragona, moglie del Peralta. L'ultimo restauro si è completato nel 1994, dopo che la stessa chiesa venne rifatta nel 1595 con delle colonne angolari con architravi, fregi e cornici. È aperta al pubblico ma non al culto, per cui viene utilizzata per mostre, convegni e concerti. L'ingresso principale è catalano, mentre il portale marmoreo che si trova sulla destra fu realizzato nel 1468 da Pietro de Bonitate su disegno di Francesco Laurana. L'interno, ad unica navata, è barocco e conserva stucchi policromati ed affreschi di Ferraro del XVII secolo. Sull'altare si trova un'icona in marmo del 1507-1512, una statua in legno del 1544, opera di Frigia, che raffigura Santa Margherita, ed un organo ligneo del 1641. Nella navata si trovano sei grandi riquadri e tanti medaglioni realizzati dal Portulani tra il 1529 e il 1530.
La Chiesa dello Spasimo di Corso Vittorio Emanuele è del 1632 e nel vicino Convento si trova il Cortile del Palazzo Fazzello costruito nel Cinquecento.
La Chiesa di San Michele, che si trova in Piazza Noceto, fu fondata da Guglielmo Peralta nel 1371 e poi venne ricostruita nel XVII secolo. Si conserva un portale con architrave ed un portale gotico. L'interno è a tre navate con colonne ed archi al centro. La chiesa conserva anche un crocifisso del Quattrocento, due acquasantiere del Cinquecento, una scultura ed un polittico del Cinquecento ed una statua seicentesca in legno di San Michele.
Nella stessa Piazza Noceto si trova la Chiesa di Santa Maria dell'Itria e il suo monastero: sono state volute anch’esse dal Peralta. La chiesa (detta anche di Badia Grande) è del 1776, ma la sua fondazione risale al 1380.
La Chiesa di San Nicolò La Latina, che si trova in Piazza San Nicolò, risalente al XII secolo, ha un prospetto decorato, tipico dell'architettura arabo-normanna.
Più importante è la Chiesa di Santa Maria delle Giummare in via Valverde, voluta da Giuditta e rifatta nel XVI secolo dopo una prima erezione avvenuta nel 1103. La fiancheggiano due torri merlate. All'interno, ad unica navata, si trova sulla sinistra la cinquecentesca Cappella della Madonna delle Grazie. Da ammirare il rilievo dai San Gerolamo, un'acquasantiera del Quattrocento, un crocifisso cinquecentesco ed una Vergine col Bambino nell'altare maggiore attribuito a Laurana.
Datata al 1753, la Chiesa di Sant’Agostino – che si trova alla fine di via Valverde – conserva all'interno una statua della Vergine di G. Gagini del 1538 e portali barocchi.
Datata al XV secolo, la Chiesa di San Francesco – che si trova in via Agatocle – conserva pitture del saccense Mariano Rossi.
Altre chiese sono dedicate a: San Giuseppe (XVI secolo), San Vito (XVIII secolo), San Francesco di Paola (1627) ed il suo Convento del 1224 (adibito ad auditorium, sala congressi e mostre), Santa Caterina (1796), Santa Maria del Giglio (XVII secolo), Purgatorio (1691), San Pietro (1885), San Leonardo (1797), Santa Maria di Loreto (1930), Olivella (XIX secolo), Madonnuzza (1693), Santa Maria della Raccomandata (XIII secolo) Chiesa di San Lorenzo (XVI secolo).
Infine sulla come del Monte Cronio si trovano le Stufe naturali, un antiquarium che conserva le testimonianze rinvenute all'interno delle grotte di San Calogero risalenti al neolitico,la basilica e il Santuario di San Calogero del XVIII secolo con una ricca decorazione barocca, la statua "San Calogero" opera di Antonello Gagini del 1535 e consegnata dal figlio Giacomo Gagini nel 1538.
Lo stesso argomento in dettaglio: Piazza del Popolo (Sciacca). |
In piazza Duomo si trova la Casa Museo Scaglione, che conserva oggetti artigianali, ceramiche, tele ed oggetti vari d'inestimabile valore. Il Bastione di Sant’Agata si trova in Piazza Mariano Rossi.
Degno di nota è anche il Palazzo Manno, residenza settecentesca della nobile casata. L'edificio non è più visibile integralmente per come era in passato, a causa delle ristrutturazioni a cui fu sottoposto per essere trasformato in albergo nel XX secolo.
Pregevoli sono invece le costruzioni civili: Palazzo Amato nell'omonima via del XIII secolo; Palazzo S. Giacomo Tagliavia, XV secolo, con le sue facciate in stile impero sul Corso Vittorio Emanuele e in Via Licata e con quella forse più ricca di fascino rivolta a levante sulla Piazza S. Fricia in stile neogotico opera dell'architetto Gravanti; Palazzo Arone di Valentino sempre in Corso Vittorio Emanuele del XIX secolo; Palazzo Bertolino-Tommasi dalla candida facciata neoclassica opera dello stesso architetto Gravanti in Corso Vittorio Emanuele; Palazzo Ventimiglia nel Vicolo Gino del XV secolo; Palazzo Graffeo o Grifeo nel Vicolo Orfanotrofio del XVIII secolo; Palazzo Inveges nell'omonima piazza del XVII secolo; Palazzo Maurici in Piazza Scandagliato del XVIII secolo; Palazzo Ragusa in via Licata del 1770; Palazzo Perollo in via Incisa del XV secolo e Palazzo Steripinto o Sortino in via Gerardi del XVI secolo, esempio d'arte spagnola.
Particolare attenzione meritano le torri: la Torre Campanaria si trova nella salita di San Michele a poca distanza dalla Chiesa di San Michele, risalente al 1550. La Torre medievale si trova all'angolo della via Molinari e risale al XV secolo. La Torre del Pardo si trova in via Incisa e risale al XV secolo.
Fu eretto nel 1380 da Guglielmo Peralta, conte di Caltabellotta e, dopo la morte di Federico III, uno dei quattro vicari della Sicilia. Col matrimonio della figlia Margherita con Arturo di Luna, poi il castello divenne proprietà dei conti Luna.
Il complesso a pianta poligonale sorge sulla viva roccia nella parte alta e orientale di Sciacca. Anticamente era composto da due piane: il piano terra per la servitù e il piano superiore per l'alloggio del conte e dei suoi familiari. L'ingresso era situato a nord e prevedeva un ponte levatoio; dall'ingresso si accedeva a un cortile che precedeva il castello e cui vi erano inserite le scuderie e un cappella dedicata a San Gregorio.
Oggi l'edificio si compone di quattro parti: la cinta muraria, la torre grande (mastio) e quella cilindrica entrambe a nord, e il Palazzo del Conte a ovest. La cinta è formata da alte mura che servivano alla difesa. Della grande torre a pianta quadrangolare rimane la base, mentre la torre cilindrica che si presenta a due piani con accostati a coltello, si conserva ancora. Rimane ben poco invece del Palazzo del Conte, posizionato fra mastio e torre cilindrica e di cui ci resta solo i tetti e gli alti muri dove si possono notare dipinti dell'epoca e ammirare (tramite le sue finestre) un bel panorama di Sciacca.
Tale castello, detto Vecchio per distinguerlo dal Castello Nuovo o dei Luna, fu eretto durante l'invasione della Sicilia da parte dei Normanni (sec. XII circa) dal conte Ruggero insieme alle prime mura che, come una morsa, chiudevano la città.
Successivamente il castello passò alla casata dei Perollo, in seguito al matrimonio di Giulietta (figlia di Ruggero) con Gilberto Perollo. Il castello rimase sotto la custodia dei Perollo fino alla sua distruzione nel 1529 per mano dei partigiani di Sigismondo Luna durante il famoso Caso di Sciacca
Il castello era situato nella parte orientale della città, all'incirca tra Porta San Pietro, Porta Bagni e il Monastero di Santa Caterina (ossia nella zona compresa fra gli attuali cortili Chiodi, Rizza e Carini). Il castello era munito di torre rettangolari e aveva dei sotterranei che sboccavano presso il Monastero di Valverde. Infine il complesso aveva tre entrate: una esterna - detta di San Pietro in Castro, nei pressi dell'omonima ex chiesa -, quella principale, detta del Cotogno, nelle vicinanze della Porta Bagni, e un'ultima che si trova al fuori delle mura e che volge verso ovest.
Del Castello Vecchio oggi rimane proprio quest'ultima entrata: la porta d'accesso ad arco, situata nel Cortile Chiodi e in cui vi è scolpito lo stemma dei Perollo.
A poca distanza da Sciacca si trova il cosiddetto Castello Incantato. Trattasi di teste scavate e scalpellate nella roccia ad opera di un artista contadino, Filippo Bentivegna, vissuto tra il 1888 e il 1967. Le sue sculture sono tutte diverse e raffigurano personaggi, famosi e non, a cui dava anche un nome e che, nel suo immaginario, rappresentavano i sudditi del regno che egli aveva creato e di cui era il “Signore”; alcune sue opere si conservano presso il Museo dell'Art Brut di Losanna.
Le tre porte d'accesso alla città sono tutte rimaneggiate:
A queste si aggiungono 2 porte ormai scomparse ma di altrettanta importanza, che insieme alle 3 precedenti, formano le cosiddette "5 Porte" di Sciacca:
Questa cinque sono quelle più importanti soprattutto dal punto di vista politico-storico ma esistono altre porte meno importanti e dislocate sul suolo saccense (fra le più note ricordiamo quella di San Pietro e quella di San Nicolò La Latina)
Nelle acque al largo del picco Cammordino (chiamato anche Coda di Volpe e sottostante alle terme), sono state rinvenute alcune parti di 2 imbarcazioni medievali risalenti al XVI secolo, oggi conservate nella sede del Comune di Sciacca.
Nella strada verso San Giorgio è presente un dolmen; in contrada Carabollace è stato rinvenuto un insediamento, ceramiche e lucerne africane risalenti al X e XI secolo (probabilmente di origine vandala)[4]
Presso la piazza Mariano Rossi, la piazza che collega la piazza Angelo Scandaliato con Via Incisa, sorgeva il Politeama Mariano Rossi, il primo e funzionante teatro di Sciacca che purtroppo è stato demolito negli anni '50 per cause ignote (le voci dicono per colpa delle pulci, ma ovviamente si tratta di un'ipotesi fantasiosa).
All'Aliai, dove ora sono ormeggiati i pescherecci e le barche, vi era uno stabilimento balneare: il Tritone.
In contrada Locogrande (6 km a est da sciacca nei pressi del fiume Carabollace) sono state rinvenute delle hexas di Akagras, antiche monete risalenti al 400 a.C. circa, e quindi durante la dominazione greca.[5]
In contrada Tranchina (11 km a est da Sciacca) è stata rinvenuta una necropoli in seguito a scavi avvenuti nella seconda metà del Novecento. Sono state trovate varie tombe, vasi, ciottoli e dentalium (collane fatte con pezzi di conchiglie) risalenti all'Eneolitico[6]
A 7 km dalle coste saccensi sorge un imponente sperone roccioso: la Rocca Nadore ("nardone", forse dall'arabo nuzūl, "discesa"). Tale castrum risale all'eparchia cartaginese (il periodo in cui si combatteva contro Dionigi I) contiene una struttura quadrangolare, ceramiche variopinte e oppida dell'era normanna.[7]
Abitanti censiti[8]
Secondo i dati ISTAT la popolazione straniera residente a Sciacca era di 658 persone (349 femmine e 309 maschi), con un incremento di 63 unità rispetto all'anno precedente.[9] Questa rappresenta l'1,6% della popolazione residente, dato inferiore alla media regionale (3,2%) e nazionale (8,1%). [10]
Leggenda caratteristica di Sciacca è quella secondo cui i marinai, armati di falce, possano scongiurare le trombe d'aria (in dialetto dracunara), sia che si manifestino in mare che sulla terraferma, colpendole dalla loro coda: la cosiddetta "coda del drago". Le dracunare però poi si vendicheranno portando piogge di spilli.[11]
In contrada Schiunchipani, a circa 8 km dal centro storico, sorge l'oleastro Inveges: un albero plurisecolare risalente al 1300 (alcuni dicono addirittura all'era greca-araba) che, data l'enorme stazza e antica origine, è stata luogo di credenze popolari: si crede che l'albero di notte venga invaso da spiriti e folletti. Inoltre le olive devono essere raccolte quando cadono dall'albero e chi procura danni all'albero avrà una "mala annata", ossia un anno caratterizzato da sciagure. Esso viene chiamato Inveges poiché, fra i suoi antichi proprietari, si annovera lo studioso Agostino Inveges, oppure dai saccensi come l'agghiastru di 'mmezzu.[12][13]
Lo stesso argomento in dettaglio: Carnevale di Sciacca. |
Una delle più importanti ricorrenze religiose di Sciacca è la festa della Madonna del Soccorso, patrona del paese, celebrata il 2 febbraio e il 15 agosto. La festa, di interesse anche antropologico oltre che religioso,[14] nasce nel Seicento in seguito a un'epidemia di peste, e la leggenda racconta che la statua della Madonna sia stata ritrovata in mare e portata in processione dai pescatori.[15]
Festa celebrata in onore di San Calogero ogni martedì di Pentecoste per ringraziare del miracolo del 1578: la liberazione dal terremoto.