Gela comune |
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Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Sicilia | ||||
Provincia | Caltanissetta | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Domenico Messinese(Movimento 5 Stelle) dal 15/06/2015 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 37°04′00″N 14°15′00″ECoordinate: 37°04′00″N 14°15′00″E (Mappa) | ||||
Altitudine | 46 m s.l.m. | ||||
Superficie | 279,07 km² | ||||
Abitanti | 76 723[1] (31-12-2014) | ||||
Densità | 274,92 ab./km² | ||||
Frazioni | Manfria | ||||
Comuni confinanti | Butera, Mazzarino, Niscemi,Acate (RG), Caltagirone (CT) | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 93012 | ||||
Prefisso | 0933 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
CodiceISTAT | 085007 | ||||
Cod. catastale | D960 | ||||
Targa | CL | ||||
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa) | ||||
Cl. climatica | zona B, 822 GG[2] | ||||
Nome abitanti | gelesi | ||||
Patrono | Maria SS. dell'Alemanna | ||||
Giorno festivo | 8 settembre | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Gela all'interno della provincia di Caltanissetta |
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Sito istituzionale |
Gela (IPA: ['ʤɛːla], Terranova in siciliano) è un comune italiano di 76.723 abitanti[3] del libero consorzio comunale di Caltanissetta[4]in Sicilia.
È il primo comune della provincia per popolazione e il sesto[5] della regione, nonché il quarto della provincia e il dodicesimo della regione per superficie.
La città, da cui prende nome la vasta pianura circostante e l'ampio golfo su cui si affaccia, è un importante centro agricolo, industriale e balneare. Ricca di testimonianze di quella che fu una delle più influenti polis del mondo greco, è anche nota per ilcomplesso petrolchimico dell'Eni costruito nelle sue immediate vicinanze e oramai dismesso.
Il territorio di Gela è in parte pianeggiante e costituito dalla piana di Gela, la seconda della Sicilia per estensione, e in parte collinare; è compreso tra la fascia costiera meridionale e i territori di Butera, Mazzarino, Niscemi ed Acate. La costa, bassa e sabbiosa, presenta a tratti delle pareti e rocce di formazione argillosa o calcarea sempre precedute dall'arenile. Il golfo di Gela, ampio e poco pronunziato, è il più vasto della Sicilia. Lungo la costa sono presenti tre formazioni collinari di un certo rilievo di cui le prime due sono quasi "gemelle": quella su cui sorge la città storica, quella di Montelungo e quella di Manfria. La prima è quasi completamente invasa dalle costruzioni mentre le altre due soltanto parzialmente.
La piana di Gela è attraversata da numerosi corsi d'acqua, quasi tutti a carattere torrentizio, ad esclusione del Gela un tempo navigabile nel suo tratto finale. Questi sin dal periodo arabo, sono stati sfruttati per l'irrigazione dei campi con la creazione delle cosiddette "prese" (dighe). I corsi d'acqua che sfociano sulla costa gelese sono:
Per quanto riguarda i laghi, l'unico naturale è il Biviere di Gela (riserva naturale) mentre sono stati creati a servizio della piana ben tre grandi bacini artificiali: il Lago Comunelli, il Lago Disueri e il Lago Cimia. Gli ultimi due dal 2008 oltre ad essere sfruttati per l'irrigazione lo sono anche per gli usi civili della città di Gela. Piccoli stagni ed acquitrini si formano inoltre alla foce dei torrenti e in località Piana del Signore.
Lo stesso argomento in dettaglio: stazione meteorologica di Gela. |
La città e la corrispondente fascia costiera godono del tipico clima mediterraneo, con inverno piuttosto mite ed estate calda ma non afosa (tranne in qualche caso). Caratteristica del luogo è la costante ventilazione e una forte umidità soprattutto in serata, aspetti comuni a molte zone rivierasche mediterranee. Le precipitazioni sono piuttosto scarse tra i 450 e i 550 mm annui, in gran parte concentrate tra l'autunno e l'inverno e sono frequenti lunghi periodi di siccità estiva. Insieme alla zona meridionale del Siracusano questa zona risulta tra quelle col più alto tasso di insolazione annua.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Gela. |
« [...] Apparet Camerina procul, campique geloi, Immanisque Gela fluvii cognomine dicta. [...] » |
(Virgilio, Eneide, libro III, vv. 701-702[6]) |
Gela è una delle più antiche città siciliane; i primi insediamenti risalgono al V millennio a.C. Il nome attuale della città è storicamente legato a quello della potentissima colonia dorica fondata nel VII secolo a.C.[7] Decaduta dopo la distruzione, nel 1233 Federico Il di Svevia la fece ricostruire, chiamandola Heraclea, sui ruderi di quella ellenica. Verso il 1550, la città assunse la denominazione di Terranova. Tra XVII e XIX secolo la città attraversò vicende alterne sempre lontana dai fasti di un tempo. Subito dopo l'Unità d'Italia la città assunse il nome di "Terranova di Sicilia". Nel 1927 la città riprese il suo antico nome di Gela.
La scoperta archeologica delle fortificazioni greche di Capo Soprano nel 1948 e quella dei giacimenti petroliferi nel 1956, unita alla costruzione del Polo petrolchimico ENI, la posero in una nuova fase di espansione economica e demografica non scevra tuttavia di drammatici problemi.
In seguito a delibera del consiglio comunale del settembre 2015 Gela aderisce alla Città metropolitana di Catania[8][9], adesione che dovrà essere confermata da un voto dell'ARS.
Lo stemma araldico del Comune di Gela è costituito da un’aquila con le ali spiegate che poggia le zampe su un basamento, formato dai capitelli contigui di due colonne doriche; sulla testa del pennuto appare una corona, mentre il tutto si staglia su uno sfondo di color rosso cremisi. L’aquila e le colonne doriche nel corso degli ultimi duecento anni hanno subito variazioni significative rispetto ai disegni originali: il rapace e le colonne erano più slanciati e più esili rispetto a quelli attuali che compaiono sul labaro del Comune; intorno al 1910 addirittura i capitelli delle due colonne subirono un cambiamento di stile, dal dorico al composito ionico-corinzio; durante il Ventennio, sullo stemma fu apposto, così come avvenne in tutta Italia, il simbolo del fascio littorio; negli anni Cinquanta del secolo trascorso allo stemma furono apportate altre modifiche: l’aquila diventò superpennuta e quindi più robusta e più tozza, troppo però, tale da farla assomigliare grottescamente più ad una gallinaceo che ad un rapace; inoltre i capitelli furono ricondotti allo stile dorico originario e sulle colonne furono ricavate delle scanalature; tutta questa nuova composizione, l’attuale, fu inserita all’interno di uno scudo di tipo sannitico; la figura dell’aquila si riferisce a quella sveva della Heraclea-Terranova medievale, mentre le due colonne si rifanno alla storia della preesistente Gela greca: in definitiva, è l’aquila di Federico II che impera sulla città delle colonne. Infine, per quanto riguarda la corona, in origine molto semplice rispetto all’attuale, è probabile che essa si riferisca a quella ducale e che sia apparsa a corredo dello stemma durante la dinastia dei Pignatelli Aragona Cortes, duchi di Terranova e Monteleone. Fino al Settecento sullo stemma del Comune di Gela si leggeva la scritta:Heraclea civitas antiquissima.
Gela è una città che nel corso dei secoli ha cambiato nome più volte:
Il centro storico di Gela, seppur vittima della caotica espansione edilizia dell'ultimo cinquantennio, è ricco di monumenti e testimonianze storiche.
In piazza San Giacomo è esposto il portale con arco ogivale dell'antica chiesetta di S. Giacomo (XIII secolo). Lungo corso Salvatore Aldisio prospetta il neoclassico ex Convitto Pignatelli 1878). A sud della Villa Garibaldi (1878) si trova la Chiesa dei Cappuccini, risalente al Trecento ma rimodulata e ampliata nel corso del Novecento. Presenta un prospetto in stile neogotico e, al suo interno, un pregiato polittico in legno intarsiato.
Attorno al centro storico federiciano (1233 sopravvivono le vestigia dell'antico sistema difensivo con tratti di mura, torrioni e porte incastonati nei prospetti delle moderne abitazioni. In particolare risultano interessanti: i tratti di mura di via Matteotti con un torrione del Quattrocento e quattro grandi arcate in pietra, e via Verga (carcere vecchio) dove le mura si sono conservate nella loro altezza originaria e senza grosse superfetazioni, in via Istria, dove è possibile osservare un bastione trecentesco, in parte crollato negli anni 40, sempre in via Istria, vicino le scale della via Filippo Morello, è possibile osservare la torre detta ‘dello Sperone’, dal nome del quartiere dove è situata, quattro poderosi contrafforti all'altezza con la via Miramare, sebbene rovinati dalla presenza di alcuni balconi in cemento; il tratto di viale Mediterraneo con il bastione di porta Marina e almeno due torrioni; i ruderi del Castello federiciano o Palazzo ducale in piazza Calvario e altri tratti di mura in via Porta Vittoria. Quasi tutte le porte furono distrutte nell'800, tranne Porta Marina, smantellata negli anni sessanta dalla Sopraintendenza di Agrigento, in previsione di un futuro rifacimento.
In piazza Roma è sita la Chiesa del Carmine risalente al Settecento, che custodisce un crocifisso ligneo quattrocentesco ritenuto miracoloso dai gelesi.
Sul corso Vittorio Emanuele, la via più elegante della città, si erge la Chiesa del Rosario (1796-1838) che esternamente presenta un'alta torre campanaria con cuspide maiolicata e tre bei portali, mentre l'interno si presenta in linee tardo-barocche. Nel cuore cittadino, piazza Umberto I, dove si trova una statua bronzea di Cerere opera dello scultore Silvestre Cuffaro (1954), spicca con la sua imponente ed elegante mole la Chiesa Madre (1766-1844), esempio di neoclassico. Il prospetto è caratterizzato dai due ordini di colonne doriche e ioniche. Interessanti anche la torre campanaria e la cupola. L'elegante interno a schema basilicale con croce latina, conserva bei dipinti, tra cui: quello bizantino che ritrae la patrona Maria SS. dell'Alemanna, e poi il Transito di Maria e l’Assunzione della Madonna, opere rispettivamente di Deodato Guinaccia e del Tresca. Elementi degni di nota sono anche il prezioso altare principale in marmo policromo misto a vetro e il monumento funerario marmoreo al Mallia, opera di Filippo Pennino. Sotto la chiesa è stata scoperta la cripta trecentesca appartenente alla precedente chiesetta di S. Maria de' Platea.
Alle spalle della chiesa Madre è ubicato l'ex Monastero di clausura femminile con annessa chiesa di San Benedetto (XV secolo). Il complesso ha ospitato dal 1910 al 1969 l'Ospedale civile. La chiesa prima di essere parzialmente distrutta da un incendio conservava una stupenda cantoria lignea ornata d'oro zecchino e recante l'aquila sveva, stemma di Gela. Il Monastero è sorto sul sito di un antichissimo palazzo nobiliare di cui rimane un grande torrione con stemma nobiliare all'angolo sud-est.
Accanto al moderno Palazzo di Città (1951), sorto dove un tempo vi era il convento quattrocentesco dei padri Francescani, c'è la chiesa diSan Francesco d'Assisi (XIII secolo) che vanta nell'interno un ricchissimo soffitto a cassettoni lignei ornati d'oro zecchino e dipinti. Nellapiazza S. Agostino, la più bella della città e un tempo ornata da ben cinque chiese di epoche diverse, si possono oggi ammirare: la Chiesa e il Convento di S. Agostino (1439-1783); il Teatro Eschilo (1832); la chiesa di San Francesco di Paola con l'annesso convento dei padri Minimi poi divenuto Educatorio, entrambi in stile tardo barocco. È da notare il fatto che il centro storico gelese è uno dei pochi ad avere una pianta ortogonale con vie piuttosto rettilinee e regolari. Un discorso a parte meritano i basolati delle vie del centro, realizzati dagli scalpellini locali in pietra calcarea bianca ed in basalto. Un tempo le vie principali, come il corso Vittorio Emanuele e la via Giacomo Navarra-Bresmes, erano lastricati con basoli lavici disposti a spina di pesce. Oggi questo tipo di basolato si può trovare in via Marconi, in via Matrice ed in via Rossini. Quest’ultimo basolato era bruttamente fagocitato da chiazze d'asfalto. Per evitarne il degrado nel luglio 2014 iniziarono dei lavori di riqualificazione. Mentre per le vie traverse si utilizzarono basoli calcarei bianchi, disposti secondo precisi disegni e a seconda della grandezza della via. Infatti, nelle vie secondarie, troviamo una fila di lastre disposte verticalmente al centro della carreggiata e altre due ai lati per lo scolo delle acque, con il resto della carreggiata costituita da basoli disposti orizzontalmente, tranne in via Pisa, dove vi è un'unica fila centrale con quattro basoli gli uni accanto agli altri, invece nei vicoli che si affacciano su queste strade, troviamo i basoli disposti a spina di pesce, con o senza le file verticali per lo scolo delle acque reflue. Un altro tipo di pavimentazione era costituito da quadrucci calcarei bianchi, simili ai sampietrini, disposti entro quadrati delimitati da basoli rettangolari. Questo sistema fu utilizzato per la piazza Sant’ Agostino, e oggi se ne conserva un esempio nel tratto terminale di via San Nicola, ma in generale si usava per cortili, piazzette ecc. Infine, poco distante dal centro, si può visitare un esempio d'arte medioevale: la chiesetta di San Biagio (1099) con l'annessa ex Commenda dei Templari, la più antica rimasta in città dopo la distruzione della vicina chiesetta di S. Ippolito sempre dell'XI secolo. Alle spalle di San Biagio si trova un'altra piccola chiesa, San Nicola da Tolentino (XIX secolo), il cui campanile neoclassico è stato smontato alcuni anni addietro. Nelle adiacenze si trova l'ingresso del Cimitero Monumentale nel cui viale principale si possono ammirare diverse cappelle e mausolei ottocenteschi e novecenteschi negli stili neoclassico, barocco, gotico e liberty.
La città di Gela ha visto, soprattutto nello scorso secolo, la perdita di un gran numero di edifici di culto. Molto spesso si è scelto, denunciando disinteresse e ignoranza verso i beni culturali, di demolire edifici che necessitavano di un restauro. Il patrimonio storico della città ne è uscito fortemente impoverito.
Un aspetto caratteristico dell'assetto urbanistico ed architettonico della vecchia Gela fu l'ampia diffusione dello stile liberty o "floreal" protagonista nella progettazione dei più importanti palazzi signorili della città. Sino ai primi anni sessanta dello scorso secolo le principali piazze e vie cittadine erano adornate da queste architetture semplici e al contempo eleganti.
Se a Palermo e in altre realtà dell'Isola primeggiava l'opera dell'architetto Ernesto Basile, a Gela viene ricordato Giuseppe Di BartoloMorselli, docente di architettura presso l'Università di Torino.
La città di Terranova (Gela) tra il XVIII e i primi anni del XX secolo andò incontro ad un rinnovamento urbanistico ed architettonico che vide la sistemazione del corso principale, la ricostruzione di numerose chiese e la realizzazione di nuovi sontuosi palazzi signorili. In questo preciso disegno di miglioramento estetico della città (collegato anche ad una discreta crescita civile e sociale rappresentata dalla nascita nello stesso periodo di un teatro e del liceo ginnasio) rientra la progettazione dei prospetti dei nuovi edifici che dovevano apparire coordinati tra di loro in modo da assicurare un'architettura unitaria a tutto il centro. Elementi caratterizzanti della nuova architettura furono: timpani, archetti ribassati e cornicioni, tutti contenenti un piccolo fregio, posti nella parte superiore delle finestre a volte delineate da colonnine in stile corinzio; balconi con mensoloni in pietra tagliata nei palazzi più ricchi o in ferro battuto; lesene e cornicioni con andamento rettilineo regolare a volte ornati da festoni e altri ornamenti; portali in pietra arenaria con raffigurazioni in corrispondenza della chiave di volta e portoni in legno massiccio con anelloni decorati in ferro battuto. Tali elementi sono presenti negli esempi più significativi, qui di seguito elencati:
Altre facciate di particolare interesse si possono notare lungo la via Aretusa, in via Navarra, in via Rossini, in via Ventura, in via Pisa angolo via Morello, in via Colombo, ecc. Un gran numero di edifici in stile sono stati demoliti a partire dagli anni cinquanta dello scorso secolo per far posto a edifici di nuova realizzazione ma spesso privi di gusto. In questo modo si è sconvolto l'assetto originario di molti spazi urbani significativi, a cominciare dalla piazza e dal corso principale della città.
Il territorio gelese oltre ad essere costellato di siti archeologici, lo è anche di torri, castelli e altri monumenti. In località Manfria, zona balneare della costa occidentale ad 8 km da Gela, sorge sulla cima dell'omonima collina la torre d'avvistamento risalente al XVI secolo e progettata da Camillo Camilliani.
Su uno sperone roccioso visibile dalla strada statale Gela-Catania si erge il Castelluccio di Gela, maniero risalente al XII secolo, rimaneggiato nel 1230 e ancora dopo. Durante lo sbarco in Sicilia degli Alleati nel luglio del 1943 fu l'ultimo avamposto della "Battaglia di Gela" .
Nelle vicinanze del Castelluccio si trovano in contrada Grotticelle due interessantissimi monumenti: la diga delle Grotticelle (XVI secolo) che coi suoi contrafforti rappresenta la prima opera d'ingegneria idraulica in Sicilia; la catacomba paleocristiana con tombe poste in un ambiente a raggiera scavato nella roccia calcarea di una grotta.
Interessanti infine risultano i casali sparsi nelle zone adiacenti la città, come: quello dei Principi Pignatelli sulle rive del lago Biviere di Gelae quello dei Mattina presso il parco di Montelungo.
Nonostante il carattere abusivo predominante dell'espansione edilizia a Gela, in qualche caso, la città ha visto anche qualche bell'intervento d'architettura moderna. Fra questi:
Di un certo interesse anche la parrocchia San Domenico Savio (1951) ideata da Giuseppe Caronia al villaggio Aldisio e la razionalista Sant'Antonio di Padova (1989) a Caposoprano, il Palasport provinciale, entrambi progettati da un architetto gelese e in corso di completamento. Negli anni settanta l'architetto Manfredi Nicoletti ha lavorato su diversi progetti riguardanti l'espansione e la modernizzazione del centro urbano della città.
In progetto due opere di riqualificazione: il Parco della Gorgone firmato da Enzo Mari per il quartiere abusivo di Settefarine e il progetto di recupero Una via, tre piazze a Geladisegnato da Roberto Collovà e associati. Quest'ultimo progetto nasce da un concorso nazionale bandito dal Comune di Gela nel 1990 per il recupero di alcuni dei punti focali del centro storico cittadino.
Gela è considerata uno dei più importanti siti storici, archeologici e culturali del Mediterraneo, essendo stata tra VI e V secolo a.C. la maggiore città-stato siceliota e la fondatrice di Akragas. Qualunque scavo nell'area per lavori pubblici spesso subisce interruzioni a causa di ruderi e reperti di ogni epoca.
In epoca medievale per l'edificazione della città vennero sfruttati i ruderi della polis causando la perdita di numerosi templi e lunghi tratti delle fortificazioni greche.
Già durante il XVIII secolo Terranova divenne meta di tombaroli che, attirati dall'importanza del sito, molto spesso compravano a basso prezzo un terreno ed eseguivano le loro ricerche clandestine per poi rivenderlo e fuggire via con reperti inestimabili che sistematicamente finivano nelle vetrine dei più prestigiosi musei del mondo. Le prime indagini legali risalgono al Novecento, condotte dal celebre archeologoPaolo Orsi sotto incarico della Sovrintendenza di Siracusa. Egli individuò l'Athenaion presso l'Acropoli ed eseguì indagini sulla vastissima necropoli greca compresa nell'Orto Pasquarello, il quartiere Borgo e Rabatello, il Quartiere Cappuccini-Pignatelli e la villa comunale ‘Giuseppe Garibaldi’, dalla quale provengono alcune fra le più raffinate ceramiche del mondo classico. La grande stagione dell'archeologia gelese è comunque quella compresa tra il 1948 e tutti gli anni sessanta del XX secolo durante la quale tornarono alla luce numerose e importantissime testimonianze sia greche che di altri periodi. La città e il territorio sono costellati di siti archeologici che, nella maggioranza dei casi, sono stati esplorati e nuovamente interrati.
Le zone oggi visitabili sono tre: Capo Soprano, l'Acropoli e il sito di Bosco Littorio. Presso Capo Soprano si ammira l'esempio meglio conservato al mondo di architettura militare greca: le fortificazioni greche (Mura Timoleontee) di Gela. Il tratto messo in luce (quasi 400 m) risale al IV secolo a.C. Dell'originario complesso sono ancora visibili: il basamento di un torrione d'avvistamento, le gradinate d'accesso aicamminamenti di ronda, l'impianto di scolo delle acque meteoriche, i possenti contrafforti della fiancata sud-est. Ma la particolarità che rende unico il monumento è il materiale utilizzato per la sua costruzione: grossi blocchi squadrati in Calcarenite nella parte inferiore e uno spesso strato di mattoni d'argilla crudi o “cotti al sole” che si sono perfettamente conservati e necessitano di un'adeguata protezione dall'azione delle intemperie e del tempo. Dal 2009 le Mura sono state attrezzate con una moderna e funzionale struttura di protezione hi-tech. Nel parco si possono visitare: due forni di epoca medievale, i ruderi di un accampamento militare e quelli di un vasto quartiere residenziale del IV secolo a.C.
Poco distante dal parco, alle spalle dell'ospedale Vittorio Emanuele, si trovano i resti del complesso delle Terme Ellenistiche (IV secolo a.C.), l'impianto termale più antico finora scoperto in Italia. Questo era composto da una quarantina di vasche ed era dotato di un sofisticato impianto di riscaldamento sotterraneo e di scarico delle acque. Le terme andarono probabilmente distrutte in un incendio durante la distruzione della città nel 282 a.C.
Nella parte opposta della città, in località Molino a Vento e adiacente alla sede del Museo Archeologico, si estendono gli scavi dell'Acropoli arcaica. La parte scavata rappresenta solo una minima porzione della città arcaica, estesa tra la foce del Gela e il vallone Pasqualello. Dalla passeggiata archeologica si ammirano verso nord ruderi di case, sacelli, botteghe e mura, con chiare tracce del sistema viario ippodameo (con la plateia e gli stenopoi).
Verso nord si estendeva la zona sacra: oggi sono visibili solamente i basamenti di tre templi. Del più grande, il tempio C o Athenaion, è rimasta in piedi una colonna in stile dorico(alta quasi 8 m) che è uno dei simboli cittadini. A sud dell'Acropoli, all'interno del Bosco Littorio, è stato rimesso in luce e restaurato recentemente il complesso dell'EmporioGreco Arcaico (VII-VI secolo a.C.). Molto esteso e collocato nei pressi del sito portuale (foce del Gela), l'Emporio cittadino comprendeva officine, magazzini e botteghe. Anche in quest'ultimo monumento è riscontrabile la particolare tecnica costruttiva a mattoni crudi. Numerosi altri siti sono chiusi al pubblico ma molto interessanti per lo storico e l'archeologo; tra questi si ricordano: il Tesmophorion di contrada Betlemme; il quartiere residenziale ellenistico della Stazione vecchia; i quartieri ellenistici di Capo Soprano (via Meli); la necropoli di Piano Notaro; il santuario di via Istria; la necropoli di Mànfria; la grandiosa villa ellenistica di via Romagnoli (predio Iacona). Gli scavi continuano anche all'interno dei tre siti archeologici aperti.
Tra le ultime scoperte nel territorio gelese si segnalano: il completamento del recupero del relitto greco più antico (500 a.C.) che dopo il restauro a Portsmouth verrà esposto nel Museo della Navigazione Greca di Gela, unico nel suo genere; la scoperta delle fondazioni di altri due templi greci: il primo, molto grande, accanto alle cripte della Chiesa Madre; il secondo nei pressi del nuovo parcheggio multipiano di via Istria. Nei primi sei mesi del 2009 altre importanti scoperte nel territorio gelese hanno riempito le prime pagine dei quotidiani nazionali: una quarta imbarcazione antica in prossimità della foce del Dirillo, un sito archeologico sottomarino davanti alla costa di contrada Bulala e altri reperti che sono venuti alla luce davanti alle coste di Montelungo durante dei lavori di pulizia dei fondali; una villa monumentale di epoca ellenistica sul promontorio di Capo Soprano con panorama sul golfo; una Necropoli greco-arcaica del VII-VI secolo a.C. in Piazza Cappuccini dalla quale sono stati recuperati diversi scheletri e reperti.
Necropoli della Cultura di Castelluccio sono presenti nel gelese a Manfria, Milingiana, Priorato, a Gela nei quartieri Molino a Vento e Borgo, nei pressi della diga del Disueri, a Lavanca Nera, Priolo e a Sabbuci tra i fiumi Gela e Dirillo. Necropoli e insediamenti dell'età del rame a Piano Notaro, e Settefarine con ceramiche dello stile di Sant'Ippolito.[10]
La presenza annua registrata dagli uffici regionali presso i botteghini del museo e dei parchi si aggira attorno alle 20.000 unità[11]. Frequenti sono le scoperte, i convegni e le esposizioni che attirano storici, archeologi o semplici appassionati da ogni dove.
La città non si presenta ricca di verde, ad esclusione delle zone residenziali sorte ad ovest della collina. Tra i polmoni verdi della città si segnalano:
Il territorio di Gela dal punto di vista ambientale è molto variegato e va considerato come parte della più vasta regione coincidente con la Piana di Gela. La zona risente fortemente dei danni di un'industria, come quella petrolchimica, invasiva ed inquinante e del carattere caotico dell'edilizia abusiva degli ultimi decenni oltre che da diffuse discariche abusive di rifiuti di ogni genere. Le maggiori emergenze naturalistiche del territorio individuabili nelle zone umide costiere tra le formazioni dunali, e nei paesaggi dei dintorni tutelati da vincoli Sic e Zps che in questo territorio hanno la loro maggiore estensione nel quadro della Regione Siciliana.
Il lago Biviere di Gela situato tra dune ricoperte di macchia mediterranea, con il suo micro-clima eccezionale della fascia costiera, consente a milioni di volatili che si spostano nelle migrazioni tra il continente africano e quello europeo di trovare, durante il loro lungo viaggio, dei luoghi in cui possano riposarsi trovando al contempo cibo e acqua a sufficienza. La Convenzione di Ramsar ha dichiarato per tale motivo il Lago Biviere di Gela sito di interesse comunitario e nel 1997 la LIPU, per tutelare questo eccezionale patrimonio naturale, ha istituito la Riserva naturale orientata Biviere di Gela.
In questo sito, piccolo ma importante, sono state registrate ben oltre 200 specie diverse di volatili, molte delle quali in via di estinzione, nonché numerose specie vegetali molto rare. Stretto e lungo, il lago Biviere si dispone parallelamente alla costa sabbiosa ed è separato da questa da una fascia di dune ricoperte di macchia mediterranea. È alimentato dal torrente Valletorta Monacella e, attraverso uno sbarramento mobile, dal fiume Dirillo che permette nel suo tratto finale, quando rimane asciutto, l'ingresso di acqua marina nel lago. Piccole formazioni lacustri si formano alla foce di altri torrenti che sfociano nel Golfo di Gela come il Comunelli e il Rabbìto: anche in questi siti molti volatili trovano ristoro. Accanto alla foce del Rabbito si trova la collinetta Poggio Arena interamente ricoperta di vegetazione che costituisce un vero e proprio paradiso per volatili, insetti e altri tipi di animali. La collina di Manfria, a poca distanza dalla foce del Comunelli, invece, costituisce un sito dalle peculiari caratteristiche climatiche e geo-morfologiche; nel 2007 il Dipartimento di Botanica dell'Università degli Studi di Catania vi ha scoperto una nuova specie vegetale non riscontrabile in nessuna altra parte del pianeta e altre specie rarissime. Altra zona interessante sono gli acquitrini di Piana del Signore, a nord della Strada statale 115 per Vittoria. Questi si formano durante la stagione delle piogge e costituiscono un importante zona non solo per la sosta di volatili ma soprattutto perché costituiscono un vero e proprio nido per vari tipi di insetti e anfibi. Lungo la costa gelese sono da notare i cosiddetti “macconi”, cioè le dune di sabbia. Queste, alte sino a circa 5 metri e sempre più rare, sono ricoperte dalla tipica vegetazione appartenente allamacchia mediterranea. Di particolare bellezza alcune piante che producono dei fiori veramente belli di varie tonalità (fucsia, viola, bianco) a dispetto dell'ambiente arido e salmastro.
Il paesaggio di Gela ha subìto forti trasformazioni, e non in positivo, in seguito alla disordinata e abusiva espansione a nord e all'installazione della enorme distesa di impianti e ciminiere del petrolchimico, ma è rimasto ben molto del suo caratteristico paesaggio mediterraneo. Prima che la città si espandesse verso nord, dai due belvedere cittadini di piazza Mercato e del Parco delle Rimembranze era possibile ammirare gli estesi Campi Geloi intensamente coltivati, soprattutto, a grano e cotone contornati dal profilo dei monti su cui insistono Butera e Niscemi. Tale panorama è oggi godibile solo dalle zone più elevate della città (Piano Notaro). Il panorama gelese che più colpisce per la sua bellezza è quello costiero soprattutto al tramonto descritto da un poeta con queste parole: "una palla di fuoco che coi suoi infiniti raggi fa splendere le onde spumeggianti del golfo, dipinge d'arancio ogni contrada apprestandosi a svanire infondendo calma e meraviglia col misterioso fascino della natura"[12].
La costa è caratterizzata da ambienti diversi, a volte stridenti fra loro; procedendo da est verso ovest si incontrano un grande stagnocircondato da canneti e protetto da una fascia di dune che precedono la spiaggia seguito dall'enorme sito industriale del Petrolchimico che preclude alle attività turistiche un lungo tratto di fascia costiera. Di seguito si incontra la foce del fiume Gela e da un boschetto di eucaliptoche nasconde la città, grande e urbanisticamente compatta, le cui case si allontanano dalla battigia proseguendo verso il porticciolo. Da qui in poi la costa ritorna selvaggia e ricca di dune naturali, attraversata da un Lungomare con alle spalle il parco archeologico di Capo Soprano, un altro boschetto di eucalipto e poi il moderno e verdeggiante quartiere residenziale di Macchitella. Segue la collina gemella di Montelungo con le sue alte pareti argillose che sovrastano una sottile lingua disabbia quindi scende sino alla pianura sottostante con la laguna del torrente Rabbito e l'adiacente collinetta di Poggio dell'Arena ricca di vegetazione. Poi Roccazzelle, con tante case oltre la spiaggia, e la collina di Manfria con la torre circondata da terreni riarsi dal sole. Oltre la collina, ancora pianura con case sparse e infine il confine comunale segnato dalla foce del Comunelli.
Il territorio ricadente nei comuni di Gela, Butera e Niscemi è stato dichiarato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come “ad alto rischio di crisi ambientale” per la presenza del Polo petrolchimico di Gela.[13] Questo infatti ha arrecato al territorio gravi guasti in grado di compromettere seriamente l'ambiente e la salute degli abitanti. Chi entra a Gela non può fare a meno di notare le enormi ciminiere fumanti che, quando il vento soffia verso occidente, ammorbano l'aria rendendola irrespirabile. Gela, prima che arrivasse l'industria, era una graziosa cittadina che stava lentamente sviluppando il settore turistico come centro balneare ed archeologico.
Oggi il tasso di tumori e malformazioni tra gli abitanti di Gela è molto più elevato rispetto a quello dei comuni viciniori e della media nazionale e ciò è oggetto di indagini e ricerche da parte della locale Procura della Repubblica. A tal proposito sono state installate in città alcune unità mobili di rilevamento dei gas nell'atmosfera ad opera dell'Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente). I primi dati derivanti dalle misurazioni non sembrano confortanti dato che le emissioni superano spesso i limiti massimi di legge. L'inquinamento non risparmia nemmeno le falde acquifere come testimonia la presenza di elementi chimici o il fondale marino antistante il petrolchimico con un altissimo tasso di ferro, […].[14]
Nei tempi più recenti le aziende operanti nel Polo petrolchimico si sono caratterizzate per una maggiore attenzione nei confronti del problema ambientale realizzando dei doppifondi nei serbatoi e attivando un impianto di trattamento delle acque di falda. Ma è indispensabile anche la bonifica delle aree esterne al petrolchimico e dei fondali marini antistanti, ancora non iniziate. Occorre al riguardo un sistema di rilevamento stabile dei gas nell'atmosfera, un piano di Protezione civile di evacuazione della città in caso di gravi incidenti alla zona industriale e un registro ufficiale dei tumori e delle malformazioni neonatali.
L'inquinamento da traffico negli orari di punta riguarda la più trafficata arteria cittadina (via Venezia, attraversamento urbano della SS 115) e altre strade principali della città.
Per quanto riguarda l'inquinamento delle acque la situazione risulta decisamente migliorata, rispetto a qualche decennio addietro, da quando il petrolchimico si è dotato di un grande impianto di depurazione che tratta le acque derivanti dai processi di raffreddamento degli impianti che vengono scaricate nel fiume Gela. I reflui fognari della città vengono invece depurati in due distinti impianti, in attesa di potenziamento, perché sottodimensionati.