Carbonia comune |
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Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Sardegna | ||||
Provincia | Carbonia-Iglesias | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Giuseppe Casti (PD) dal 16/05/2011 | ||||
Data di istituzione | 5 novembre 1937[1] | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 39°09′00″N 8°31′00″ECoordinate: 39°09′00″N 8°31′00″E (Mappa) | ||||
Altitudine | 111 m s.l.m. | ||||
Superficie | 145,54 km² | ||||
Abitanti | 28 847[2] (31-7-2015) | ||||
Densità | 198,21 ab./km² | ||||
Frazioni | Bacu Abis, Barbusi,Cortoghiana, Is Gannaus,Serbariu | ||||
Comuni confinanti | Gonnesa, Iglesias, Narcao,Perdaxius, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Tratalias | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 09013 | ||||
Prefisso | 0781 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
CodiceISTAT | 107003 | ||||
Cod. catastale | B745 | ||||
Targa | CI | ||||
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa) | ||||
Cl. climatica | zona C, 922 GG[3] | ||||
Nome abitanti | carboniensi o carboniesi | ||||
Patrono | san Ponziano | ||||
Giorno festivo | giovedì successivo alla seconda domenica di maggio | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Carbonia nella provincia di Carbonia-Iglesias |
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Sito istituzionale |
Carbonia (Ascolta[?·info] IPA: [karˈbɔni̯a][4], Carbònia o Crabònia[5] in sardo) è un comune italiano di 28 847 abitanti[2], capoluogo con Iglesias della provincia di Carbonia-Iglesias, in Sardegna.
Principale centro abitato del Sulcis[6][7][8][9][10][11], Carbonia è la nona città in Sardegna per numero di abitanti[2], nonché la più popolosa della provincia[2] e in generale dell'intero sud-ovest sardo. Il centro nacque negli anni trenta del Novecento a circa 65 km a ovest di Cagliari per ospitare le maestranze impiegate nelle miniere di carbone che furono avviate in quegli stessi anni nel territorio dal regime fascista, per sopperire alle necessità energetiche dell'Italia negli anni dell'autarchia. In particolare Carbonia, il cui nome indica letteralmente il luogo o la terra del carbone a testimonianza della sua vocazione mineraria[12], fu costruita a ridosso dellaminiera di Serbariu, sostituendo l'omonimo comune ottocentesco, il cui borgo è ora completamente inglobato come rione sud-orientale della città.
Terminata l'epopea mineraria, Carbonia è diventata centro di servizi per il territorio, basando la sua economia principalmente sulsettore terziario[12] e sull'industria[12], grazie alla vicina area industriale di Portovesme, nel comune di Portoscuso.
Carbonia è uno dei principali centri urbani presenti nel sud-ovest della Sardegna. La città è situata nella storica regione del Sulcis[6][7][8][9][10][11], precisamente nella parte settentrionale, denominata Alto Sulcis, in passato a vocazione mineraria. Carbonia si trova a circa 65 km a ovest di Cagliari, in un'area un tempo paludosa, bonificata durante la costruzione della nuova città negli anni trenta del Novecento.
La morfologia del territorio è in buona parte di bassa collina e pianura, con rilievi di altitudine modesta (tra i quasi 500 metri del colle più elevato del Comune a circa una decina di metri, la zona più bassa del territorio comunale), che nonostante ciò vengono impropriamente denominati monti, tra cui monte Sirai (da cui si può ammirare un panorama sulla laguna di Sant'Antioco e sull'arcipelago del Sulcis (isole di Sant'Antioco e di San Pietro), monte Tàsua, monte Crobu, monte San Giovanni, monte Leone e monte Rosmarino. Il colle più elevato nel comune è il monte San Michele Arenas (in sardo Santu Miali), alto 492 m s.l.m.. Su questo colle, dove si può ammirare un vasto e notevole panorama di buona parte del territorio sulcitano costiero e montano, nei pressi dei ruderi della chiesetta di San Michele (ormai scomparsa e forse di origine bizantina), il ricercatore nonché generale Alberto La Marmora pose nel 1839 un punto geodetico[13] centrale e principale per la Sardegna sud-occidentale con collegamenti maggiori (a nord con il monte Linas, a sud-est con Punta Sebera, a sud con Capo Teulada, a sud-ovest con l'isola del Toro e ad ovest con Guardia dei Mori nell'isola di San Pietro) e altri collegamenti minori con altri punti del territorio.
I monti, o meglio i colli, di maggiore rilievo presenti nel territorio comunale carboniense, secondo l'altitudine, sono i seguenti:
La città è attraversata a sud dal rio Santu Milanu e ad est dal suo affluente rio Cannas (che significa rivo delle Canne), due corsi d'acqua a carattere torrentizio, come la prevalenza dei corsi d'acqua nel territorio carboniense, i cui alvei (canalizzati vicino al centro abitato) sono in secca per buona parte dell'anno, e che sfociano nella laguna di Sant'Antioco. Il rio Santu Milanu o Millanu (che significa rivo San Gemiliano o Emiliano, santo del I o II secolo d.C., originario di Cagliari, venerato nella Sardegna meridionale) era denominato nelle carte catastali dell'Ottocento riu Bau Baccas (rivo Guado delle Vacche). Ad essi si aggiunge il rio Flumentepido (che significa rivo del Fiume Tiepido perché passa vicino alle sorgenti ipotermali di Aquas Callentis, toponimo sardo che significa Acque Calde), che scorre poco più a nord all'esterno del centro urbano di Carbonia, e che attraversa alcune delle frazioni dello stesso comune. Scorre per un breve tratto nel territorio comunale (vicino ad alcune miniere abbandonate) anche il rio Cixerri (che significa cernita o cernitura, attività di scelta e separazione dei minerali svolta inizialmente nei corsi d'acqua all'aperto, poi in appositi reparti all'interno di strutture minerarie), il quale termina sfociando poi nello Stagno di Cagliari.
I corsi d'acqua di maggiore rilevanza per lunghezza nel territorio carboniense sono i seguenti:
Il clima è di tipo mediterraneo caratterizzato da inverni umidi e piovosi, ed estati non eccessivamente calde[15]. In generale il territorio è influenzato dai venti, che sono quasi sempre presenti; in particolare predomina il maestrale (da Nord-Ovest) che ha l'effetto di mitigare la calura estiva ma nel periodo autunno-primavera non di rado provoca parecchi danni per le sue forti raffiche, che possono tranquillamente superare i 100 km/h.
Pur essendo la città di Carbonia una delle più giovani d'Italia, il suo territorio, corrispondente a buona parte del dismesso bacino carbonifero del Sulcis, è ricco di numerose testimonianze preistoriche e storiche, relative alle civiltà e alle popolazioni presenti in questa zona della Sardegna. Nel territorio di Carbonia è attestata la presenza di una delle più antiche civiltà preistoriche della Sardegna, denominata di “Su Carroppu”, risalente al Neolitico Antico (VI millennio a.C. o 5700 – 5000 a.C.), che prende nome dall'omonimo riparo sottoroccia vicino all'antica borgata agro-pastorale di Sirri, a nord-est del centro urbano di Carbonia. Successivamente diverse civiltà preistoriche (partendo dal Neolitico Medio fino all'Età del Ferro) si affermano in questo territorio, documentate dai reperti archeologici in numerose grotte e in siti del comune, tra i quali si ricordano la “grotta dell'Ospedale", la “grotta di Barbusi", la grotta sepolcrale “Baieddus de Sa Sedderenciu” o grotta eneolitica di “Su Cungiadeddu de Serafini” a Tanì, la “grotta di Serbariu”, la “grotta di Polifemo”, la “grotta Sa Dom'e S'Orcu”, la grotta "Sa Turrita”, la “grotta della Campana”, la “grotta della Volpe”, le necropoli a domus de janas di “Cannas di Sotto”, “Cùccuru Su Cardolinu de Monte Crobu” e “Corona Maria” (a nord di Cortoghiana), la “valle Rio Anguiddas: Is Arrùs de Riu Anguiddas e S'Ega de Is Elmas” a ovest diCortoghiana, i “siti abitativi di Barbusi – rio Flumentepido”, gli insediamenti del “poliambulantorio – valle rio Cannas”, la “grotta A.C.A.I. – valle Rio Cannas” e il riparo sottoroccia di “Coderra”.
Del periodo nuragico è attestata la presenza di questa civiltà in diversi siti, alcuni di notevole importanza come il complesso del nuraghe Sirai(fortezza e abitato), tra i quali si ricordano i seguenti più importanti: il nuraghe "Mianu", il nuraghe "Mitzotus", il nuraghe "Paristeris", il nuraghe "Piliu", il nuraghe "Su Conti" nel casale “Medau Su Conti”, e altri ancora.In totale può contare più di 15 nuraghi e più di dieci domus de janas disseminate nel territorio comunale. Della successiva civiltà fenicia e punica è documentata la presenza nell'importante insediamento di monte Sirai, già nuragico e poi romano, e in altri siti minori presenti nel territorio comunale. La presenza della dominazione di Roma risulta documentata in numerosi siti archeologici minori del comune di Carbonia, e si riscontra nei reperti ritrovati in tombe e in luoghi abitati, costituite da ville in campagna e da mansiones (stazioni di posta) lungo la strada romana che da "Carales" (Cagliari) si dirigeva verso "Sulci" (l'attuale Sant'Antioco), che attraversava il territorio carboniense.
Il periodo medioevale, in particolare giudicale, risulta documentato non solo da fonti storiche che citano località di questo territorio, ma soprattutto nelle vecchie chiese, presenti e relative alle antiche "biddas" (ville), oggi incluse nel comune di Carbonia, come l'anticomonastero di Santa Maria di Flumentepido, la chiesetta di Santa Barbara di Piolanas, la chiesetta di Santa Lucia di Sirri, le rovine della chiesetta (di probabile origine bizantina) di San Michele, nell'omonimo colle in località "Is Arenas", le rovine delle chiesette di Santa Mariadi Barega, Santa Giuliana e di Santa Maria di Sirri, e, infine, le distrutte (e poi ricostruite in sito diverso) chiese parrocchiali di San Narcisodi Serbariu e di Santa Maria delle Grazie di Barbusi. Durante il periodo del dominio pisano, e in quello successivo aragonese e spagnolo, il territorio oggi del Comune venne abbandonato a causa delle frequenti incursioni barbaresche provenienti dalle vicine coste sulcitane, come accadde nella maggior parte dei comuni della zona.
Lo stesso argomento in dettaglio: Bacino carbonifero del Sulcis. |
Fra la fine del Seicento e il Settecento, nel periodo di transizione fra il dominio spagnolo e quello piemontese-sabaudo, l'odierno territorio carboniense e in generale quello sulcitano (territori facenti parte del Marchesato di Palmas , feudo all'epoca di proprietà prima dei Brondo e poi dei valenzani Bou Crespi) registra il ripopolamento, attraverso la nascita degli insediamenti rurali sparsi detti "furriadroxius" o "medaus", da parte di famiglie iglesienti e pastori (in genere barbaricini)[17] che, in transumanza in queste terre del Sulcis per diversi decenni, decisero di stabilirsi in questi luoghi, ritenuti in quel periodo finalmente più sicuri dopo l'abbandono causato soprattutto delle frequenti incursioni barbaresche provenienti dalle vicine coste nord-africane, ma anche dalle numerose pestilenze accadute, in Sardegna e in questo territorio (tra il 1347 e il 1348, nel 1375, nel 1403 e nel 1652), che decimarono la popolazione locale rendendo tutte le località quasi completamente disabitate. Proprio in questo territorio il generale e scienziato Alberto La Marmora fece la prima segnalazione ufficiale del carbone Sulcis, rinvenendo la sua presenza nel 1834 e nel 1846 in località "Cannamenda" (tra Monte Lisau e "Medau Brau" in zona Terra Segada, già in Comune di Gonnesa ora in quello di Carbonia), attraverso frammenti di carbone fossile, ma senza riuscire a localizzare gli affioramenti.
Ma è soprattutto grazie alla costituzione del comune di Serbariu, antico "boddeu" o borgata, staccatosi da Villamassargia nel 1853, e con la concessione di permessi di ricerca mineraria (come quello di Caput Aquas) che si ha una certa vitalità e vivacità economica in questa zona, grazie ad una nuova legge mineraria del 1840, entrata in vigore in Sardegna nel 1848 e modificata nel 1859, che prevedeva la separazione della proprietà del suolo da quella del sottosuolo. Fu invece Ubaldo Millo il vero scopritore del giacimento carbonifero di Bacu Abis nel 1851; così il 29 maggio 1853 furono affidate le tre concessioni carbonifere di Bacu Abis, di Terra'e Colu e di Fontanamare alla Società “Tirsi-Po” di Millo e Montani. Successivamente la concessione fu affidata all'ingegner Anselmo Roux, che nel 1873 costituì la Società Anonima Miniera di Bacu Abis. Tra la metà e la fine dell'Ottocento si registra una forte dinamicità economica in questo territorio dovuta alla scoperta di diversi giacimenti carboniferi (notevoli quelli della zona di Bacu Abis). Dal 1870, nel territorio del Sulcis-Iglesiente, i permessi di ricerca, che alla fine del 1861 erano alcune decine, salirono al centinaio con il raddoppio delle concessioni. Poi Angelo Roth, deputato di origine ebraica del collegio di Alghero, nel 1915 favorì provvedimenti governativi a favore della Società Anonima di Bacu Abis, che gestiva le miniere carbonifere nel Sulcis.
Seppur con andamento altalenante si ebbe un aumento delle ricerche minerarie e delle produzioni, specie carbonifere: in particolare per quel che riguarda il territorio dell'allora Comune di Serbariu la scoperta del rilevante giacimento di Nuraxeddu - Serbariu diede un grande impulso ulteriore alle attività minerarie già in crescita, soprattutto negli anni del regime fascista durante il periodo dell'autarchia, tanto da rendersi necessario non solo lo sviluppo di numerosi e importanti impianti estrattivi e produttivi, ma anche la costruzione di una nuova città mineraria, come Carbonia, e di altri due nuovi centri abitati carboniferi minori, come Bacu Abis e Cortoghiana.
La scoperta di grandi giacimenti carboniferi nel sottosuolo sulcitano portò nei primi decenni del Novecento all'apertura di varie miniere e a numerosi lavori di sondaggio per valutare l'eventuale apertura di nuovi pozzi grazie alle seguenti società carbonifere.
Così il 9 dicembre 1933 a Trieste, nella sede dell'Arsa o Società Anonima Carbonifera Arsa (istituita nel 1919), nacque la Società Mineraria Carbonifera Sarda SpA, o semplicemente Carbosarda, per rilevare le miniere di carbone del Sulcis-Iglesiente, gestite dallaSocietà anonima miniere di Bacu Abis (costituita a Torino nel 1873 dall'ing. Anselmo Roux) con questa società già dichiarata fallita il 12 aprile 1933 per difficoltà finanziarie[18]). Guido Segre, alto esponente della comunità ebraica triestina e già presidente dell'Arsa, fu il primo presidente della Carbosarda. Poi il 9 giugno 1935 vi fu la comunicazione dell'istituzione del bacino carbonifero del Sulcis da parte di Benito Mussolini nella sua prima visita a Bacu Abis. Da tutto ciò ne consegue che il 28 luglio 1935 con R.D.L. n. 1406 si costituì l'A.Ca.I. (Azienda Carboni Italiani), con primo presidente sempre Guido Segre, che gestì il bacino carbonifero del Sulcis con la Carbosarda e quello minerario dell'Istria sud-orientale con la Carbo-Arsa o Arsa. Segre fu il vero artefice e dinamico presidente di tutte le società minerarie in attività sia nel bacino carbonifero sulcitano sia in quello istriano, costruendo due nuove città operaie di fondazione vicino alle miniere:Arsia e Carbonia.
Verso la fine del 1936 con il metodo dei sondaggi vi fu la scoperta del giacimento di carbone nella zona di Serbariu-Sirai, che si rivelò di un'enorme vastità, tanto che l'A.Ca.I. (Azienda Carboni Italiani), proprietaria dell'intero bacino carbonifero con la Carbosarda e in previsione di un'intensa attività estrattiva, propose al governo di costruire una città operaia vicino alle miniere e al porto di Sant'Antioco per il trasporto e l'imbarco del minerale. Il governo, condividendo la scelta dell'A.Ca.I., decise così di fondare una nuova città mineraria, da costruire al servizio della miniera e dei suoi lavoratori. Il nome scelto, Carbonia, denominazione futuristica che significa "terra o luogo del carbone" caratterizza questa volontà.
Fu così che nel 1937, nei pressi della miniera di Serbariu, iniziarono i lavori per l'edificazione di Carbonia, fortemente voluta dal regime fascista. Precisamente il giorno della fondazione del centro comunale viene fatto risalire al 9 giugno di quell'anno, anniversario della prima visita del capo del governo fascista, Benito Mussolini, al centro carbonifero di Bacu Abis (destinato a divenire frazione mineraria di Carbonia, molto simile ad Arsia, in Istria), avvenuta due anni prima nella stessa data (le due città, oltre all'altro centro minerario istriano di Albona, sono oggi gemellate). La rituale cerimonia della fondazione di Carbonia, con le tipiche celebrazioni del regime di quel periodo, si realizzò, in presenza delle diverse autorità civili, militari e religiose, con la posa della prima pietra e di un astuccio contenente una pergamena (con i nomi dei partecipanti al rito battesimale della nuova città) nel fosso delle fondamenta della torre Littoria, ora torre Civica, primo edificio costruito in città sul monte Fossone.
La costituzione del comune di Carbonia fu stabilita con Regio Decreto numero 2189 del 5 novembre 1937. Secondo l'articolo 1 del suddetto Decreto si prevede l'istituzione del comune di Carbonia con capoluogo nel villaggio minerario in località monte Fossone, la cui circoscrizione comprende l'intero territorio del comune di Serbariu (che fu soppresso), nonché alcune parti dei territori dei comuni di Gonnesa e di Iglesias. I lavori, costati circa 325 milioni di lire dell'epoca, vennero completati nel 1938, sebbene parecchi quartieri sarebbero stati costruiti negli anni successivi. I lavori si basarono sui progetti realizzati dall'ingegner Cesare Valle e dall'architetto Ignazio Guidi.
"Una città sorta dal nulla, ne sono orgoglioso" | ||
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Reduce dal viaggio inaugurale a Carbonia, Benito Mussolini esterna a Clara Petaccile proprie sensazioni che la donna del Duce annota nel suo diario in data 19 dicembre 1938[19]. E in una telefonata serale sempre alla Petacci aggiunge:
Nell'immagine in alto: La torre Civica (torre Littoria durante il regime fascista). Originariamente era presente un balcone all'altezza del primo piano da cui Mussolini tenne il discorso inaugurale della città. |
La data che è comunemente celebrata come l'anniversario della città è quella dell'inaugurazione che avvenne nella giornata nazionale della fede per la patria fascista (commemorazione introdotta dal 1935 con le donazioni delle fedi delle spose italiane), il 18 dicembre 1938, alla presenza di Mussolini in persona, il quale, nella sua seconda visita del bacino carbonifero del Sulcis, tenne un discorso inaugurale e propagandistico dalla torre Littoria in presenza di oltre cinquantamila persone, radunate nella centrale piazza Roma, a conclusione dei lavori di edificazione del centro urbano della città, la seconda a carattere minerario realizzata dal regime dopo Arsia. Seguì poco dopo un riconoscimento per Carbonia con l'attribuzione del titolo di Città (con Regio decreto legge del 9 febbraio 1939).
La città, negli anni dell'autarchia, fu meta di un vasto flusso migratorio da altre regioni dell'isola e anche da oltre Tirreno, si valuta che circa il 25% del primo nucleo di 12.000 abitanti provenisse da altre regioni italiane in particolare dal Veneto, dalle Marche, dagli Abruzzi e daBasilicata e Sicilia (di questo primo nucleo il 90% era costituito da uomini)[20], infatti le miniere di carbone sulcitane lavoravano a pieno regime essendo una delle principali fonti di approvvigionamento di combustibile dell'Italia dell'epoca, fatto che aumentò notevolmente i livelli occupazionali nel Sulcis.
Nel 1940 venne approvato il "piano generale della zona carbonifera di Carbonia" il quale prevedeva un ulteriore sviluppo insediativo attorno a Carbonia, incentrato sia sui centri già esistenti di Portoscuso e Gonnesa (che avrebbero dovuto raggiungere rispettivamente i 20.000 e i 10.000 abitanti) sia su quelli di nuova fondazione come Bacu Abis e Cortoghiana (la cui popolazione prevista era di 10.000 e 5.000 abitanti rispettivamente) per realizzare il sogno di Mussolini di fare del Sulcis una sorta di "Ruhr italiana"[21]. Tuttavia a causa della guerra il piano venne accantonato e nel periodo compreso tra il 1940 e il 1943 tutte le miniere del bacino carbonifero del Sulcis furono militarizzate: furono raggiunti i massimi livelli di produzione di carbone con grandi sacrifici e numerosi incidenti sul lavoro anche mortali. La Carbosarda, forte della condizione di azienda militarizzata, attuò un regime di sfruttamento con provvedimenti arbitrari come l'aumento del costo dei viveri di prima necessità negli spacci aziendali e del costo dell'energia, fino all'aumento degli affitti per le case dei minatori e per gli alberghi operai[22], in contrasto con gli accordi contrattuali, tanto che vi fu quasi subito un'unanime reazione di contrapposizione da tutti i lavoratori del bacino carbonifero del Sulcis. Così il 2 maggio 1942 nella città vi fu uno sciopero, il primo in Sardegna[23] e tra i primi in Italia[22][23] durante il ventennio e la guerra, organizzato contro il caro vita da cellule clandestine del Partito Comunista e diretto da Tito Morosini, delegato confederale del sindacato dei lavoratori, iniziato con l'astensione totale dal lavoro nei pozzi carboniferi di Sirai. Circa due settimane dopo, il 15 maggio 1942, venne inaugurata Cortoghiana(anche in questo caso alla presenza di Mussolini, che, alla sua terza visita nel Sulcis, fece un secondo discorso in piazza Roma a Carbonia), tuttora una delle frazioni più popolate di Carbonia, da cui dista pochi chilometri.
Durante la Seconda guerra mondiale nel 1943 Carbonia fu bombardata tre volte dagli aerei alleati, seppur subendo danni minori rispetto a quelli patiti da altri centri dell'isola. Dopo la fine del conflitto e la caduta del fascismo si visse un nuovo periodo di espansione economica, essendo le miniere carbonifere sulcitane rimaste le sole a poter garantire adeguati livelli di produzione nel paese, dopo che l'Istria e i suoi giacimenti erano passati alla Jugoslavia.
Dal 7 ottobre 1948 al 17 dicembre dello stesso anno fu effettuato lo sciopero "bianco" dei 72 giorni per contrastare le misure repressive e provocatorie della direzione della Carbosarda, in attuazione di una rigida politica di costi e ricavi nella gestione aziendale, posta in essere con licenziamenti e trasferimenti di personale (soprattutto quello più politicizzato e sindacalizzato), aumento indiscriminato dei fitti delle case e degli alberghi operai, dei viveri negli spacci aziendali, dei prezzi dell'energia e del carbone ceduto alle maestranze, riduzione arbitrarie degli stipendi anche con applicazione delle multe ai dipendenti responsabili di presunti disservizi.
Lo sciopero "bianco" si attuò con la "non collaborazione", cioè i minatori, presenti regolarmente al lavoro nei cantieri minerari, dopo le 8 ore di normale servizio giornaliero, non effettuarono più prestazioni straordinarie a cottimo (retribuite secondo la quantità di carbone estratto), in base a precedenti accordi aziendali, tanto che la produttività della Carbosarda scese del 50%. La direzione della Carbosarda reagì con misure drastiche e incontrollate ancora più pesanti di quelle sopra indicate, ricorrendo con intimidazioni allaPolizia e alla magistratura. Esplose così, non solo a Carbonia e nel Sulcis, ma anche in tutta la Sardegna e nel resto della penisola, un vasto movimento popolare di solidarietà e sostegno alla lotta dei minatori carboniferi con i seguenti gesti significativi: parecchi lavoratori sottoscrivono a loro favore mezza giornata di paga, come i dipendenti comunali di Carbonia; i commercianti della città aprono crediti alle famiglie dei minatori; la C.G.I.L. nazionale inviò più volte un contributo di un milione di lire; i minatori di tutta Italia proclamarono uno sciopero di 24 ore in segno di solidarietà. Un tentativo di mediazione, fra la direzione mineraria e le rappresentanze sindacali, promosso dal Ministero del Lavoro il 19 novembre 1948 fallì per rigidità e intransigenze della Carbosarda. Dopo un lungo braccio di ferro nel quale la Direzione della Carbosarda minacciò di non corrispondere salari e gratifiche natalizie, e dopo che i minatori licenziati si barricano nei pozzi minerari per non essere allontanati dal posto di lavoro con l'intervento della Polizia, la S.M.C.S., con la mediazione del presidente dell'A.Ca.I., Ing. Mario Giacomo Levi (contrario alla posizione portata avanti dalla Carbosarda finora) sottoscrisse un accordo con le rappresentanze sindacali il 17 dicembre 1948, annullando tutti i provvedimenti restrittivi presi (licenziamenti, multe, aumenti dei prezzi nei viveri, nei fitti e nell'energia) e aumentando le retribuzioni, con vittoria quasi totale nella vertenza dei lavoratori carboniferi. Per questo e altri episodi in cui l'intera popolazione cittadina difese in quegli anni le vertenze sindacali legate al lavoro nelle miniere Carbonia fu soprannominata dalla stampa con l'appellativo di Stalingrado sarda[24].
Nel 1949 si toccò la punta massima di popolazione della storia cittadina, con oltre 48.000 residenti e 60.000 dimoranti[25]. Il 25 maggio 1952 vi fu la "Seconda Nascita di Carbonia" o "Rifondazione della città": con questa data delle seconde elezioni comunali di Carbonia si attuò, con la giunta municipale guidata dal sindaco Pietro Cocco, un primo programma politico di riscatto dalla servitù aziendale dell'A.Ca.I., già tentato dalla precedente giunta diretta dal sindaco Renato Mistroni, che coinvolse tutta la cittadinanza appartenente sia alla maggioranza e sia alla minoranza politica. Con l'adesione dell'Italia nel 1953 alla C.E.C.A (Comunità europea del carbone e dell'acciaio) si ebbero importanti conseguenze economiche e sociali per il bacino carbonifero del Sulcis e per le miniere a Carbonia.
Con la fine dell'embargo contro l'Italia, i carboni esteri, più economici e con minore presenza di zolfo, portarono alla crisi del settore estrattivo sulcitano, particolarmente grave in quanto all'epoca Carbonia e altri comuni della zona si basavano economicamente su questo tipo di attività. Nell'autunno del 1962 vi fu il primo ritrovamento di un reperto nel sito archeologico di monte Sirai da parte di un ragazzo di Carbonia. Tutto ciò desterà un interesse nazionale e internazionale sull'area, tanto che nell'agosto del 1963 vi fu la prima campagna di scavi sul sito archeologico, condotti dalla Sopraintendenza di Cagliari e dall'Istituto Studi del Vicino Oriente dell'Università La Sapienza di Roma.
Nonostante i numerosi scioperi alla fine si assistette alla chiusura di molte miniere sulcitane, e tra queste anche quella di Serbariu, la cui attività estrattiva fu interrotta nel 1964. Conseguenza di queste dismissioni fu una vasta emigrazione da Carbonia in poco tempo, la cui popolazione si assestò negli anni a seguire sui 30.000 abitanti. Con l'apertura del vicino polo industriale di Portovesme, finanziato da aziende statali, i livelli occupazionali della zona si risollevarono, seppur in parte. La popolazione della città aumentò leggermente tra gli anni settanta fino agli anni novanta. Il successivo disimpegno dello Stato tramite le privatizzazioni di queste realtà produttive, dovuto all'eccessivo debito pubblico, mostrò ben presto la scarsa competitività delle medesime. Ciò determinò una nuova pesante crisi della città e del suo tessuto produttivo, con una notevole diminuzione dei lavoratori nel polo di Portovesme. Di conseguenza quest'ultimo fattore determinò un riaumento dell'emigrazione, che portò la popolazione a diminuire in meno di dieci anni di circa duemila unità.
Tutto ciò fu accompagnato da tragici fenomeni sociali che colpirono duramente soprattutto la popolazione giovanile. Tra questi si può annoverare la diffusione tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta dell'eroina che da un lato determinò l'aumento di fenomeni legati alla cosiddetta criminalità predatoria e dall'altra a un notevole aumento della mortalità giovanile. Per quanto i dati demografici del 2004 abbiano mostrato almeno una minima crescita della popolazione, si possono considerare come esemplificativi della condizione economica della città i tassi di disoccupazione giovanile maschile e femminile: il primo si attesta al 57%, mentre il secondo ben al 71%.
Tuttavia nel primo quinquennio degli anni 2000 vi è stata una notevole crescita del settore dei servizi, in particolar modo grazie alle nuove attività commerciali sorte in città. Negli ultimi anni inoltre la città sta giocando la carta del turismo legato soprattutto all'archeologia industriale: a questo riguardo va segnalata la ristrutturazione della vecchia miniera di Serbariu, riconvertita a museo (ospita il Centro Italiano della Cultura del Carbone), e i lavori di ristrutturazione del centro storico (piazza Roma), ora più simile allo stile della fondazione.
Con l'attività di diversi comitati cittadini, ma grazie anche alla sensibilità e all'impegno di parlamentari e rappresentanti politici nelle istituzioni legislative e amministrative, il 12 luglio 2001 viene istituita la Provincia di Carbonia-Iglesias, con l'approvazione della Legge Regionale numero 9[26] da parte del Consiglio della Regione Autonoma della Sardegna che crea quattro nuove province nell'isola, le quali divennero poi operative a seguito delle elezioni provinciali dell'8 e 9 maggio2005. Il 12 ottobre 2005, con Delibera del Consiglio Provinciale n. 21 (Determinazione del Capoluogo. Atto Statutario.) a Carbonia, unitamente a Iglesias, è stata ufficialmente attribuita la qualifica di capoluogo della Provincia di Carbonia-Iglesias. A Carbonia hanno sede il Presidente della Provincia e la Giunta Provinciale con diversi assessorati, nonché la sede amministrativa provinciale.
Lo stemma civico, concesso e approvato con un Regio Decreto datato 26 ottobre 1939, presenta una lampada da minatore in testa a una montagna di carbone, a caratterizzare la vocazione mineraria della città, con la seguente descrizione: "D'azzurro alla lampada da minatore, alla montagna formata da un banco di carbone il tutto al naturale, la lampada addestrata in alto".
Il gonfalone comunale presenta questo stemma posto su drappo nero e azzurro con la scritta Città di Carbonia a caratteri dorati, con la seguente descrizione: "Drappo partito d'azzurro di nero riccamente ornato di ricami d'oro, caricato dallo stemma sopra descritto con l'iscrizione centrata in oro: Città di Carbonia"[27].
Titolo di Città | |
— Conferito a Carbonia con R.D.L. del 9 febbraio 1939 |
Medaglia d'argento al merito civile | |
«...Nobile testimonianza
di dedizione al lavoro e di riscatto sociale spinti fino all'estremo sacrificio[28].» — Conferita a Carbonia dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 27 ottobre 2011 |
Numerose sono le grotte e le domus de Janas presenti nel territorio comunale, le più importanti (scavati e oggetto di studio) sono le seguenti:
Nel comune di Carbonia sono stati censiti i seguenti nuraghi:
Altri siti archeologici importanti sono i seguenti:
Gli impianti minerari del bacino carbonifero del Sulcis, si trovavano per la maggior parte nel territorio di Carbonia alcuni dei quali riconvertiti ad uso museale o come siti di memoria collettiva dell'epoca mineraria. Nel territorio comunale di Carbonia erano attive le seguenti miniere dismesse con estrazione soprattutto di carbone, ma anche di diversi tipi di minerali: