|
Venafro comune |
|||||
---|---|---|---|---|---|
|
|||||
Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Molise | ||||
Provincia | Isernia | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Antonio Sorbo (centro-sinistra) dal 27-5-2013 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 41°29′00″N 14°03′00″E / 41.483333°N 14.05°E41.483333; 14.05 (Venafro)Coordinate: 41°29′00″N 14°03′00″E / 41.483333°N 14.05°E41.483333; 14.05 (Venafro) (Mappa) | ||||
Altitudine | 222 m s.l.m. | ||||
Superficie | 46,45 km² | ||||
Abitanti | 11 329[1] (1-1-2015) | ||||
Densità | 243,9 ab./km² | ||||
Frazioni | Ceppagna, Le Noci, Vallecupa | ||||
Comuni confinanti | Capriati a Volturno (CE), Ciorlano (CE), Conca Casale, Mignano Monte Lungo (CE), Pozzilli, San Pietro Infine (CE), San Vittore del Lazio (FR), Sesto Campano | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 86079 | ||||
Prefisso | 0865 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
Codice ISTAT | 094052 | ||||
Cod. catastale | L725 | ||||
Targa | IS | ||||
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media) | ||||
Nome abitanti | venafrani | ||||
Patrono | SS. Nicandro, Marciano e Daria | ||||
Giorno festivo | 17 giugno | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Venafro nella provincia di Isernia |
|||||
Sito istituzionale |
Venafro (Venafrum in latino, Venafrë in dialetto locale) è un comune italiano di 11 329 abitanti della provincia di Isernia, in Molise.
È la quarta città della regione per popolazione.
Il comune è situato nell'estremo Molise occidentale ai confini con il Lazio e la Campania e sorge ai piedi del monte Santa Croce (1.026 m s.l.m.), ad un'altezza di 222 m s.l.m., mentre l'altezza del territorio comunale varia da 158 a 1.205 m s.l.m. Il territorio comunale si estende nella omonima piana, attraversata dai fiumi Volturno e dal San Bartolomeo, le cui sorgenti sono localizzate proprio nel centro di Venafro, lì dove si trova il laghetto "la pescara". I rilievi principali che circondano la piana in ordine di altitudine sono: Monte Sambucaro (1205 m), Monte Cesima (1180 m), Monte Corno (1054 m), Monte Santa Croce o Cerino (1026 m), Colle San Domenico (921 m).
Un tempo parte della provincia di Terra di Lavoro (conosciuta anche con il nome di Liburia), era situata in Campania, territorio con il quale presenta tuttora affinità linguistico-culturali, ma nel 1863 venne annesso all'attuale Molise ed è oggi conosciuto come Porta del Molise e riveste una grande importanza socio-economica nel panorama molisano, grazie allo sviluppo del vicino nucleo industriale che costituisce il quarto polo industriale della regione.
È punto di transito obbligato dalla Campania (attraverso la strada statale 85 "Venafrana" oppure, in caso di tragitti sud-est con la nuova Variante Esterna, inaugurata a settembre 2008, che evita il centro abitato) o dal Lazio (attraverso la SS 6 - dir., la diramazione della strada statale 6 Casilina verso Cassino).
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Venafro. |
In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +6,8 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di +24,9 °C[2].
VENAFRO | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 10,5 | 11,3 | 14,7 | 18,6 | 23,0 | 27,3 | 30,9 | 31,1 | 26,6 | 21,3 | 15,2 | 12,5 | 11,4 | 18,8 | 29,8 | 21,0 | 20,2 |
T. min. media (°C) | 2,2 | 3,1 | 5,8 | 9,2 | 12,5 | 16,3 | 18,7 | 18,7 | 16,5 | 12,4 | 7,0 | 4,5 | 3,3 | 9,2 | 17,9 | 12,0 | 10,6 |
La posizione del comune a una quota di bassa collina (222 m) e in una pianura interna, lontana dal mare fa sì che il clima si mantenga mediamente mite nel corso dell'anno.
L'inverno risulta essere moderatamente freddo con temperature notturne che, nelle fasi anticicloniche, si attestano frequentemente al di sotto dello zero. Le precipitazioni sono frequenti e abbondanti; le nevicate si limitano a pochi episodi spesso di debole entità con accumuli lievi, solo occasionalmente più importanti. Le ondate di freddo sono causate dai venti nord-orientali che generalmente portano un clima molto freddo ma asciutto e solo in alcuni casi episodi nevosi.
L'estate è molto calda con temperature che si spingono frequentemente al di sopra dei 30°C e con condizioni di afa piuttosto ricorrenti. Nelle ondate di caldo più intense è possibile raggiungere i 36°C-38°C. La stabilità estiva è interrotta dai temporali pomeridiani, tipici delle zone interne.
La primavera e l'autunno sono stagioni miti con frequenti precipitazioni, soprattutto in ottobre e novembre, talvolta abbondanti. Essendo stagioni intermedie gli sbalzi di temperatura sono molto importanti; non mancano episodi di freddo soprattutto in primavera, così come non mancano scampoli di estate in autunno.
La piovosità media annua si aggira intorno ai 1100–1300 mm e si concentra nel semestre freddo, in estate le precipitazioni sono limitate ai periodici temporali pomeridiani.
Benché la sua fondazione sia attribuita a Diomede, personaggio della mitologia greca figlio di Tideo e di Deipile, ha nell'antico nome di Venafrum origini sannitiche.
Nella piana, in diversi punti sono stati rinvenuti numerosi reperti che fanno pensare all'esistenza di insediamenti umani già in epoca preistorica. Durante la Guerra sociale, il frentano Mario Egnazio la espugnò a tradimento e fece strage di sei coorti romane. Anche Silla la rase al suolo. Nel gennaio del 49 a.C. Pompeo Magno venendo da Teano, vi fece sosta. Ma le prime notizie certe dell'esistenza di Venafro risalgono al 300 d.C. quando si trovava sotto la giurisdizione dei romani con Massimiliano, rivestendo subito un ruolo importante e strategico tanto da essere Colonia romana con Augusto (Colonia Augusta Julia Venafrum), e recepì la caratteristica sistemazione urbanistica, parzialmente conservata nell'abitato attuale. In epoca augustea molta attenzione fu data all'acquedotto (Rivus Venafranus) che portava l'acqua del fiume Volturno da Rocchetta a Volturno a Venafro. Rinomata per fertilità e amenità, è ricordata da Orazio come luogo di villeggiatura, e Plinio il Vecchio parla di una sorgente diuretica lì situata. In epoca romana vanta di una sviluppata economia con il rinomato olio che secondo la leggenda fu portato da Licinio il quale ne parla in molte sue opere. Sempre della fecondità del suolo e della fama dell'olio venafrano ci da testimonianza Marziale.
Fra il 774 ed il 787 la piana di Venafro fu attraversata dalle truppe di Carlo Magno che si scontrarono con quelle dei Longobardi del Principato di Benevento.
Subì gravi danni nel terremoto del 1349 ed in quello del 1456.
Nel 1495 dette ospitalità alle truppe di Carlo VIII di Francia di passaggio alla conquista del Regno di Napoli (Ferdinando II di Aragona).
Dopo il periodo buio del Medioevo che ha visto Venafro sprofondare in miseria e malattie, nei secoli successivi la città visse un'epoca di espansione e di benessere, basti pensare alle numerose costruzioni risalenti a questa epoca che hanno cambiato il volto della città con monumentali chiese e palazzi.
Venafro è sede vescovile dal V secolo. Ultimi feudatari furono i Savelli, i Peretti, i Caracciolo di Miranda.
Nel 1811 venne isitiuito il distretto di Piedimonte d'Alife, nel quale andava a ricadere tutta l'area nord-orientale del distretto di Capua ed i circondari di Venafro e Colli distaccati dal distretto di Sora. Con l'occupazione garibaldina e l'annessione al Regno di Sardegna del 1860 il distretto fu soppresso.
Il 24 ed il 25 ottobre 1860 Venafro ospitò il re Vittorio Emanuele II di Savoia in viaggio per recarsi a Teano ad incontrare Giuseppe Garibaldi. Il Sovrano proveniva da Isernia dove era giunto il 23 ottobre ed aveva preso alloggio nel Palazzo Cimorelli di Isernia, sito nella via che poi prese il Suo nome, ospite di Vincenzo Cimorelli (*5.4.1796 †9.8.1889. Fu Sindaco di Isernia) (Raffaele de Cesare: La fine di un regno, Milano 1969, p. 963). Il giorno successivo era ripartito giungendo a Venafro dove prese alloggio nel Palazzo Cimorelli di Venafro, ospite di Nicola Cimorelli (*20.2.1823 †2.8.1892: figlio di Vincenzo e Sindaco di Venafro) e di sua moglie Giulia dei Marchesi Parisi di Rignano (*29.3.1833 †19.6.1900). Alla Marchesa Giulia Parisi donò un monile di gran pregio: un bracciale trasformabile in diadema (V. foto). Sul palazzo Cimorelli in Venafro c'è una lapide: «Re Vittorio Emanuele venuto con poche armi e voti di popolo infiniti a consacrare l'Italianità di queste provincie fu in questa casa ospite di Nicola Cimorelli nei dì 24 e 25 ottobre 1860. Il Municipio di Venafro in memoria del fausto avvenimento e del cittadino benemerito pose questo ricordo il 4 marzo 1898 cinquantesimo anniversario delle libertà costituzionali» (Francesco Colitto: Imperatori, Re e Regine nel Molise: Vittorio Emanuele II. S. Giorgio Editrice, Campobasso 1978).- [Vittorio Emanuele II] «partì da Venafro il 25 e passò la notte a Presenzano, nel castello dei Del Balzo, su in cima al colle. La mattina del 26 partì per Teano con una colonna delle truppe di Cialdini; e fra Caianello e Teano s'incontrò con Garibaldi» (De Cesare, Fine di un Regno, 2005 pag. 887, Capone Editore/Edizione del Grifo, Lecce). (Il bracciale-diadema è ora in possesso degli Eredi dei Cimorelli).
Fino al 1863 Venafro era compreso nel territorio della Terra di Lavoro della provincia di Caserta ricadendo dapprima nel Distretto di Sora e poi dal 1811 con la nascita del Distretto di Piedimonte d'Alife fu annesso a quest'ultimo. Era capoluogo di circondario prima e di mandamento dopo.
Il 10 maggio 1863 ci fu l'annessione alla provincia di Campobasso, nonostante le polemiche e le proteste della cittadinanza e del consiglio comunale dell'epoca, favorevole invece a rimanere a far parte della provincia di Caserta. Entrò definitivamente a far parte della regione Molise.
Durante la Guerra contro il Brigantaggio, il Generale Ferdinando Augusto Pinelli fecer cancellare Venafro dalla Carta Topografica.[3]
Nell'ottobre del 1911 il Padre Provinciale, Benedetto da San Marco in Lamis, accompagnò Padre Pio da Pietrelcina, malato, a Napoli dal celebre dottore Antonio Cardarelli, il quale suggerì di condurlo Venafro. Durante il mese e mezzo passato in questo convento, la fraternità si accorse dei primi fenomeni soprannaturali: estasi divine della durata anche di un'ora e apparizioni diaboliche, di breve durata.
Il 13 aprile 1914 con Regio Decreto (registrato presso la Corte dei Conti il 28 agosto 1914 al Reg. 50, foglio 12) il comune acquisisce negli atti e nel sigillo il titolo di Città di Venafro.
Tra l'autunno del 1943 e la primavera del 1944 fu teatro, come altri paesi dei dintorni (Pozzilli, Filignano, San Pietro Infine ed altri), di aspri combattimenti fra i Tedeschi, asserragliati sulle montagne a nord e gli Anglo-Franco-Statunitensi, lungo la linea Gustav, per la conquista di Cassino e Montecassino. Scambiata per quest'ultima dai piloti anglo-americani, Venafro venne colpita duramente dai bombardamenti alleati il 15 marzo 1944 che causarono circa 400 vittime tra civili e militari.
Tra il centro abitato di Venafro ed il convento dei Cappuccini, è presente il cimitero militare francese dei caduti della seconda guerra mondiale appartenenti al Corps Expeditionnaire Français (CEF) guidato da Alphonse Juin, che nella cittadina pose il suo quartier generale.
Nel 1970 fu inclusa nella neonata provincia di Isernia, di cui fa attualmente parte e sulla cui appartenenza del comune, nei periodi precedenti la sua istituzione, si accese una discussione campanilistica.
Nella primavera del 1984 fu molto danneggiata dal terremoto originatosi nella non lontana Valle di Comino, in provincia di Frosinone.
Nel 1986 le due sedi episcopali della diocesi Isernia e Venafro furono unite aeque principaliter costituendo l'attuale diocesi di Isernia-Venafro. L'antica cattedrale di Santa Maria Assunta assunse il titolo di concattedrale.
Nel 1987 la città fa parte, su segnalazione del Censis, dei 100 comuni della "piccola grande Italia".
Dal 1994, insieme ad altri 338 soci, fa parte dell'A.N.C.O., (Associazione Nazionale Città dell'Olio).
Il 25 aprile 2005 Venafro ha ottenuto la medaglia d'oro al valor civile dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per il tragico bombardamento aereo subito il 15 marzo 1944.
Titolo di Città | |
— 13 aprile 1914[4] |
Medaglia d'oro al Merito Civile | |
«Piccolo centro, durante l'ultimo conflitto
mondiale, fu obiettivo di ripetuti e violenti bombardamenti, il più tragico avvenuto il 15 marzo 1944 da parte delle forze alleate, che provocarono la morte di numerosissimi
civili, tra cui molte donne vecchi e bambini, e la quasi totale distruzione dell'abitato. Mirabile esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.» — Venafro (IS), 1943-1944 |
Il consistente numero di chiese presenti sul territorio venafrano ha dato a Venafro l'appellativo di città delle 33 chiese». Si tratta di molte chiese di dimensioni ed epoche varie presenti nel centro storico e nella zona pedemontana. Purtroppo molti luoghi di culto oggi sono chiusi al culto e abbandonati.
Il massimo tempio della città è situato ai piedi del Parco Oraziano. Attualmente è concattedrale della diocesi di Isernia-Venafro. Risalente al V secolo, fu costruita sotto il vescovo Costantino sul luogo in cui già da secoli si trovava un tempio pagano con materiali prelevati da altri monumenti di epoche precedenti (elementi romani e decorazioni cristiane, come il bassorilievo del vescovo Pietro di Ravenna: un rilievo che, per il suo aspetto inconsueto, viene chiamato dagli abitanti "Marzo Settecappotti"). L'interno è a tre navate decorate da opere pittoriche del XIV secolo. Dalla navata laterale destra è possibile accedere alle quattro cappelle laterali. L'attuale aspetto è dovuto a lavori di restauro risalenti agli anni sessanta-settanta che hanno privato la concattedrale delle antiche forme barocche, riportando il luogo sacro all'aspetto gotico-medievale precedente. Sul finire del Seicento fu costruito il cosiddetto "cappellone", una cappella in cui amministrare i sacramenti. La chiesa è dotata di 5 portali, il portale alla destra di quello principale è porta santa fin dal 1500 almeno. La precede una grande piazza, considerata l'inizio dell'antica cinta muraria cittadina.
È un pregevole esempio di architettura barocca della città di Venafro e dell'intero Molise. Venne costruita nel Trecento dalla "Confraterna dei Flagellanti" tutti nativi di Venafro, ed è stata più volte modificata nel tempo. Fu edificata con materiale proveniente dal vicino teatro romano e aveva una facciata a capanna. Nel corso dei secoli subì importanti opere di restauro e la chiesa assunse l'attuale aspetto baroccheggiante. Presenta un campanile di notevole altezza ed aspetto barocco rinascimentale. L'interno a navata unica conserva un Crocefisso del XIV secolo, una tavola cinquecentesca con Santa Caterina, un dipinto con Madonna e Santi e un organo del 1784, tutti affreschi dei pittori partenopei Giacinto Diano e Paolo Sperduti, allievi di Vanvitelli. In una nicchia laterale è accolto il busto argenteo di San Nicandro assieme alla testa reliquiario in oro e alcune reliquie dei martiri. La chiesa presenta anche una grande cupola affrescata, visibile da ogni punto della città, che immette gran parte della luce nei pressi del presbiterio.
Situati alla periferia est della città, sulla strada per Isernia, furono edificati su resti romani, in parte riutilizzati nella costruzione. La chiesa, più volte trasformata e restaurata nel 2001, presenta interno a due navate e conserva un altare in legno intarsiato e pirografato e le opere pittoriche dell'artista molisano Amedeo Trivisonno, che narrano le vicende dei Santi Martiri a cui è dedicata la chiesa. I portali in bronzo sono opera di Alessandro Caetani. Sotto l'altare maggiore è presente la cripta dove è stato rinvenuto il sepolcro di San Nicandro, nei pressi della quale si raccoglie in un pozzetto un liquido misterioso detto "Manna di San Nicandro" a cui vengono attribuite doti miracolose. La chiesa è molto frequentata dai devoti soprattutto in prossimità delle feste patronali dei Santi Martiri.
La chiesa sita in via Cavour fu costruita nella seconda metà del Cinquecento e ampliata, assumendo la forma attuale, nella seconda metà del Seicento. L'interno apparentemente a croce latina e invece a navata unica. Infatti tra l'aula e il presbiterio un finto transetto, limitato ad un accenno, si apre con delle false prospettive in stucco che riescono a dare l'impressione dell'esistenza del transetto[5]. Al suo interno sono presenti stucchi di cornici e capitelli di notevole pregio e fattura. Sono presenti diverse tele pregevoli e in apposite nicchie sono presenti le statue dei 4 evangelisti in alto nella navata. La chiesa presenta 2 piccole cupole senza finestre, un campanile alto dall'aspetto barocco simile a quello dell'Annunziata. La facciata presenta un grande finestrone ed è preceduta da una scalinata.
Il tempio sacro sorge in piazza Nicola Maria Merola, dall'aspetto barocco presenta sulla facciata una statua della Madonna Immacolata. La prima edificazione di tale chiesa risale al XIV secolo e la leggenda vuole proprio essere stata fondata da San Francesco. A causa di diversi terremoti è stata più volte chiusa al culto e restaurata o ricostruita. L'interno, a navata unica, nei lati presenta diversi altari di marmo e varie tele raffiguranti diverse scene sacre, sullo sfondo si innalza l'altare marmoreo sul quale si erge un baldacchino dalle forme baroccheggianti all'interno del quale è presente la statua della Madonna sormontata da una corona d'oro. Dalla chiesa è possibile accedere agli scavi sottostanti, visibili anche attraverso una pavimentazione vetrata in alcuni punti, scoperti con il recente restauro determinato dall'evento sismico del 1984.
Questa chiesa è situata in piazza Vittorio Veneto, meglio conosciuta come piazza del mercato. Fu edificata nel XVIII secolo e presenta una facciata elegante che ricalca lo stile barocco del secolo. L'interno è a pianta centrale, presenta uno stile barocco con stucchi e fregi ed una piccola cupola decorata.
È collocato nel centro moderno di Venafro; nonostante nel tempo abbia subito delle sovrapposizioni medievali e seicentesche, rimane visibile la pianta ellittica. L'ellisse aveva il diametro maggiore di 110 metri e quello minore di 85. Si ritiene che le gradinate potessero contenere fino a 15.000 spettatori. Fino a qualche tempo fa, prima che diventasse proprietà statale, in questa struttura erano ospitate le stalle e i depositi di attrezzi agricoli. Questo monumento, unico in Italia insieme al "Parlascio" di Lucca, oggi è in fase di restauro dopo un periodo di relativo abbandono. Un tempo nei giorni della festività patronale si svolgeva una divertente e caratteristica "corsa dei ciucci" e altri giochi popolari. Un interessante restauro sta riportando all'antico splendore questo luogo suggestivo e particolare sito in pieno centro urbano.
Situato a monte dell'ultimo decumano, è di notevoli dimensioni e presenta una scena (frons scaena) di circa 60 m, con una cavea capace di ospitare 3.500 spettatori. Dopo i vari scavi effettuati e gli interventi per riportarlo alla luce, anche questo monumento risulta abbandonato insieme al vicino odéon. Il teatro dimostra come la città romana fosse nel suo pieno splendore dotata di strutture di intrattenimento tipiche dei centri più importanti. Caratteristica unica del mondo romano è la costruzione di questo teatro nei pressi di un monte così come avveniva per i teatri greci che venivano scavati nella roccia.
Nei pressi del centro storico sono visibili tracce di un acquedotto romano, della cinta di mura, con una fase di epoca sannitica risalente al IV secolo a.C. ed una in opera poligonale del I secolo a.C., di mura sannitiche. Sempre di origine romana è la "Torricella", una struttura fortificata situata sulla montagna recentemente restaurata e riportata all'antico splendore. Tra gli altri monumenti vi sono anche la cosiddetta "Torre del mercato" ("palazzo Caracciolo"), struttura difensiva di origine medievale con i suoi possenti merli, a difesa di quella che un tempo corrispondeva alla porta orientale di Venafro, e l'acquedotto romano di Venafro sito anche nel territorio comunale di Pozzilli e Montaquila, che riforniva la città dell'acqua proveniente dalle sorgenti del Volturno.
Fu inaugurato il 18 novembre 1923 ad opera dello scultore Torquato Tamagnini. Venne realizzato con le offerte dei venafrani emigrati in America e con i fondi raccolti dal comitato pro monumento con a capo il vescovo del tempo, Mons. Nicola Maria Merola. Ogni anno, il 15 marzo, si commemorano le vittime di tutte le guerre nel ricordo del bombardamento alleato su Venafro proprio in quel giorno di inizio primavera del 1944[6].
Si tratta di una scultura bronzea posta nell'alto di un piedistallo di marmo, riproducente due mani che sostengono la fiamma dell'Arma. Il monumento è collocato in una piazza centrale di Venafro intitolata proprio al vice Brigadiere Salvo D'Acquisto, l'eroe di Polidoro, che insieme ad altri tre colleghi si è sacrificato per la patria.
Per entrarvi bisogna chinarsi. Lunga circa cinque metri con andamento ad esse, interamente coperta, è una via che collega via delle Vergini con via Silvano. Realizzata probabilmente per essere un passaggio segreto, attualmente, svincolandosi sotto le antiche case, è una strada pubblica che risulta difficilmente accessibile[6].
Un edificio molto particolare è la Palazzina Liberty del XX secolo, che fungeva da centrale idroelettrica agli inizi del secolo scorso per fornire energia alla cittadina, e poi da cinema nel corso del novecento.
Venafro è inoltre ricca di palazzi signorili:
Situato ai limiti nord-occidentali della Venafro romana, trae origine da una fortificazione megalitica trasformata successivamente nel mastio quadrato longobardo. Tale trasformazione avvenne quando il conte Paldefrido vi pose la sua sede X secolo. Nel XIV secolo, al mastio quadrato, furono aggiunte tre torri circolari e la braga merlata. Fu trasformato completamente nel XV secolo dai Pandone, signori di Venafro; era difeso su tre lati da un grande fossato alla cui realizzazione fu coinvolta l'intera popolazione. Il fossato non venne mai del tutto completato per via di una rivolta popolare che reclamava le cattive condizioni in cui era costretta a lavorare. Al castello si accedeva attraverso un ponte levatoio ad ovest e una postierla ad est. Postierla che permetteva l'accesso di un cavaliere alla volta e pertanto poteva essere controllata da una sola guardia. Enrico Pandone lo trasformò in residenza rinascimentale aggiungendovi un giardino all'italiana, un arioso loggiato e facendolo affrescare con le immagini dei suoi poderosi cavalli. I cavalli per il conte rappresentavano la sua attività principale. Ancora oggi i ritratti di cavalli in grandezza naturale, in numero di ventisei e realizzati in leggero rilievo, decorano tutto il piano nobile e costituiscono un'esclusiva per il castello di Venafro. Nella sala dei cavalli da guerra primeggia la sagoma del cavallo San Giorgio, donato da Enrico a Carlo V. Enrico rimase sempre devoto a Carlo V fino alla discesa di Lotrec dalla Francia. Carlo V ebbe la meglio sul francese e il tradimento costò ad Enrico la decapitazione in Napoli. Al di sotto del piano di ronda un camminamento con feritoie permetteva il controllo del maniero dal piano del fossato. Il camminamento è interamente percorribile. Nel XVII secolo il Castello, dopo essere stato della famiglia vicereale dei Lannoy, passò ai Peretti-Savelli, familiari di Sisto V, e nel secolo successivo alla potente famiglia dei di Capua. Giovanni di Capua lo trasformò nella sua residenza in vista del matrimonio che avrebbe dovuto contrarre con Maria Vittoria Piccolomini, agli inizi del Settecento. Grandi lavori furono intrapresi tra cui la rimozione di gran parte dei cavalli fatti realizzare da Enrico Pandone. Matrimonio che rimase un sogno per l'immatura scomparsa di Giovanni. Lo stato avanzato dei preparativi per tale evento aveva portato a concretizzarlo nel grande stemma, che è ancora nel salone, dove l'unione dei blasoni delle due casate ricorda un avvenimento che non è mai accaduto. Dopo anni di lavori di restauro, che come tutti gli interventi ha momenti felici e meno felici, il Castello di Venafro ospita convegni e mostre e può essere visitato ogni giorno. Dal 2013 il Castello è sede del Museo Nazionale del Molise, con una ricca Pinacoteca di testimonianze artistiche molisane, confrontate con altre di proprietà statale, provenienti dai depositi dei Musei di Capodimonte e San Martino di Napoli, della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma e del Palazzo Reale di Caserta. Il percorso è diviso in due sezioni: il castello, “museo di se stesso”, con le sue valenze urbanistiche, architettoniche e decorative, e l’esposizione al secondo piano di affreschi, sculture, tele, disegni e stampe, in un itinerario che documenta la cronologia – dal Medioevo al Barocco – e i diversi orientamenti culturali di committenti e artisti in Molise.
Uscendo dalla città lungo la Strada statale 85 Venafrana direzione Isernia, su un'estesa zona pianeggiante (70.000 m²) si trova il cimitero di guerra francese, nel quale sono sepolti circa 6000 tombe di soldati del Corps Expeditionnaire Français (ma molte sono state esumate), di cui circa due terzi di origine marocchina, algerina e tunisina, oltre ad alcuni africani (senegalesi?), caduti in gran parte durante la battaglia di Cassino (nov.1943-mag.1944) e nell'aggiramento di Montecassino. Qui sono state traslate le sepolture di Miano. Per essi è stato eretto un monumento che richiama esplicitamente i minareti nord-africani, decorato con piastrelle di ceramica azzurre, che risaltano sul bianco calce delle mura, e con alcune iscrizioni. Al suo interno vi sono alcune tombe, di cui una al milite ignoto musulmano, e tre dedicate a militi con nome, uno Tunisino, uno Algerino, uno Marocchino. Tutte le tombe sono disposte sull'asse Nord-Est Sud-Ovest, con le lapidi rivolte a Nord-Est, ad eccezione di alcune tombe, poste dietro il minareto, di soldati ebrei (riconoscibili dalla stella a sei punte sulla lapide) e animisti (che sulla lapide hanno un "agnostico" sole stilizzato). Questa disposizione delle tombe suggerisce la possibilità che i caduti musulmani, qualora siano stati disposti sul fianco destro, abbiano il volto rivolto verso la Mecca. Su ciascuna lapide è riportato il nome (se noto) e la dicitura (in francese) "Mort pour la France" (morto per la Francia). È da notare che anche fra le tombe cristiane sono riconoscibili nomi arabi e africani.
L'Oasi Le Mortine è un'area naturale protetta di 110 ha affidata in gestione all'Associazione Pianeta Terra Onlus nei pressi dello sbarramento ENEL per la produzione idroelettrica. È composto da una zona boschiva igrofila e vaste aree a canneto lungo le sponde del bacino di regolazione. L'area ricade all'interno di un sito di interesse comunitario e una zona di protezione speciale, La vegetazione ripariale che un tempo avvolgeva il Volturno, oggi si organizza solo in aree limitate in formazioni igrofile consistenti e dotate di un buon grado di naturalità. Tra di esse assume particolare importanza naturalistica il bosco igrofilo delle Mortine esteso oltre 100 ha, di cui il nucleo boschivo concesso dall'ENEL a Pianeta Terra rappresenta un frammento intatto da almeno 45 anni. In quest'area, interposta tra le Mainarde ed il Matese, il Volturno penetra una fitta coltre boschiva igrofila, frazionata dai suoi rami secondari che circoscrivono isole impenetrabili dalle caratteristiche uniche nel corso del fiume. Poc'anzi lo sbarramento dell'ENEL il fiume si allarga e le sue acque lente permettono lo sviluppo di un canneto che borda anche le sponde del contiguo bacino di regolazione. Pur essendo affidati a Pianeta Terra circa 30 ettari di territorio contiguo all'impianto ENEL "Presa Volturno" (realizzato negli anni cinquanta a seguito di un Decreto Regio del marzo 1942), il comprensorio abbraccia una estesa isola demaniale fluviale ed un lago artificiale, interessando in totale oltre 50 ettari. L'intero comprensorio è da considerare, sia dal punto di vista storico che paesaggistico, il limite settentrionale della Reale Caccia Borbonica di Venafro e Torcino. Dalle lettere di Luigi Vanvitelli (architetto di corte) al fratello Urbano si apprende che le battute di caccia a Venafro si tenevano nei mesi di febbraio e marzo, e duravano una decina di giorni. Durante il soggiorno a Venafro Ferdinando IV andava a cacciare nelle "mene" del Colle di Santa Lucia, Castagneto, Mortina, Castellone, Mortina delle Colonne, Colle di Torcino e Selvone.
Il Parco regionale agricolo storico dell'olivo di Venafro, detto anche Parco Oraziano o Campaglione, è il primo parco regionale del Molise, istituito con legge regionale per salvaguardare il patrimonio olivicolo del territorio venafrano. Il Parco Regionale Agricolo Storico dell'Olivo di Venafro è il primo Parco tematico sull'olivo del Mediterraneo. Oltre alla sua valenza agricola e ambientale, è uno strumento di promozione turistica del territorio venafrano che oltre al suo valore agricolo è ricco in emergenze storiche ed ecologiche che emergono tra i muretti a secco e i terrazzamenti. Gli olivi di Venafro sono menzionati nelle opere dei massimi poeti latini per l'ottima qualità dell'olio: tra essi Orazio, da cui Parco Oraziano.
Nel cuore del centro cittadino sono presenti i giardini pubblici dell'estensione di circa un ettaro, un ambiente ricco di vegetazione e di acque con il laghetto (la pescara) e ruscelli. Realizzata per volere di Pozzobon e dell'allora sindaco di Venafro Basileo Milano, la villa è un ambiente tranquillo di divertimento e sport dove è presente un bocciodromo e un campo da basket e pallavolo. Purtroppo non è tenuta molto curata.