Sanremo comune |
|||||
---|---|---|---|---|---|
|
|||||
Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Liguria | ||||
Provincia | Imperia | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Alberto Biancheri (Partito Democratico e Liste civica di Centro) dall'11/06/2014 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 43°49′17.09″N 7°47′11.62″E / 43.821414°N 7.786561°E43.821414; 7.786561 (Sanremo)Coordinate: 43°49′17.09″N 7°47′11.62″E / 43.821414°N 7.786561°E43.821414; 7.786561 (Sanremo) (Mappa) | ||||
Altitudine | 15 m s.l.m. | ||||
Superficie | 55,96 km² | ||||
Abitanti | 55 331[2] (31-12-2011) | ||||
Densità | 988,76 ab./km² | ||||
Frazioni | Vedi elenco | ||||
Comuni confinanti | Apricale, Bajardo, Ceriana, Ospedaletti, Perinaldo, Seborga, Taggia | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 18038 | ||||
Prefisso | 0184 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
Codice ISTAT | 008055 | ||||
Cod. catastale | I138 | ||||
Targa | IM | ||||
Cl. sismica | zona 3s (sismicità bassa) | ||||
Cl. climatica | zona C, 1 105 GG[3] | ||||
Nome abitanti | sanremesi[1], sanremaschi o matuziani | ||||
Patrono | san Romolo, vescovo di Genova | ||||
Giorno festivo | 13 ottobre | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Sanremo nella provincia di Imperia |
|||||
Sito istituzionale |
Sanremo (Sanroemu in ligure[4], anticamente Villa Matutiæ), è un comune italiano di 55.331 abitanti[2] della provincia di Imperia, in Liguria.
È il primo comune della provincia per popolazione e il quarto[5] (dopo Genova, La Spezia e Savona) della regione. A livello provinciale la sua area urbana conta circa 85.000 abitanti[6], superando l'area urbana di Imperia (70.000[7][8]). Dista circa 24 km dal capoluogo provinciale e 150 km da Genova. La posizione geografica, in una insenatura riparata dalle montagne, è la principale causa del rinomato clima mite della città, che la rende meta di soggiorni sia estivi, sia invernali, anche curativi.
È una località turistica, rinomata per la coltivazione dei fiori (celebrata ogni anno con il corso fiorito Sanremo in Fiore), da cui il nome di Città dei Fiori. Inoltre ospita l'arrivo della corsa ciclistica Milano-Sanremo (una delle più importanti classiche del ciclismo), il Festival della canzone italiana, il rally di automobilismo, la tappa italiana dell'European Poker Tour, ed è sede del Casinò (uno dei quattro presenti in Italia).
Per tradizione, vi sono tre diverse modalità di indicare gli abitanti della città: i sanremaschi sono coloro che da generazioni sono nati e vissuti a Sanremo; i sanremesi, coloro che risiedono o sono nati in città ma hanno origini forestiere; infine matuziani, usato più raramente, termine che trae origine dall'antico sito romano di Villa Matutia e che raccoglie nella globalità gli abitanti della città dei fiori.
La città è stata fondata a ridosso di due dorsali montuose, che si originano nel Monte Bignone (1299 m) e procedono fino al mare: a est, verso il promontorio di Capo Verde (sormontato dal Faro di Capo dell'Arma della Marina), e a ovest fino a Capo Nero.
L'originario nucleo abitativo, la Pigna (denominazione del comune fino al 1928), è adagiato sulle pareti di una collina-promontorio sovrastata dal santuario della Madonna della Costa, e lambito dai torrenti San Francesco e San Romolo. A levante, il torrente San Martino ed a ponente il torrente Foce danno il nome alle relative zone est ed ovest della città.
La prima fascia dell'entroterra, a ridosso della città, è abbondantemente ammantata di serre e coltivazioni di fiori, stanti a ricordare il ruolo importantissimo della floricoltura nell'economia cittadina. Alcuni oliveti e resti di fasce (coltivazioni a terrazza), oramai quasi completamente abbandonate, costellano le campagne e le scoscese colline circostanti.
Le frazioni dell'entroterra boschivo distano pochi chilometri dal centro città, tanto che durante l'estate è consuetudine, da parte dei Sanremesi, fare le "gite fuori porta" tra i freschi boschi di castagno nella frazione di San Romolo, edificata intorno ad un prato che da anni è mèta di giochi di bimbi, o tra i pascoli della arieggiata vetta del Monte Bignone, da cui è possibile godere della vista da Saint-Tropez ad Albenga, e in giornate terse, fino alla Corsica.
La fascia boschiva dell'entroterra è stata recentemente inserita nell'istituendo "Parco Naturale di San Romolo-Monte Bignone": un'area di circa 700 ettari, ricca di fauna e vegetazione, nella quale si intrecciano fittamente sentieri e mulattiere di enorme interesse storico e paesaggistico.
I due promontori ad est e ad ovest di Sanremo ospitano rispettivamente le frazioni di Poggio e di Coldirodi: la prima, nota per rappresentare l'ultimo tratto in salita della Milano-Sanremo, la seconda sede dell'importante Pinacoteca Rambaldi.
Dal punto di vista amministrativo, la città si estende ad est oltre il Capo Verde. Qui si trova la frazione di Bussana, la più popolosa del Comune, che è stata edificata ex novo dopo che il terremoto del 1887 distrusse il centro abitato originario, posto sulle colline retrostanti ed oggi noto come Bussana Vecchia. Tale diroccato paesino rimase abbandonato fino all'inizio degli anni sessanta, quando artisti da tutto il mondo decisero di ripopolarlo, riportando le costruzioni in pietra alla loro struttura originale. Unico nel suo genere, oggi è un laboratorio d'arte a cielo aperto, un frammento di vita e cultura rurale e contadina di fine '800 estremamente suggestivo.
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Sanremo. |
La protezione offerta a Sanremo dalla dorsale montuosa che si innalza immediatamente alle sue spalle fa sì che il clima della città sia in assoluto il più mite fra quelli rilevati in Liguria, in Italia settentrionale e nella massima parte di quella centrale (condizioni climatologiche simili nella penisola italiana sono riscontrabili solo alle latitudini inferiori a quella della città di Roma).
Nei mesi invernali le temperature medie giornaliere si attestano attorno ai +10/+11 °C, infatti, nonostante una minima assoluta storica di -5,2 °C (risalente al 10 febbraio 1986, all'indomani della più cospicua nevicata del XX Secolo) a Sanremo solo eccezionalmente si registrano temperature inferiori a 0 °C (frequenza media delle gelate attorno a 0,8 giorni/anno) e sono complessivamente rare anche le minime notturne inferiori ai +3/+5 °C (in gennaio e febbraio i valori minimi medi si attestano attorno ai +7 °C, quelli massimi medi sfiorano i +13 °C); assai rare pure le nevicate; un'abbondante nevicata ci fu il 28 dicembre 2005, mentre l'ultima risale all'11 febbraio 2010, quando un manto dello spessore di 1–3 cm imbiancò le vie centrali della città e le zone litoranee. Un episodio di neve più consistente è datato 9 febbraio 1986, quando sui quartieri costieri caddero circa 18/20 cm di neve.
Le estati sanremesi sono ventilate, moderatamente calde e i mesi di luglio e agosto registrano valori medi giornalieri prossimi ai +24 °C, con minime medie di circa +20 °C e massime attorno ai +28º infatti, nonostante una massima assoluta di +36,1 °C (risalente al 4 agosto 1981), valori diurni superiori a +32/+33 °C sono molto rari anche durante le ondate di caldo più intense, grazie alle brezze che tendono a mitigare la calura e per effetto dei tassi di umidità relativa media (che nell'estremo Ponente imperiese sono più contenuti rispetto a quelli del resto della Liguria) a Sanremo le giornate afose sono assai meno frequenti che in città come Savona, Genova o La Spezia, che pure hanno regimi termici estivi molto simili. Il record assoluto per il centro città si è registrato presso l'Osservatorio Astronomico e di Fisica Terrestre Europa'71 il 5 agosto 2003 ed è pari a +38,4°.http://www.mariovignali.it/astro/tempo/2003/ago03.html
In generale le temperature a Sanremo sono un po' più alte rispetto ai comuni costieri confinanti anche a causa di un modesto effetto isola di calore.
Questa voce o sezione sull'argomento storia è priva o carente di note e riferimenti bibliografici
puntuali.
Sebbene vi siano una bibliografia e/o dei collegamenti esterni, manca la contestualizzazione delle
fonti con note a piè di pagina o altri riferimenti precisi che indichino puntualmente la
provenienza delle informazioni. Puoi migliorare questa voce
citando le fonti più precisamente. Segui i suggerimenti del
progetto di riferimento.
|
Sanremo presenta tracce di attività umana fin da tempi remoti, come testimoniato dal ritrovamento di insediamenti del Paleolitico. Tuttavia è dall'epoca romana che la città comincia a svilupparsi come insediamento significativo. Viene quindi fondata in epoca romana lungo la Via Julia Augusta, (proseguimento della via consolare Aurelia) ed intitolata probabilmente a Caio Matutio, che intorno all'oppidum primitivo, rilevato nelle vicinanze dell'attuale Casinò, costruì una sontuosa villa, attorno alla quale crebbe l'abitato detto Villa Matutia. Un'altra interpretazione fa riferimento alla divinità romana Mater Matuta, dea dell'Aurora, mutato quindi in Matutia e quindi Villa Matutiæ.
Quale che ne sia l'origine, tuttavia è certo che, dopo la conversione della popolazione al Cristianesimo da parte del beato Ormisda, del diacono Siro[9] (poi Vescovo di Genova) e del Vescovo San Romolo[10] (poi eremita), nel IX secolo la città fu oggetto di attacchi continui da parte di pirati saraceni, che costrinsero la popolazione a rifugiarsi sui monti. Passato tale periodo di devastazioni, il borgo primitivo venne rifondato sulla costa, nell'attuale zona di San Siro e della Pigna (così detta per la forma "ad avvolgimento" con cui venne costruita per motivi difensivi), circondato da mura e difeso da un castello, e quindi dedicato a San Romolo. Risale infatti al 979 un documento in cui alcune famiglie chiedono al vescovo Teodolfo un appezzamento di terreno a basso costo di affitto[11], che prese il nome di castrum Sancti Romuli, dedicato al vescovo che "ormai considerato santo e venerato dalla popolazione che nella sua tomba prega ed invoca la protezione divina contro i nemici, che continuavano a saccheggiare e ad uccidere"[12].
La città appartenne prima alla diocesi di Albenga, quindi ai conti di Ventimiglia, ed infine passò sotto il controllo dei vescovi di Genova. Nel 1170 la città prese parte ad una battaglia marittima, accanto alla Repubblica di Genova, contro la Repubblica di Pisa, con una galea costruita con il legno ricavato dai boschi circostanti l'attuale frazione di San Romolo.
Nel 1297 Sanremo venne venduta alle famiglie nobili genovesi di Oberto Doria e Giorgio De Mari, che modificarono l'amministrazione cittadina e lo statuto comunale[13]; nel 1361 passò sotto la Repubblica di Genova, fin quando nel 1367 la popolazione fece una colletta per riscattarsi e diventare libero comune, sempre sotto la protezione di Genova, ma con proprio statuto.
La città, a partire dal Medioevo, fece della navigazione marittima un suo punto d'orgoglio. In particolare, visto che il clima era particolarmente mite, ed era fiorente la coltivazione degli agrumi, veniva effettuato il commercio di tali frutti quasi esclusivamente via mare, poiché le strade erano all'epoca alquanto disastrate e pericolose. A conferma dell'abilità marinara, un vecchio detto provenzale diceva che Li gens de San Rëmu navigou san remu (la gente di Sanremo naviga senza usare i remi), in quanto esperta nell'uso delle vele. Gli annali di Sanremo riportano infatti, a partire dal 1435, un costante ampliamento e ammodernamento del porto, di cui all'epoca si diceva "non vi è spiaggia in tutto il dominio della Serenissima più numerosa di barche... come di gente marinara".
Il XVI secolo è per Sanremo, e tutta la Riviera e la Costa Azzurra, il periodo delle incursioni saracene (tra cui quelle del corsaro barbaresco Barbarossa, che nel 1544 saccheggiò la città e depredò la chiesa di San Siro), che avrebbero afflitto la zona per più di cento anni. In quel periodo, inoltre, la lotta tra Francia e Spagna, ossia tra Francesco I e Carlo V, portò la Francia ad allearsi con i Turchi, e la cosa sfociò in ulteriori sconquassi (e va ricordato che nel 1538 Sanremo ospitò il Papa Paolo III che si recava in Francia per tentare di mediare).
La battaglia della Parà è uno dei momenti gloriosi della storia cittadina nella lotta ai barbareschi. Le date in merito sono discordanti, cosa dovuta anche alla poca disponibilità di documenti; tuttavia le ricerche di Giuseppe Ferrari hanno consentito di fare chiarezza. Nel 1543, con la ripresa delle ostilità tra Francia e Spagna, Nizza si apprestava a venire assediata dalla flotta turca. In quel periodo era podestà di Sanremo il genovese Luca Spinola, futuro doge, che decise di inviare degli osservatori per controllare i movimenti della flotta nemica, la quale il 5 agosto, lasciata la base e unitasi a quella francese ancorata a Marsiglia, aveva raggiunto Nizza. Il 6 agosto fallivano le speranze di un accordo diplomatico, poiché i nizzardi si rifiutarono di arrendersi ai Turchi. In attesa di sferrare l'attacco, nella notte, un gruppo di circa 13 galeoni di appoggio alla flotta del sultano Solimano II, al comando del corsaro Barbarossa (probabilmente di origine algerina) non rinunciarono alla loro indole piratesca e mossero alla volta di Sanremo, sperando di cogliere, all'alba, gli abitanti ancora nel sonno. La città, però, si era preparata e poteva contare su un pari numero di uomini validi ed armati. I saraceni cercarono prima di saccheggiare la città, ma dopo uno scontro molto duro non vi riuscirono e finsero di abbandonarla. Sbarcarono, tuttavia, nei pressi dell'allora borgo di San Martino, ma nonostante l'espediente, trovarono gli abitanti ad aspettarli, al comando del podestà Spinola. La battaglia, allora, si spostò nei pressi di un colle ai piedi del quale, molto più avanti, sarebbe sorta Verezzo. La lotta fu molto aspra, con grandi perdite da entrambe le parti, ma dopo ore di combattimenti gli invasori furono rigettati indietro e costretti ad imbarcarsi in tutta fretta sulle loro navi.
A ricordo dell'avvenimento glorioso, il colle venne ribattezzato Parà, ossia parata, poiché era stata parata la mossa audace del corsaro. Ancora oggi, nella campagna di Verezzo, una croce segna il punto in cui si svolse la vittoriosa battaglia contro i pirati barbareschi. Nell'Archivio di stato di Genova, inoltre, è ancora presente la lettera con cui Luca Spinola informa il governo della Superba dell'accaduto.[14][15][16]
Per quasi due secoli rimase sotto il protettorato genovese. Nel 1748, con la fine della Guerra di Successione austriaca (durante la quale Genova si era alleata con i francesi e gli spagnoli, causando il bombardamento inglese di Sanremo nel 1745) la presenza asburgica in Italia si era alquanto assottigliata. I rapporti tra l'Austria e la Repubblica genovese non erano mai stati buoni, e la Superba pensò di sfruttare la situazione a suo vantaggio, assicurandosi definitivamente il dominio su Sanremo, che, sebbene godesse dello statuto di comune convenzionato, rappresentava tuttavia una spina nel fianco per la Repubblica, sia per la concorrenza dei traffici portuali, che per le continue rivolte. Sanremo, infatti, si considerava sabauda.
Il pretesto per attuare il progetto fu l'invio, l'anno successivo, del nuovo commissario, Gio Batta Raggio, incaricato di distaccare Coldirodi da Sanremo, nell'ottica di una più equa ripartizione delle spese della guerra appena conclusa. In realtà, Genova voleva rafforzare la sua presenza nel ponente, preoccupata da diverse infiltrazione sabaude, come Finale e Seborga. Va aggiunto, inoltre, che tra Sanremo e Coldirodi vi erano sempre state incomprensioni ed angherie reciproche.
Nel 1752, i collantini presentarono una formale richiesta di distacco da Sanremo, giustificandola con gli eccessivi soprusi subiti nel passato, tra cui l'obbligo di pagare gabelle senza benefici e il non aver mai ottenuto una rappresentanza nel parlamento locale. Il 1º febbraio 1753, così, Genova stabilì che da quel momento Coldirodi, al tempo La Colla, doveva ritenersi separata dalla Magnifica Comunità di Sanremo, e contemporaneamente inviava il colonnello cartografo Matteo Vinzoni per tracciare i nuovi confini tra i due comuni. Egli, il 6 giugno, chiese la collaborazione di due deputati per stabilire i nuovi termini, ma il Consiglio rispose che la scelta andava fatta dall'intero Parlamento, ma mentre era in corso la seduta convocata dal commissario, un gruppo di cittadini invase la sala chiedendo che fosse convocato il Parlamento. Seguirono momenti concitati, e l'intervento di un gran numero di soldati ed un colpo di archibugio sparato dal palazzo del commissario costituirono il segnale della rivolta. La folla disarmò i soldati e imprigionò il commissario Doria, assieme alla sua famiglia, e Vinzoni.
Poco dopo venne fatto suonare solennemente il campanone di San Siro per chiamare a raccolta la popolazione, che si radunava gridando gioiosamente "Viva San Romolo" e "Viva Savoia" e veniva convocato il Parlamento, che il giorno successivo decideva di presentare una solenne petizione di annessione al Regno di Sardegna direttamente al re Carlo Emanuele III, e, al contempo, intimò a Vinzoni di rinunciare al proprio incarico, pena la morte. La città, inoltre, cominciò a prepararsi all'inevitabile scontro, per cui si apprestarono armi e difese, e si nominò in magistrato di guerra. La cosa, tuttavia, non prese il verso giusto e sin dall'inizio non diede i risultati sperati: la delegazione sanremese non venne neppure ricevuta dal re di Sardegna ed inoltre i comuni di Ventimiglia, Bordighera, Taggia, Porto Maurizio e Ceriana si dissociarono subito dalla sollevazione. Genova, intanto, aveva cominciato ad arrestare tutti i cittadini sanremesi presenti nei vari comuni della repubblica, e bloccato tutte le navi nei porti convenzionati. La mattina del 13 giugno giunsero con tre galee e varie navi minori, ben 1027 soldati al comando del generale Agostino Pinelli, che chiese la liberazione del commissario e del cartografo. Ottenuto un secco rifiuto, diede ordine di sparare sulla città. Il bombardamento proseguì per tutta la giornata, compresa la notte, e parte del giorno successivo, in cui cominciò anche lo sbarco delle truppe, in diverse zone, tra Capo Nero, la Pietra Lunga e la Foce. Lo scontro si spostò verso la città vecchia, dove i sanremesi, dalla Porta dei Cappuccini, risposero ai bombardamenti cannoneggiando a loro volta e uccidendo 2 soldati e ferendone altri 14.
In seguito, i matuziani preferirono ritirarsi nella città vecchia, per meglio concentrare le forze, lasciando così le posizioni meno importanti in mano ai genovesi. Nel frattempo, i fucilieri della repubblica erano riusciti ad occupare il convento dei nicoliti (ossia l'attuale cottolengo) e pertanto avevano conquistato la parte alta della città senza praticamente sparare un colpo. A questo punto, il generale Pinelli, visto che la situazione gli era ormai diventata favorevole, decise, molto astutamente, di proporre un accordo alla cittadinanza, avvalendosi dell'aiuto dei padri Balbi e Curlo: se i rivoltosi si fossero arresi e avessero liberato i prigionieri, sarebbero stati graziati dalla repubblica e lui stesso si sarebbe adoperato per mitigare il castigo; in caso contrario, invece, le ostilità sarebbero continuate "fino all'ultimo sterminio". I sanremesi, ormai stanchi e disorganizzati, decisero di accettare in maniera troppo affrettata, e così Pinelli poté entrare in città senza alcuna difficoltà. Dopo due giorni di relativa tranquillità, nella notte, il generale Pinelli cominciò a non rispettare i patti, facendo arrestare molte persone coinvolte nella sollevazione. Gli imprigionati furono talmente tanti che fu necessario incarcerarne molti nel palazzo Borea, divenuto, nel frattempo, quartier generale dei genovesi.
Il 16 giugno fu convocato il Consiglio e Pinelli ordinò che in due ore fosse pagata la somma altissima di 80'000 lire come risarcimento dei danni. Siccome la popolazione non riuscì a racimolarla in tempo, il generale prese in ostaggio i consiglieri e dilazionò il pagamento in due giorni, ma, come ebbe la somma, ordinò che gli fossero consegnate altre 100'000 lire nei successivi otto giorni. I sanremesi, terrorizzati, non riuscirono comunque a riunire l'intero ammontare, per cui una parte fu pagata sotto forma di barili d'olio, che, prontamente, furono spediti a Genova. Pinelli, poi, continuò la sua opera da tiranno. Abolì gli Statuti e tutti i privilegi che, nel tempo, erano stati accordati alla città, ordinò il saccheggio delle frazioni di Verezzo e Poggio, decise di calare a terra il campanone di San Siro, che aveva dato l'avvio alla rivolta, inviandolo a Genova assieme agli archivi della città, e, in aggiunta, fece mozzare la torre campanaria, stabilendo che, all'interno della chiesa, al posto della cattedra vescovile fosse sistemata quella del rappresentante della Repubblica. Fu una vera e propria ondata di terrore, che non risparmiò da razzie neppure le chiese della città, che vennero spogliate di qualsiasi oggetto di valore. Le persone arrestate, inoltre, furono rapidamente processate: quattro di essi furono impiccate (e condannate all'esposizione post mortem della testa), qualcuno venne esiliato, ed altri condannati a 10 anni di reclusione, oppure a pubbliche pene corporali. Di conseguenza, i cittadini che potevano fuggirono in città vicine, come Pigna, Apricale e Seborga, sotto la protezione del Re di Sardegna.
La notizia di quanto stava avvenendo, per fortuna, si sparse rapidamente in tutta Europa, e si mosse in difesa di Sanremo addirittura l'Impero Asburgico. Poco dopo, allora, il 4 settembre, Genova emetteva un indulto generale, dal quale, tuttavia, rimanevano esclusi i 14 principali artefici della rivolta. Di essi, qualcuno morì in carcere, mentre altri restarono condannati all'esilio a vita; furono duemila gli esuli, tra i condannati e quelli spinti dalla paura. Gli atti di Pinelli furono però denunciati al Senato genovese, che aprì un'inchiesta. Saltarono, così, alla luce tutte le nefandezze da lui compiute, e di conseguenza, il 12 ottobre, dopo essersi scusato e giustificato, fu costretto al congedo.
Lo sostituì Francesco Maria Sauli, ma, purtroppo, la situazione non migliorò, poiché la delegazione sanremese a Vienna si adoperò per ottenere la protezione imperiale e l'annessione al Regno di Sardegna. La notizia giunse al commissario genovese, che ordinò una nuova ondata di arresti e violenze, causando nuove fughe dei cittadini impauriti. Alla fine di novembre, la città era ormai popolata solo da donne, vecchi, e bambini. Genova, così, decise di emettere un nuovo indulto il 4 marzo 1754, ma nonostante tutto gli esuli non tornavano. La situazione, inoltre, si arenò, poiché Vienna prese delle posizioni formali contro Genova, ma parendo quasi impossibile un intervento armato imperiale, la Repubblica continuava nella sua opera. Sauli, così, pubblicò il nuovo regolamento economico della città, in cui, ovviamente, le tasse erano aumentate appositamente per tenere oppressa la popolazione. L'ultimo atto del commissario fu l'approvazione del progetto di costruzione del forte di Santa Tecla (che assunse nel tempo varie destinazioni, e fu carcere fino al 1997), in modo che si potesse "tenere a dovere" i sanremesi. La posa della prima pietra avvenne il 6 luglio 1755, ed in un anno si conclusero i lavori. Vinzoni, poi, fu incaricato di terminare l'opera di separazione della Colla ed il catasto venne aggiornato.
Contemporaneamente, la delegazione sanremese a Vienna proseguiva la sua opera, e Maria Teresa si pose come intermediaria con Genova. La Repubblica, così, concesse il perdono agli esuli, restituì molti beni confiscati, scontò dalle tasse annue 30'000 lire e restituì una campana (ma quella originaria di San Siro è ancora nella cattedrale di San Lorenzo a Genova). La città, però, rimase abbandonata a se stessa, e l'unica cosa positiva fu la ricostruzione del porto, abbandonato dai tempi di Pinelli, i cui lavori terminarono nel 1786. La dominazione genovese sarebbe cessata solo nel 1815, quando, con la Restaurazione, tutta la Liguria venne annessa al tanto sospirato Regno di Sardegna.[14][15]
Le truppe napoleoniche, nel 1794, occuparono la città che divenne capoluogo del Dipartimento delle Palme.
Dopo la restaurazione dei Savoia (1814) venne annessa al Regno di Sardegna. La decadenza cittadina aveva portato scarse condizioni igieniche, che culminarono in una grave epidemia di colera nel 1837: è di questo periodo la costruzione di un nuovo cimitero suburbano e l'allestimento di un lavatoio pubblico[17].
Da quegli anni la città iniziò a crescere dal punto di vista turistico: nel 1864 la zarina Maria Aleksandrovna per prima scelse Sanremo per "svernare", aprendo la strada al turismo elitario della nobiltà russa, attratto dal clima mite e dalla bellezza dei luoghi. Anche l'Imperatrice Elisabetta di Baviera (Sissi, Imperatrice d'Austria) tra i suoi numerosi e lunghi viaggi per l'Europa (1870-1890) si recò diverse volte a Sanremo.
In quel periodo vennero edificati mirabili edifici e ville, principalmente in stile liberty, per l'aristocrazia europea che divenne semi-stanziale nella cittadina. Sempre a fine '800 la cittadina vide il passaggio dall'agricoltura basata sugli agrumeti, molto fiorente, alla floricoltura.
All'inizio del '900 cominciarono a sorgere le strutture di intrattenimento più qualificate per l'esigente élite della Belle époque: il Casinò, il campo golf, la funivia Sanremo-Monte Bignone, all'epoca la più lunga del mondo, l'ippodromo, lo stadio, eccetera. Al termine della prima guerra mondiale Sanremo venne scelta per la Conferenza Internazionale degli Stretti, con cui venne discussa, tra gli Alleati, la redistribuzione delle terre dell'ex Impero Ottomano, tra cui la Palestina (assegnata alla Gran Bretagna), la Siria, Cilicia e Libano (alla Francia).
Intorno agli trenta si ebbe la massima espansione turistica della cittadina: la città continuò ad incrementare le proprie strutture ricettive da un lato, e l'economia basata sulla floricoltura dall'altro. Con l'approssimarsi della Seconda guerra mondiale iniziò un lento declino del turismo elitario, e con la fine del conflitto la città vide l'incremento del nuovo turismo di massa, e conseguentemente vennero spostati i periodi di soggiorno dall'inverno all'estate. Questa enorme crescita economica, e le grandi opportunità di lavoro nella floricoltura, attirarono soprattutto dall'Abruzzo tantissimi lavoratori, che di fatto contribuirono in maniera notevole ad accrescere la città.
Con l'istituzione, inoltre, del Festival della canzone italiana, Sanremo acquistò ancora di più un ruolo nell'immaginario collettivo di cittadina frequentata da personaggi famosi, e come tale vide il turismo incrementare in modo notevole. Pertanto le attività ludiche e ricreative per il nuovo tipo di esigenze crebbero di pari passo con la speculazione edilizia degli anni sessanta e settanta, che apportò una trasformazione tutt'altro che positiva in molte parti della città: la cementificazione selvaggia impedì di fatto uno sviluppo armonico del centro urbano, divenuto nel frattempo sempre più popoloso e caotico.
La nascita del nuovo porto turistico, Portosole, alla fine degli anni settanta, consolidò il ruolo turistico della città, sempre più fulcro dell'economia cittadina. Da allora prese inizio, complice una diversa sensibilità ambientale generalizzata, una riqualificazione delle aree meno curate della città, ed un nuovo piano regolatore pose un freno alla cementificazione selvaggia.
Attualmente la città sta attraversando un periodo di riqualificazione generalizzata, nel tentativo di contribuire in qualche modo a contrastare una lenta decrescita del turismo iniziata alla metà degli anni novanta e rilanciare la città non solo per una fruizione del turismo "mordi e fuggi", ma anche da un punto di vista culturale, storico, paesaggistico.
La toponomastica ha previsto, nel passato, due versioni: Sanremo e San Remo, che per molto tempo sono convissute pacificamente (pur creando qualche problema), benché l’amministrazione tendesse ad usare la versione unita. L'etimologia ufficiale, di conseguenza, era controversa ed a lungo è stata oggetto di disquisizioni che sfociarono in una vera e propria questione, cui si interessarono sia insigni studiosi come Girolamo Rossi, che cittadini benemeriti come Carlo Alberto. Anticamente, la città era conosciuta come Civitas Matuciana, ma con l'avvento del Medioevo, in seguito alla morte di San Romolo (un vescovo di Genova vissuto intorno al IX secolo, che trascorse buona parte della sua vita nei boschi di Sanremo, e che morì da eremita alle pendici del vicino Monte Bignone), i cittadini vollero onorarlo dedicandogli il nome della città, che così assunse il nome di Civitas Sancti Romuli. Per quanto riguarda la seconda trasformazione, ossia da “San Romolo” a “Sanremo”, furono, allora, elaborate due tesi. La prima afferma che il passaggio da "Romolo" a "Remo" avvenne in seguito alla morte di San Romolo: poiché nel Medioevo le tombe dei santi erano grandemente visitate, il "Sanctum Heremum" in seguito alle modifiche della lingua, col tempo, sarebbe diventato "Santo Eremo" e quindi "San Remo". Questa interpretazione, in passato molto accettata, presenta, tuttavia, una falla, poiché in nessun documento ufficiale si parla di "Santo Eremo", e non spiegherebbe neppure perché alla città sia rimasta la denominazione di "Santo Eremo", mentre all'eremo vero e proprio quello di "San Romolo". La seconda tesi, oggi universalmente accettata, sostiene che la trasformazione del nome da "Romolo" a "Remo" avvenne a causa della fonetica dialettale, ossia per la cadenza tipica del ponente ligure di rendere la "o latina" in "ö". Di conseguenza, la dizione dialettale di "Romolo", ossia "Romu", sarebbe stata pronunciata come "Rœmu" e quindi traslata, col tempo, in "Remu", ossia "Remo". Questa tesi è, inoltre, suffragata dai documenti storici: negli archivi, infatti, è possibile trovare documenti, in un lasso di tempo compreso fra il '300 ed il '600, in cui i nomi Civitas Sancti Romuli e Civitas Sancti Remuli compaiono in pari frequenza, ed anzi in alcuni si trovano entrambi nello stesso atto; per esempio in un rogito del 1359 compare Civitas Sancti Romuli e poco dopo l’aggettivo Remoretus, mentre in un atto della Repubblica di Genova del 1681 possiamo trovare sia Civitas Sancti Romuli che Magnifica Comunità di San Remo. La questione dell’etimologia si incentrò anche sulla corretta grafia, e forse è più su questo punto che si scatenò una vera e propria battaglia, soprattutto dall’epoca fascista. L'esempio migliore sull'incertezza che vi era al tempo è dato dalla "Storia della Città di Sanremo" di Girolamo Rossi: egli, infatti, in copertina scrive "Sanremo", ma all'interno del testo compare la versione staccata con maggiore frequenza. In passato, come già detto, le due versioni convivevano abbastanza pacificamente, ma dalla fine degli anni venti, tuttavia, l'Istat si prodigò affinché il nome venisse scritto nella forma staccata "San Remo", per uniformare il nome della nostra città a quello delle altre località il cui nome è riferito ad un santo, ed anche perché in molte cartine del passato compariva la forma staccata.
Consultando i documenti dell'Archivio comunale si può notare come in data 2 settembre 1937 il podestà di allora, Giovanni Guidi, veniva informato che l'Istituto Centrale di Statistica aveva elencato il Comune col nome staccato (San Remo), in accordo il Regio Decreto 20 marzo 1928, n. 453, pubblicato nella stessa data nella Gazzetta Ufficiale, in cui era stato disposto che il nome ufficiale esatto fosse 'San Remo', ma in difformità con quanto sino a quel momento effettuato da parte dell'Amministrazione Comunale. Lo stesso Istat, inoltre, interveniva direttamente l'8 febbraio 1938 per richiamare il Comune all'osservanza della disposizione. Tuttavia, all'invito ad adeguarsi del prefetto, il podestà rispondeva: "Insistiamo perché venga modificato il nome in Sanremo". L'8 agosto 1940 il presidente dell'Istituto centrale di Statistica richiamava nuovamente il Comune scrivendo: "... codesto comune dovrà modificare secondo il nome seguito da questo Istituto [San Remo, ndr] l'intestazione della carta ufficiale nonché i timbri in uso presso gli uffici comunali", e chiedeva venisse fornita per iscritto l’"assicurazione di adempimento". Il 30 agosto 1940 il podestà emanava, pertanto, la seguente ordinanza (prot. n. 15411): "Vi prego di disporre perché d'ora in poi negli stampati il nome del Comune venga scritto San Remo anziché Sanremo". Il secondo conflitto mondiale bloccò la questione, ed il nome della città continuò ad essere usato unito, ma nell’immediato dopoguerra la questione si riaccese, e di conseguenza il sindaco, con ordine di servizio in data 24 marzo 1954, prot. n. 89/6, trasmetteva a tutti gli uffici la seguente lettera: "Si porta a conoscenza delle SS.LL. che l'esatta grafia del nome della nostra città è la seguente: San Remo. Tanto si comunica per opportuna conoscenza e norma con preghiera di volerne rendere edotto il personale dipendente, affinché tanto negli stampati che sulle comunicazioni venga adoperata la esatta onomastica". Questo ordine di servizio non è mai stato applicato dagli organi comunali: nonostante, infatti, tale "decisione" ufficiale del Comune, il nome di San Remo ha continuato ad essere rifiutato a livello locale, dove era utilizzata principalmente l'altra versione, come, ad esempio, nelle indicazioni stradali, ferroviarie, turistiche, e praticamente ovunque nella documentazione del Comune, della Provincia e spesso della regione; anche le cartoline per le consultazioni elettorali hanno sempre riportato il nome Sanremo. Nella documentazione prodotta a livello centrale, proveniente dalla Gazzetta Ufficiale, dall'Anagrafe tributaria e dai documenti dell'Istituto di Statistica, tuttavia, ha continuato ad essere mantenuta la forma 'San Remo'. Grazie alla disputa, però, si giunse a dimostrare come sia più corretta la versione attaccata.
Un primo motivo è che nella cristianità non esiste un santo di nome Remo (cui eventualmente riferirsi). Il secondo è che contrariamente agli altri dialetti gallo-italici, il sanremasco conserva le atone finali, salvo dopo la "r" e la "n": "ö" e "ü" si fondono in "ü", mentre nella lingua italiana in "ö"; per chiarire con un esempio: uomo (latino homo) diventa omu, mentre orto (latino hortus) diventa ortu; a questo, inoltre, si aggiunge la spiccata tendenza a ridurre in dittongo due o più vocali che vengano a trovarsi vicine per la caduta delle consonanti (ad esempio laurà e lavurà che vogliono entrambi significare lavorare). Ecco, quindi, che "Rœmu", "Romolo", sarebbe diventato "Remu" a causa del dialetto, e quindi, trascritto male, divenne "Remu", ossia "Remo". Solo in seguito all'approvazione dello Statuto[16], seguito a varie Deliberazioni Consiliari tenutesi tra il 1991 ed il 2002, si sancì definitivamente che la denominazione ufficiale della Città fosse nella forma monoverbo 'Sanremo'.[14][15][16][18][19]
« Di rosso, all'albero di palma, al naturale, posto a destra dello scudo e terrazzato di verde, avente a sinistra un leone con corona marchionale d'oro » |
(Descrizione araldica dello stemma[20]) |
« Drappo di stoffa azzurra, di foggia regolamentare, caricato dello stemma civico, sormontato dall'iscrizione centrata in argento: "CITTA' DI SANREMO" » |
(Descrizione araldica del gonfalone[20]) |
Lo stemma ufficiale è stato approvato con l'apposito reale decreto del re Vittorio Emanuele III di Savoia datato al 17 dicembre del 1928[20]; il gonfalone è stato invece concesso il 25 ottobre del 1928[20].
La città offre diversi mirabili esempi di eterogenee architetture, che spaziano dal barocco allo stile liberty, dal romanico al neoclassico.
Lo stesso argomento in dettaglio: Villa Matutia e Villa romana di Bussana. |
Via Giacomo Matteotti detta "La Vasca" è l'arteria principale e più chic di Sanremo, quella dove si concentra maggiormente lo shopping internazionale, alimentato in particolare da sceicchi arabi e oligarchi russi, oltre che francesi vista la vicinanza al confine e la relativa vicinanza a Monaco.
Tracciata a metà Ottocento come Strada Nuova, venne poi dedicata al re Vittorio Emanuele II e per un breve periodo dal 1943 al 1945 a Ettore Muti, il segretario del Partito Nazionale Fascista ucciso a Roma. Infine, nel dopoguerra, fu intitolata a Giacomo Matteotti, il deputato del Partito Socialista Unitario ucciso nel 1924 dai fascisti.
Era soprannominata Via Vittorio dai sanremaschi e, tutt'oggi, non è difficile incontrare alcuni anziani che la chiamano ancora Via Vittorio.
Via Matteotti è la concentrazione di ogni aspetto commerciale della città, non solo con boutiques esclusive di importanti griffe, ma anche con ristoranti soprattutto nelle piccole traverse della via principale. Numerosi sono anche i bar e le caffetterie con gelati di produzione artigianale.
Questa lunga via pedonalizzata accoglie due cinema, tra cui il famoso Teatro Ariston (dove si svolgono ogni anno il Festival della canzone italiana ed il Premio Tenco], lo storico Palazzo Borea d'Olmo, dove è ospitato il museo civico locale, e in via Carli, una delle sue piccole traverse, la Biblioteca Corradi di Sanremo ritrovo di studenti e intellettuali. Inoltre si trova in Via Matteotti anche il Casinò Municipale, anche se amministrativamente appartiene a Corso degli Inglesi, dato che vi trova pochi metri dopo l'incrocio tra le due vie. Durante il Festival di Sanremo 2013, è stata inaugurata, all'incrocio tra Via Matteotti e Via Escoffier, una statua in onore a Mike Bongiorno, in onore dei festival presentati dallo stesso (superato solo da Pippo Baudo per numero di Festival presentati).
Dal luglio 2010 il primo tratto, tra il Teatro Ariston - sede del Festival della Canzone Italiana- e via Feraldi, è isola pedonale grazie all'approvazione dei lavori compiuta dall'amministrazione Borea, che nel 2008, nonostante una forte opposizione in Consiglio Comunale e tra i commercianti della zona, ne approva la pedonalizzazione. Dal febbraio 2011 anche il secondo tratto di Via Matteotti, fino al Casinò, è diventata isola pedonale e sono in corso i lavori per adeguare il sedime e uniformarlo a quello del primo tratto.
Il primo tratto è pavimentato in pietra, con al centro una serie continua di grate di scolo in ottone, intermezzate da pannelli in ottone con impresso i nomi degli artisti (e relative canzoni) che hanno vinto i Festival di Sanremo fino all'anno 2014.