Cassino (IPA: ['kas'sino][2]) è un comune italiano di 35 932 abitanti[1] della provincia di Frosinone nel Lazio.
Seconda città della provincia per numero di abitanti, fu per secoli il centro amministrativo della Terra di San Benedetto. Si sviluppa ai piedi del colle su cui sorge la celebre abbazia di Montecassino, in un luogo storicamente strategico per le comunicazioni tra il centro e il sud d'Italia.
Pressoché totalmente distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e per questo nota anche come la Città Martire, è stata ricostruita nel dopoguerra. Vi ha sede l'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.
La città di Cassino è posta nella parte meridionale del Lazio, nella parte settentrionale della regione storica della Terra di Lavoro. Il centro è collocato alla base del colle chiamato Montecassino, che si eleva fino a 520 m s.l.m., che si distacca dal Monte Cairo, nella pianura racchiusa dai fiumi Liri e Rapido. La collina è costituita da materiale geologico compatto, che non trattiene le acque atmosferiche, che quindi fluiscono in buona parte nella valle dando origine alle sorgenti del fiume Gari che attraversa la città e che, dopo circa un chilometro, nei pressi delle cosiddette Terme varroniane, si congiunge con il Rapido. Poco lontano dal centro cittadino, nel paese di Sant'Apollinare in località Giunture il Gari si versa nel Liri che diventa così il fiume Garigliano; a causa di questa abbondanza di acque, nella piana in passato si trovavano aree paludose. Notevole è l'importanza della collocazione: Cassino si trova nel luogo dove si restringe la valle del Liri, ben collegata al golfo di Gaeta e al Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, da sempre attraversata da importanti strade congiungenti Roma con Napoli e il resto del Sud Italia.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Cassino. |
I primi insediamenti sono sorti nelle caverne della collina, perché nella vallata vi era un bacino lacustre. Sono stati rinvenuti reperti che attestano la presenza umana risalenti al Neolitico; nell'Età del ferro si dovrebbe essere formato uno stanziamento attestato dalla presenza di una necropoli.
La città era collocata al confine fra i territori dei Volsci, sotto cui sarebbe sorta, e quello dei Sanniti. Quando i romani nel 313 a.C. presero il controllo dell'area, fondarono una colonia, Interamna Succasina (o Lirenas), che controllava parte del territorio di Aquino e Cassino. Annibale transitò nell'area durante la seconda guerra punica, ma Casinum rimase fedele a Roma.
In epoca romana l'abitato era collocato presso l'attuale frazione Crocefisso ed era attraversato dall'antica via Latina.[3] Era fortificato da circa 4 km di mura ed era ricco di monumenti, essendo la città agiata. A Casinum eresse una sua villa Marco Terenzio Varrone.
Fu prima municipium, poi colonia ed infine praefectura a testimonianza del progressivo inserimento nell'ordinamento dell'Urbs. Oltre al passaggio della via Latina, nel territorio di Casinum nasceva una via verso la Val di Comino, l'Abruzzo, Sora e che infine giungeva a Roma. La città era attorniata da pagi; uno di questi nei secoli è divenuto l'attuale località Sant'Angelo in Theodice.
Le origini del nome |
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Secondo alcuni studiosi, il toponimo deriva dalla parola sabina cascum, dal significato di "antico", ad indicare la remota origine dell'insediamento. La città, in epoca romana, viene chiamata Casinum. A causa delle vicende medioevali, non mantenne sempre lo stesso nome: divenne prima Castellum Sancti Petri; poi Eulogimenopoli, ovvero "Città di San Benedetto"; infine San Germano, originato dalla presenza nella chiesa di S.Germano di reliquie del Santo Vescovo di Capua, venerato dai fedeli. Con l'Unità d'Italia e con atto del 1863, la città prese il nome definitivo di CASSINO, la romana "Casinum". |
Apollo era la divinità più venerata, il cui tempio era posto su Montecassino, l'acropoli della città. Tale complesso sorgeva dove oggi è l'Abbazia; aveva anche funzione militare: era difeso da una doppia cinta muraria che oggi possiamo ancora ammirare in parte; venne costruita con pesanti pietre sagomate per tenersi insieme a secco e si congiungeva alle fortificazioni cittadine. Tra le altre divinità venerate v'era Deluentinus, dio locale delle acque.
La città era servita da un acquedotto; il foro, secondo il Carettoni, era collocato esternamente alle mura perché vi si effettuava il mercato dei bovini. Recenti studi propendono, invece, per identificare l'area forense all'interno delle mura urbiche nelle vicinanze del teatro e della cosiddetta porta Campana. Sulle rive del Gari vi erano la Villa di Varrone e le terme, ritratti nel Cinquecento dal Sangallo, ma oggi molto danneggiati. Ci sono giunti, e si possono ammirare in località Crocefisso, l'anfiteatro, edificato su di un declivio naturale, ed il teatro; la Chiesa dedicata al Crocefisso è costruita in quello che fu il cosiddetto sepolcro di Ummidia Quadratilla. Costei, figlia del console Ummidio Durmio Quadrato, apparteneva ad una delle famiglie più importanti della città; viene descritta da Plinio il Giovane come una donna ricchissima dal carattere mascolino e di fisico massiccio; donò alla città un tempio ed un anfiteatro.
Nell'area di Cassino esisteva un'associazione dei produttori di olio: l'olio della zona era famoso tanto da essere citato da Macrobio. La qualità della produzione agricola del territorio è sottolineata anche da Catone. Molto importante era anche l'allevamento di bestiame e la produzione di ceste e funi, data l'abbondanza di materia prima di questi prodotti nei pressi di zone ricche di acque.
La leggenda vuole che San Pietro apostolo in persona, transitando per queste terre per raggiungere Roma, predicò per primo il Cristianesimo ai Cassinesi. Quel che è certo che a Cassino vi fu un'antica comunità di Cristiani, come testimoniano molti martiri.
Nell'Alto Medioevo, varie incursioni barbariche danneggiarono profondamente Casinum che fu totalmente distrutta dai Longobardi guidati da Zotone.
Non sappiamo molto al riguardo dei primi secoli successivi alla caduta dell'Impero romano per l'esiguità delle fonti scritte; Papa Gregorio Magno ci ha tramandato la venuta di San Benedetto fra le rovine dell'acropoli di Casinum. Montecassino fu scelto da San Benedetto da Norcia come luogo per il suo primo convento, luogo di nascita dell'Ordine Benedettino, circa nel 529 d.C.
Come spesso è accaduto per le prime istituzioni cristiane, l'Abbazia di Montecassino fu costruita su un precedente luogo di culto pagano, l'acropoli fortificata. Cassino all'epoca era una città ancora prevalentemente pagana e da poco aveva subito le devastazioni dei Goti. San Benedetto distrusse l'effigie di Apollo e gli altari pagani, quindi santificò il luogo a San Giovanni battista. San Benedetto da allora non lasciò mai più Monte Cassino. Qui scrisse la Regola Benedettina che divenne il principio fondatore per il monachesimo occidentale. Qui ricevette in visita Totila, re dell'Ostrogoti, nel 580 (l'unica data storica conosciuta con certezza della vita di Benedetto) e qui lui morì.
L'Abbazia di Monte Cassino divenne un modello per il monachesimo occidentale ed uno dei maggiori centri culturali europei per tutto il Medioevo. Dalla popolazione venne eretto un villaggio chiamato Castellum Sancti Petri per via della locale chiesa; era collocato sulle rovine dell'antico foro cittadino che si trovava in pianura e non alle pendici collinari come la città precedente. Sfortunatamente a causa della sua collocazione geografica e della sua posizione protetta, il monastero e, di conseguenza, la città rimasero in tutte le epoche coinvolti in vicende militari. Nel 584 i Longobardi saccheggiarono l'Abbazia ed i monaci sopravvissuti fuggirono a Roma, dove rimasero per più di un secolo. Durante questo tempo, le spoglie di San Benedetto furono trasferite: la maggior parte delle sue ossa oggi si troverebbe a Fleury sur Loire (detto anche St. Benoît sur Loire) vicino Orléans. Nel 718, cambiati gli equilibri politici, i monaci si poterono ristabilire a Monte Cassino; seguì un periodo florido: vi soggiornarono tra gli altri Paolo Diacono, lo storico dei Longobardi, e re in esilio come il franco Carlomanno, zio di Carlo Magno, ed il longobardo Rachis. Nel 744, da una donazione del Duca longobardo Gisulfo II di Benevento, nacque la Terra Sancti Benedicti, insieme delle proprietà abbaziali, soggette solo all'autorità dell'Abate e del Papa. Così Montecassino divenne la capitale di un territorio vasto e strategico attraverso il quale passavano le strade congiungenti il Ducato longobardo di Benevento, le città-stato bizantine della costa (Napoli, Gaeta, e Amalfi) e lo Stato della Chiesa più a Nord.
Un paio di chilometri più a valle, a nord di dove una volta c'era Casinum, vi era un piccolo monastero sulle rive del Rapido. La Chiesa del Salvatore fu eretta lì nel 797 circa per volere dell'Abate Gisulfo sulla preesistente chiesetta di San Benedetto; l'imperatore Ludovico II, nell'874, donò alla chiesa una reliquia di San Germano vescovo di Capua, amico fraterno di San Benedetto: per questa ragione divenne successivamente la cattedrale di San Germano. Sempre per effetto di quelle reliquie, tra la gente si diffuse la frase "imus ad Sanctum Germanum" per significare "andiamo a visita del Santo Germano", una visita devota alle reliquie del Santo: in questo periodo da Eulogimenopoli, nome pure difficile da dire tra la povera gente, il nome della città cominciò a trasformarsi in San Germano. La Chiesa delle Cinque Torri era eretta, ai piedi del Colle Janulo, non lontano da quella del Salvatore, ma era su di un terreno dove affiorava acqua; il pavimento della Chiesa venne rialzato tre volte, ma senza successo, per evitare il problema all'interno dell'edificio sacro; aveva un'originalissima pianta a simmetria centrale con all'interno un colonnato, con quattro torri agli angoli esterni ed una più ampia al centro.
Per motivi amministrativi e difensivi a causa delle scorrerie dei Mussulmani, l'abate Bertario fondò nuovamente la città ai piedi del Colle Janulo: nei pressi della Chiesa del Salvatore fondò Eulogimenopoli, la "Città di San Benedetto". Nell'883, i Saraceni, intenzionati ad espandersi sulla penisola italiana, saccheggiarono il territorio, distrussero la città, la Chiesa del Salvatore e l'Abbazia; fecero scempio di cose e di persone, fu ucciso lo stesso abate Bertario e monaci dovettero abbandonare per lungo tempo l'Abbazia. Alla cacciata degli invasori la città risorse. In questo periodo visse a Monte Cassino lo storico teanese Erchemperto la cui Historia Langobardorum Beneventanorum è l'opera storica fondamentale del IX secolo sul Mezzogiorno. Nell'abbazia sono conservate i quattro Placiti cassinesi, primi documenti ufficiali scritti in volgare italiano: sono quattro testimonianze giurate, registrate tra il 960 e il 963 riguardanti le proprietà terriere del monastero. La città divenne il centro amministrativo della Terra di San Benedetto in quanto qui vi alloggiavano e vi operavano gli uomini di governo guidati dall'Abate, come l'advocatus, cioè colui che amministrava la giustizia. Gli abitanti partecipavano alle lotte politico-religiose che coinvolgevano l'Abbazia, quindi la città, che prese il nuovo nome di San Germano, venne fortificata e dotata della Rocca Janula, una fortezza posta in posizione sopraelevata.
Montecassino raggiunse l'apice della sua prosperità e potere nell'XI secolo sotto l'abate Desiderio (1058 - 1087), che divenne poi Papa col nome di Vittore III. I monaci divennero più di duecento e i loro manoscritti miniati divennero i più ricercati. Gli edifici dell'Abbazia furono riedificati e accresciuti; la Terra di San Benedetto venne organizzata grazie a nuove strutture ed insediamenti. Lavorarono alla riedificazione artisti amalfitani, longobardi e bizantini. La ricostruita chiesa abbaziale fu consacrata nel 1071 da Papa Alessandro II. Qui venne redatta la Chronica monasterii cassinensis di Leone di Ostia e Amato di Monte Cassino, maggiore opera storica sui Normanni nel Sud Italia. In quel periodo a Cassino vi era anche un quartiere ebraico ed uno greco[4].
Il potere degli abati fu presto ostacolato dai Normanni che governavano il Mezzogiorno. Nel 1199, le truppe imperiali assediarono l'abbazia stanziando nella città. Molto spesso San Germano si trovò al centro di importanti vicende dei principi Svevi, che limitarono ancora di più il potere dell'Abbazia. Il 23 luglio del 1230 la città fu luogo della firma della pace tra il papa Gregorio IX e l'imperatore Federico II avvenuta nella chiesa di San Germano. Nell'anfiteatro si asserragliarono trentasei anni dopo gli uomini di Manfredi tentando di resistere all'invasore angioino.
Un grande terremoto sconvolse l'Italia centrale nel 1349 e colpì anche San Germano il 9/9/1349 alle ore 9 del mattino. L'epicentro situato nel distretto sismico di Venafro con un'intensità Mw 6.62 (X grado Mercalli), fece seguito a scosse verificatesi lo stesso giorno presso L'Aquila (Mw 6.46) e nella zona Viterbese-Umbra (Mw 5.91). San Germano posto a circa 20 km dall'epicentro ebbe rase al suolo la maggior parte delle abitazioni poste sulla valle, risparmiando, in parte, quelle addossate a Montecassino. Fu danneggiata in modo consistente l'Abbazia. Essa venne riparata nel 1366, grazie alle pressioni di Papa Urbano V che esortò tutti i benedettini a partecipare alla ricostruzione. Nel sec. XIV, da Roma si cercò di separare l'amministrazione della città dal monastero ponendovi un vescovo, ma gli abati riuscirono a mantenere le loro prerogative. Nel 1505 il convento fu congiunto con quello di Santa Giustina di Padova. Nel 1521 si ebbe una rivolta dei cittadini che saccheggiarono l'Abbazia per giorni. Nel 1527 la peste fece strage nell'intero cassinate.
Nel periodo in cui la città fece parte del Regno di Napoli non si svolsero avvenimenti notevoli nel cassinate fino alle guerre napoleoniche. Presso San Germano stanziarono le truppe del Regno di Napoli pronte ad invadere la Repubblica romana. Nel 1799 venne occupata dalle truppe di Napoleone. Anche a San Germano si stabilì una amministrazione filo-napoleonica, ma era vasto il dissenso. Al momento di ritirarsi da Napoli, le truppe francesi devastarono i territori che erano stati occupati dagli oppositori, tra cui anche la città di Cassino. Tra il 15-17 maggio 1815, inoltre, la città fu scenario del cruento scontro finale della guerra austro-napoletana, con la cosiddetta battaglia di San Germano, che si concluse con la vittoria delle truppe austriache. La città diede i natali al filosofo Antonio Labriola nel 1843.
Il consiglio comunale di San Germano stabilì il 23 maggio 1863 che la città tornasse all'antico nome italianizzato Cassino. Nello stesso anno la città fu raggiunta dalla ferrovia. Nel 1866 il nuovo Regno d'Italia assorbì i territori dei monasteri. Andò crescendo il numero di persone che si diedero al brigantaggio, tanto che si arrivò a creare un presidio dell'esercito nella città. Si iniziarono anche i lavori di bonifica per rimuovere il pericolo di inondazione e delle zone paludose. Cassino fu parte della Provincia di Terra di Lavoro, nel Circondario di Sora, fino al 1927 quando venne fondata la Provincia di Frosinone.
Il 21 maggio 1930 fu inaugurata la funivia iniziata l'anno precedente che conduceva dalla città all'Abbazia in 7 minuti coprendo un dislivello di oltre 400 m; si trattava del primo impianto del genere realizzato nel Mezzogiorno[5], nonché quello dotato di maggiore lunghezza di una campata[6]. Nel luglio 1943, durante un volo di addestramento da parte di aerei tedeschi che avevano base presso l'aeroporto di Aquino, un caccia si scontrò contro uno dei cavi della funivia provocandone il distacco e portando alla morte del pilota. L'impianto, non più ripristinato, venne in seguito bombardato assieme alla sottostante città di Cassino. La funivia non fu più ricostruita.
Le quattro battaglie di Cassino (gennaio-maggio 1944) furono tra le più importanti della seconda guerra mondiale. A Cassino, che si trovava lato Nord della cosiddetta linea Gustav, (linea che tagliava l'Italia dal Tirreno all'Adriatico, fino ad Ortona) erano attestati i tedeschi che controllavano così le vie d'accesso verso Roma; a Sud invece c'erano le truppe alleate intenzionate a risalire la penisola. Il 15 febbraio 1944 fu una delle date più nere: l'Abbazia fu rasa al suolo da un pesante bombardamento aereo. Gli alleati, credendo che la stessa Abbazia fosse una postazione strategica occupata dai tedeschi, la bombardarono, uccidendo la popolazione che vi si era rifugiata. Le opere d'arte contenute nell'Abbazia furono trasferite a Roma dai tedeschi prima del bombardamento, ma molte scomparvero nel tragitto. Esattamente un mese dopo, il 15 marzo 1944, anche la città fu letteralmente rasa al suolo dai bombardamenti. I cittadini in parte sfollati. Quando gli alleati riuscirono a sfondare si contarono 54000 perdite tra gli Alleati e 20000 tra i tedeschi.
Le immani perdite subite dagli eserciti impegnati nelle battaglie di Cassino portarono nell'immediato dopoguerra alla realizzazione di tre cimiteri di guerra sul territorio comunale: un cimitero polacco, un cimitero del Commonwealth, ed un cimitero tedesco.
La ricostruzione di Cassino fu un periodo estremamente duro, che durò praticamente fino agli anni sessanta; si sviluppò un'epidemia di malaria, ma vi fu anche grande solidarietà da parte del resto d'Italia: i bambini furono ospitati a lungo da famiglie del Nord e vi furono molte elargizioni. Cassino meritò l'appellativo di Città Martire per la pace e la Medaglia d'oro al valor militare.
Il piano di ricostruzione della città fu approvato nel 1946 e realizzato dall'architetto Giuseppe Nicolosi, in collaborazione con gli architetti Concezio Petrucci ed Antonio Gatti[7]. Dalla ricostruzione si crearono le premesse per il processo di trasformazione del sistema produttivo che, negli anni '70, da prevalentemente agricolo divenne industriale e poi terziario. Di fondamentale importanza per la rinascita di Cassino fu la costituzione, nel 1955, della Banca Popolare del Cassinate voluta dall'allora sindaco di Cassino Pier Carlo Restagno. Restagno aveva intuito la voglia di rinascita che animava la città di Cassino e aveva immaginato che una Banca Popolare, amministrata e diretta da persone del posto, poteva essere un prezioso contributo per la ricostruzione e poteva davvero animare la ripresa delle prime iniziative artigianali, commerciali ed imprenditoriali[8]. Un ulteriore elemento propulsivo fu la realizzazione nel 1962 del tratto autostradale Roma-Napoli. Con queste premesse si realizzarono negli anni a venire, importanti insediamenti industriali, come lo stabilimento della SKF e quello della Fiat con il suo indotto, i quali modificarono il tessuto sociale ed economico del cassinate. A ciò va aggiunta, inoltre, la creazione dell'Università di Cassino nel 1979.
Nel frattempo, era stata ricostruita anche l'Abbazia, riconsacrata da Papa Paolo VI il 30 ottobre 1964. Il pontefice non è stato l'ultimo a far visita alla città. Giovanni Paolo II vi si recò infatti due volte: la prima il 18 maggio 1979 per pregare sulla tomba di S. Benedetto e S. Scolastica e per far visita al sacrario militare polacco; la seconda volta l’anno successivo, il 20 settembre 1980, per una visita pastorale a Cassino e Montecassino. Il 24 maggio 2009 è stata, infine, la volta di Benedetto XVI[9].
Dagli '80 ricominciarono, inoltre, con forza le iniziative per far sì che Cassino diventasse capoluogo di una nuova provincia. Le radici storiche del comune cassinate consistenti in un profondo legame tra la città e l'antica Terra di Lavoro, infatti, hanno portato negli anni a contrastare fortemente la diffusa, ma errata equazione «Ciociaria = Provincia di Frosinone», così come l'unità etnica e folclorica della provincia frusinate imposta dalla propaganda fascista negli anni venti. L'istituzione di una Provincia di Cassino doveva, dunque, ridare un'identità propria alle popolazioni della Media e Bassa Valle del Liri-Garigliano, differente dalle radici storiche e culturali dei territori della Ciociaria. Tra il 1956 ed il 2006 sono state presentate ben dieci proposte di legge[10].
Accantonati i sogni di indipendenza dal capoluogo, oggi Cassino è uno sviluppato centro industriale e commerciale, segnato tuttavia dalle crisi cicliche del mercato dell'auto che influenzano negativamente l'economia cittadina[11][12].
Le origini delle nove stelle |
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È diffusa la convinzione che le nove stelle dello stemma rappresentino i nove comuni del Circondario di S. Germano, secondo la ripartizione territoriale operata dalle leggi napoleoniche ad inizio Ottocento. Tale convinzione tuttavia è confutata dal fatto che lo stemma era già esistente anni prima: nell'Archivio di stato di Napoli, infatti, si trovano sigilli a secco e timbri ad inchiostro raffiguranti lo stemma di Cassino, le cui date vanno dal 1745 al 1777. Bisogna, inoltre, rilevare che lo stemma con una o più stelle è presente in numerosi comuni del Cassinate: Cervaro ne ha una, Piedimonte S. Germano ne ha tre. Ciò esclude definitivamente il binomio Stella-Comune. È più plausibile, perciò, che il numero di nove stelle nello stemma di Cassino stia ad indicare semplicemente la maggiore importanza della città rispetto agli altri centri del territorio: nove, e non otto o dieci, solo per ragioni di simmetria grafica. |
Lo stemma del Comune di Cassino è composto da uno scudo con nove stelle a cinque punte disposte su tre file in campo azzurro e corona a cinque torri; lo scudo è contornato da un nastro dorato che si avvolge ai due lati a formare i "sostegni".
La corona risponde ai canoni fissati dal Regolamento tecnico araldico della Consulta araldica del 1905, dove le cinque torri indicano la dignità di "Città". L'effigie fu realizzata dallo scultore Tamagnini, che tra il 1927 ed il 1928 realizzò lo stemma in bronzo che fu apposto alla sommità di una grande lapide, dedicata ai caduti in guerra, affissa all'ingresso del palazzo comunale. Lo stemma bronzeo andò perduto nei bombardamenti che distrussero la città.