Trieste comune |
|||||
---|---|---|---|---|---|
Trieste | |||||
|
|||||
Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Friuli-Venezia Giulia | ||||
Provincia | Trieste | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Roberto Cosolini (PD) dal 30-5-2011 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 45°38′10″N 13°48′15″ECoordinate: 45°38′10″N 13°48′15″E (Mappa) | ||||
Altitudine | 2 m s.l.m. | ||||
Superficie | 85,11 km² | ||||
Abitanti | 204 700[1] (30-6-2015) | ||||
Densità | 2 405,12 ab./km² | ||||
Frazioni | vedi elenco | ||||
Comuni confinanti | Duino-Aurisina, Erpelle-Cosina (SLO), Monrupino,Muggia, San Dorligo della Valle, Sesana (SLO),Sgonico | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 34121-34151 (aboliti 34012, 34014, 34017) | ||||
Prefisso | 040 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
CodiceISTAT | 032006 | ||||
Cod. catastale | L424 | ||||
Targa | TS | ||||
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa) | ||||
Cl. climatica | zona E, 2 102 GG[2] | ||||
Nome abitanti | triestini | ||||
Patrono | san Giusto | ||||
Giorno festivo | 3 novembre | ||||
Cartografia | |||||
Posizione del comune di Trieste nella provincia omonima |
|||||
Sito istituzionale |
Trieste (IPA: [triˈɛste][3], Ascolta[?·info], Trieste in dialetto triestino, Trst in sloveno[4], Triest in tedesco e in friulano, Trieszt inungherese, Τεργέστη in greco) è un comune italiano di 204 700 abitanti[1], capoluogo dell'omonima provincia e della regione Friuli-Venezia Giulia. È il quindicesimo comune italiano per popolazione (al 31 dicembre 2014), nonché il più popoloso[5], esteso e densamente popolato della regione [6].
Trieste, fulcro della regione storico-geografica della Venezia Giulia, fa da ponte tra Europa occidentale e centro-meridionale, mescolando caratteri mediterranei e mitteleuropei. Il suo porto è il più grande e importante d'Italia ed è uno degli snodi marittimi più importanti d'Europa. Il suo porto fu il principale sbocco marittimo dell'Impero Asburgico, che nel 1719 gli riconobbe lo status di porto franco. Tutt'oggi il porto rimane di fondamentale importanza per il transito di merci internazionali.
Il porto franco venne mantenuto, con il nome di Porto Libero di Trieste, anche nel trattato di pace fra l'Italia e le potenze alleate del1947 con il quale veniva istituito il Territorio Libero di Trieste, e più oltre anche nel 1954, quando il Governo Militare Alleato cedette l'amministrazione civile all'Italia in virtù del Memorandum di Londra. Oggi è uno snodo internazionale per i flussi di scambio terra-mare tra i mercati dell'Europa centro-orientale e l'Asia[7]. Nel 2013 Trieste è stato il primo porto in Italia in termini di volume complessivo di merci in transito, con circa 56 milioni di tonnellate.
Il fiume sotterraneo Timavo |
---|
Il fiume Timavo scorre nel sottosuolo del Carso triestino. |
Trieste, affacciata sull'omonimo golfo nella parte più settentrionale dell'Alto Adriatico, si colloca fra la penisola italiana e la penisola istriana, distante qualche chilometro dal confine con la Slovenia. Il territorio cittadino è occupato prevalentemente da un pendio collinare che diventa montagna anche nelle zone limitrofe all'abitato; si trova ai piedi di un'imponente scarpata che dall'altopiano del Carso a 459 metri sul livello del mare, digrada bruscamente verso il mare. Il comune di Trieste è diviso in varie zone climatiche a seconda della distanza dal mare o dell'altitudine.
Al di sotto delle arterie stradali cittadine scorrono corsi d'acqua che provengono dall'altopiano. Liberi un tempo di scorrere all'aperto, da quando la città si è sviluppata, a partire dalla seconda metà del Settecento, vennero incanalati in apposite condutture ed ancora oggi percorrono i sotterranei delle odierne via Carducci (precedentemente via del Torrente, appunto), via Battisti (ex Corsia Stadion), viale XX Settembre (ex viale dell'Acquedotto), via delle Sette fontane o piazza tra i Rivi.
A sud della città scorre il Rio Ospo che segna il confine geografico con l'Istria[8]. Inoltre l'attuale zona cittadina compresa tra la stazione ferroviaria, il mare, "via Carducci" e Piazza della Borsa, il Borgo Teresiano, venne edificata nel XVIII secolo dopo l'interramento delle precedenti saline per ordine dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria.
Il clima della città di Trieste secondo la classificazione di Köppen rientra nel tipo mediterraneo. Grazie ad una latitudine intermedia tra il Polo Nord e l'equatore e alla posizione costiera, la città di Trieste gode di un clima piuttosto mite d'inverno e caldo, ma non torrido, d'estate. Relativamente al trentennio ufficiale di riferimento della climatologia mondiale (IPCC/WMO) 1971-2000 la media annuale delle temperature presso la stazione meteorologica di Trieste è stata di 15 °C, le temperature medie del mese più freddo (gennaio) si sono attestate attorno ai 5,8 °C, mentre quelle del mese più caldo (luglio) leggermente al di sopra dei 24 °C. Nei mesi invernali raramente le temperature, almeno sulla costa, scendono al di sotto dello zero; viceversa, nelle frazioni carsiche, spesso si registrano minime notturne negative. Scarse sono anche, lungo la fascia costiera, le giornate con neve, nebbia o grandine. L'umidità media annuale è del 64% mentre l'escursione termica giornaliera è di soli 4,5 °C: entrambe risultano tra le più basse in Italia.
Data la peculiarità del territorio cittadino si può affermare che mentre il centro di Trieste, sviluppatosi lungo la costa, presenta delle temperature relativamente miti e una discreta insolazione, le frazioni e le località carsiche sviluppatesi sul retrostante altipiano ad un'altezza tra i duecento e i cinquecento metri hanno un clima decisamente più continentale: aBasovizza, situata a circa 370 metri s.l.m., la temperatura media annua si aggira attorno agli 11 °C con una media del mese più freddo (gennaio) di 1,5 °C e di quello più caldo (luglio) di 20,6 °C.
Bora - Vento da record |
---|
Trieste è teatro della manifestazione di un particolare fenomeno atmosferico rappresentato dalla Bora, un vento caratterizzato da raffiche brevi ma intense che possono superare la velocità di 180 km/h |
Al clima generalmente mite fanno eccezione i giorni, in alcuni anni rari, in altri più frequenti, in cui soffia la cosiddettaBora, vento che si incunea dal retroterra lungo i bassi valichi che si aprono tra i monti alle spalle della città, per scendere su Trieste e il Golfo. Sebbene per compressione adiabatica la temperatura dell'aria scendendo sulla città si riscaldi comunque di tre o quattro gradi, le raffiche aumentano notevolmente la percezione di freddo, anche con temperature relativamente miti. Durante alcuni inverni tuttavia, la Bora assume in determinati periodi carattere molto freddo, anche gelido, facendo precipitare le temperature anche sulla costa di parecchi gradi sotto lo zero e rendendo l aria tersa e secca, sull altopiano carsico naturalmente il clima si può fare così estremamente freddo a carattere eccezionale per latitudine e vicinanza al mare ( ad esempio inverni negli ultimi 100 anni come nel 1929 1956 1976 1985 1991 1996 2003 2006 2008 2012) Eccezionalmente la Bora soffia per brevissimi periodi anche d'estate, questa volta molto calda provenendo sempre da est nord est dunque dal continente più caldo verso il mare innalzando talvolta le temperature anche al di sopra dei 35 gradi. Le raffiche di aria di origine continentale provenienti da Est-Nord-Est allo sbocco in Adriatico acquistano ulteriore velocità e in casi eccezionali in mare aperto si possono raggiungere i 50 nodi, come registrato nel dicembre 1996 nel quale anche in città le temperature crollarono di molti gradi sotto lo zero, come negli inverni sopra elencati, in alcune zone la bora è più forte e frequente che in altre, e solamente la zona della Costiera, da Miramare a Sistiana, è riparata dall'effetto di tale vento.
Molto interessante per l'andamento del clima è la variazione avvenuta negli ultimi 100 anni nella frequenza della bora e dei venti orientali in genere, diminuiti di 28 giorni annui, mentre lo scirocco ed i venti meridionali nello stesso periodo sono aumentati in frequenza di 26 giorni annui.
Vista la vicinanza dei rilievi, brevi piogge possono presentarsi durante tutto l'anno (questo è un discrimine rispetto al tipico clima mediterraneo) ma durante i mesi estivi le precipitazioni sono comunque rare e prevalentemente a carattere temporalesco (luglio in genere è il mese più secco). Le precipitazioni raggiungono l'apice della frequenza e dell'intensità a novembre e aprile, quando di norma scende di latitudine il flusso delle correnti perturbate atlantiche.
Mese[9] | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 7 | 9 | 12 | 17 | 22 | 25 | 28 | 27 | 24 | 18 | 12 | 8 | 8 | 17 | 26,7 | 18 | 17,4 |
T. min. media (°C) | 3 | 4 | 6 | 10 | 14 | 18 | 20 | 20 | 17 | 13 | 8 | 4 | 3,7 | 10 | 19,3 | 12,7 | 11,4 |
Precipitazioni (mm) | 71 | 62 | 77 | 87 | 81 | 102 | 71 | 101 | 102 | 87 | 114 | 92 | 225 | 245 | 274 | 303 | 1 047 |
La città di Trieste è una delle meglio note d'Italia dal punto di vista botanico. La flora urbana, oggetto di studio a partire dalla seconda metà del XIX secolo, è stata oggetto di un censimento approfondito da parte di F. Martini [10], che ha mappato la distribuzione di ben 1024 tra specie e sottospecie. La grande ricchezza floristica è dovuta a diversi fattori, tra cui i principali sono: 1) La penetrazione nel tessuto urbano di aree con vegetazione naturale, come ad esempio il Bosco del Farneto o il Parco di Villa Giulia, 2) Le caratteristiche transizionali del territorio cittadino dal punto di vista climatico, con un forte gradiente di temperatura e precipitazioni dalla costa verso l'altopiano, 3) La compresenza nel territorio cittadino di substrati sia arenacei sia calcarei, 4) La presenza di importanti aree commerciali, industriali e portuali che favoriscono la presenza di neofite aliene. La flora urbana di Trieste è consultabile attraverso un portale interattivo che permette anche a non-esperti di Botanica di identificarne le specie.[11]
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Trieste. |
Sin dal II millennio a.C. il territorio della provincia di Trieste fu sede di importanti insediamenti protostorici, i castellieri, villaggi arroccati sulle alture e protetti da fortificazioni in pietra, i cui abitanti appartenevano a popolazioni di probabile origine illirica e di stirpe indoeuropea. Fra il X e il IX secolo a.C. la popolazione autoctona entrò in contatto con un'altra etnia indoeuropea, i (Venetici, Heneti o Eneti), da cui venne notevolmente influenzata sotto il profilo culturale. Il nome Tergeste è di origine preromana, con base preindoeuropea: terg = mercato, ed il suffisso –este, tipico dei toponimi venetici[12]. In alternativa, si ritrova proposta l'origine latina del nome "tergestum" (riportata dal geografo di età augustea Strabone), legata al fatto che i legionari romani dovettero combattere tre battaglie per avere ragione delle popolazioni indigene ("Ter-gestum bellum", dal latino "ter" = tre volte e "gerere bellum" = far guerra, da cui il participio passato "gestum bellum").
Con le conquiste militari dell'Illiria da parte dei Romani, i cui episodi più salienti furono la guerra contro la pirateria degli Istri del 221 a.C., la fondazione di Aquileia nel 181 a.C. e la guerra istrica del 178-177 a.C., ebbe inizio un processo di romanizzazione ed assimilazione delle popolazioni preesistenti. Tergeste fu colonizzata alla metà del I secolo a.C. in epoca cesariana (Regio X Venetia et Histria), ed è probabile che la fortezza principale fosse situata sulle pendici del colle di San Giusto. I Tergestini sono menzionati nel De bello Gallico di Giulio Cesare, a proposito di una precedente invasione forse di Giapidi: "Chiamò T. Labieno e mandò la legione quindicesima (che aveva svernato con lui) nella Gallia Cisalpina, a tutela delle colonie dei cittadini romani, per evitare che incorressero, per incursioni di barbari, in qualche danno simile a quello che nell'estate precedente era toccato ai Tergestini che, inaspettatamente, avevano subito irruzioni e rapine. (CAES. Gall. 8.24). Tergestum fu citata poi da Strabone[13], geografo attivo in età augustea, che la definì come phrourion(avamposto militare) con funzioni di difesa e di snodo commerciale. Tergeste si sviluppò e prosperò in epoca imperiale, imponendosi come uno dei porti più importanti dell'alto Adriatico sulla via Popilia-Annia[senza fonte]. Il nucleo abitativo nel 33 a.C. venne cinto da alte mura (ancora visibile la porta meridionale, il cosiddetto Arco di Riccardo) da Ottaviano Augusto (murum turresque fecit) e venne arricchito da importanti costruzioni quali il Foro ed il Teatro.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, Trieste (Τεργέστη in greco bizantino) passò sotto il controllo dell'impero bizantino fino al788, quando venne occupata dai franchi.
In seguito venne instaurato il dominio vescovile a Trieste. Nel 1098 risultava già diocesi vescovile con il nome latino di Tergestum.
Nel XII secolo divenne un Libero Comune.
Dopo secoli di battaglie contro la rivale Venezia, nel 1283 la città fu occupata dai Veneziani, ma le truppe Goriziane e quelle Patriarcali la riconquistarono.
Successivamente Trieste si pose sotto la protezione (1382) del duca d'Austria conservando però una notevole autonomia fino al XVII secolo.
La città di Trieste fu risparmiata dai saccheggi dei turchi, che nel 1470, durante una incursione diretta in Friuli, incendiarono il paese di Prosecco, a soli 8 km da Trieste.[14]
La presenza di numerosi documenti dedicati alla viticoltura nella Trieste medievale testimonia l'importanza che l'attività vitivinicola aveva nell'economia cittadina, in passato prettamente agricola. Infatti sino allo sviluppo dell'attività mercantile marittima seguito alla proclamazione del Porto franco, buona parte degli abitanti del piccolo borgo fortificato si dedicava alla viticoltura, che era praticata su tutto il territorio comunale, su terreno marnoso-arenaceo, nei punti più soleggiati, anche a ridosso della città. Trieste era quindi un borgo fortificato circondato da viti, caratteristica riprodotta in numerose stampe d'epoca e descritta da viaggiatori stranieri. Il ruolo assolutamente centrale che il vino aveva nell'economia triestina è comprovato dalla presenza, sia in ambito ecclesiastico che civile, di decime e sistemi tributari basati solo ed esclusivamente sul computo della redditività delle vigne, che quasi tutti i cittadini possedevano[15]. Massimo successo di questa attività agricola triestina è senz'altro il Prosecco, vino nato dall'identificazione del castello di Prosecco con il castellum nobile vino Pucinum di memoria classica. La produzione di questo vino ben presto si allargò oltre i confini triestini nel goriziano, in Friuli,Dalmazia e soprattutto in Veneto, dove si sviluppò sino a diventare uno dei vini più famosi al mondo, mentre la sua produzione cessò sia a Trieste che nel Carso triestino, per riprendere a partire dagli anni Duemila a seguito della riorganizzazione del relativo disciplinare[16]
Lo stesso argomento in dettaglio: Città imperiale di Trieste e dintorni. |
Nel 1719 Trieste divenne porto franco. Unico sbocco sul mare Adriatico dell'Impero austriaco, la città fu oggetto di investimenti conoscendo un tumultuoso sviluppo, passando dai 3000 abitanti di inizio Settecento a più di 200.000 ad inizio Novecento e diventando nel 1867 capoluogo della regione del cosiddetto Litorale austriaco dell'impero (l'österreichisches Küstenland). In questo periodo nacque e prosperò una nuova borghesia mercantile arricchitasi grazie al commercio marittimo. Grazie al suo status privilegiato di unico porto commerciale della Cisleithania e primo porto dell'Austria-Ungheria, Trieste divenne una città fortemente cosmopolita, plurilingue e plurireligiosa, come dimostra il censimento del comune del 31 dicembre 1910: il 51,83% della popolazione del comune (59,46% della città) era italofona, a cui si aggiungevano gli italianiimmigrati dal Regno d'Italia e pertanto considerati stranieri (12,9% della città), il 24,79% degli abitanti era di lingua slovena (12,64% in città), l'1,04% di lingua tedesca (1,34% in città), mentre si contavano molte comunità minori: serbi, croati, armeni, ebrei, greci, ungheresi, inglesi e svizzeri[17]. Nel XVIII secolo in città il dialetto triestino (idioma settentrionale di tipo veneto[18]) sostituì il tergestino, l'antico dialetto locale di tipo retoromanzo. Il triestino, parlato anche da scrittori e filosofi, continua ad essere tuttora l'idioma più usato in ambito familiare e in molti contesti sociali di natura informale e talvolta anche formale, affiancandosi, in una situazione di diglossia, all'italiano, lingua amministrativa e principale veicolo di comunicazione nei rapporti di carattere pubblico.
Lo stesso argomento in dettaglio: Italia irredenta. |
Trieste fu, con Trento, oggetto e al tempo stesso centro di irredentismo, movimento che negli ultimi decenni del XIX secolo e agli inizi delXX aspirava ad un'annessione della città all'Italia. Ad alimentare l'irredentismo triestino, minoritario nella popolazione, erano soprattutto le classi borghesi in ascesa (ivi compresa la facoltosa colonia ebraica), le cui potenzialità ed aspirazioni politiche non trovavano pieno soddisfacimento all'interno dell'Impero austro-ungarico. Quest'ultimo veniva visto dagli irredentisti come un naturale protettore del gruppo etnico slavo che viveva sia in città che in quelle zone multietniche che costituivano il suo immediato retroterra, il quale iniziò ad essere definito in quegli anni col termine di Venezia Giulia.
Nella città, durante manifestazioni pro italiane seguenti una petizione firmata da 5.858 cittadini verso l'Inclito Consiglio della città, richiedente il diritto della lingua italiana nelle scuole statali, avvenute tra il 10 e il 12 luglio 1868, scoppiarono scontri e violenze nelle strade principali cittadine con gli sloveni locali arruolati fra i soldati asburgici, che provocarono la morte dello studente Rodolfo Parisi, ucciso con 26 colpi di baionetta, e di due operai, Francesco Sussa e Niccolo' Zecchia[19][20].
Agli inizi del Novecento il gruppo etnico sloveno era in piena ascesa demografica, sociale ed economica. Ciò spiega come l'irredentismo assunse spesso, nella città giuliana, dei caratteri marcatamente anti-slavi che vennero perfettamente incarnati dalla figura di Ruggero Timeus.
A novembre del 1918 - al termine della Prima guerra mondiale - il Regio esercito entrò a Trieste acclamato da quella parte della popolazione che era di sentimenti italiani, dichiarando lo stato di occupazione ed il coprifuoco. La sicura imminente annessione della città e della Venezia Giulia all'Italia - invano contrastata al tavolo della pace dai rappresentanti del neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, che reclamarono l'annessione della città e del suo entroterra - fu accompagnata da un forte inasprimento dei rapporti tra il gruppo etnico italiano e quello sloveno, traducendosi talvolta anche in scontri armati. L'11 luglio 1920 a Spalato scoppiarono dei disordini nel corso dei quali un cittadino croato e due militari italiani vennero uccisi. Due giorni dopo i fascisti di Trieste organizzarono una manifestazione in città, durante la quale fu ucciso in circostanze mai chiarite un giovane italiano di nome Giovanni Nini. La folla, incitata dagli squadristi capitanati da Francesco Giunta, circondò in massa il Narodni dom, il massimo centro culturale cittadino degli sloveni e delle altre nazionalità slave locali. Anche qui venne ferito in circostanze non chiare Luigi Casciana, un ufficiale italiano in licenza a Trieste, che morirà in ospedale qualche giorno dopo. Il Narodni dom venne dato alle fiamme: lo sloveno Hugo Roblek, ivi ospitato, morì gettandosi dalla finestra per sfuggire alle fiamme. Lo stesso giorno degli squadristi devastarono anche gli uffici delle "Jadranska banka", la filiale della "Ljubljanska kreditna banka", la tipografia del settimanale "Edinost", la Cassa di Risparmio Croata, la scuola serba e numerosi altri luoghi di aggregazione delle comunità etniche presenti a Trieste, oltre a quelli del partito socialista[21][22].
Con la firma del Trattato di Rapallo del novembre 1920, Trieste passò definitivamente all'Italia, inglobando nel proprio territorio provinciale zone dell'ex Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, dell'Istria e della Carniola.
Il periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale fu segnato da numerose difficoltà per Trieste. L'economia della città fu colpita infatti dalla perdita del suo secolare entroterra economico; ne soffrì soprattutto l'attività portuale e commerciale, ma anche il settore finanziario. Trieste perse la sua tradizionale autonomia comunale e cambiò anche la propria configurazione linguistica e culturale. Quasi la totalità della comunità germanofona lasciò infatti la città dopo l'annessione all'Italia.
Con l'avvento del fascismo l'uso pubblico delle lingue slovena e tedesca fu proibito e vennero chiuse le scuole, i circoli culturali e la stampa della comunità slovena. A causa della persecuzione etnica, circa il 10% degli sloveni residenti in città scelse di emigrare nel vicinoRegno di Jugoslavia. Dalla fine degli anni venti, si sviluppò l'attività sovversiva dell'organizzazione antifascista e irredentista sloveno-croata TIGR, con alcuni attentati dinamitardi anche nel centro cittadino.
Nonostante i problemi economici e il teso clima politico, la popolazione della città crebbe negli anni venti del Novecento, grazie soprattutto all'immigrazione da altre zone dell'Italia. La prima metà degli anni trenta furono invece anni di ristagno demografico, con una leggera flessione della popolazione dell'ordine di circa l'1% su base quinquennale (nel 1936 si contarono infatti quasi duemila abitanti in meno che nel 1931). Nello stesso periodo, e successivamente, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, furono portate avanti alcune importanti opere urbanistiche; tra gli edifici più rilevanti vanno ricordati il palazzo dell'Università e il Faro della vittoria.
Nel periodo che va dall'armistizio (8 settembre 1943) all'immediato dopoguerra, Trieste fu al centro di una serie di vicende che hanno segnato profondamente la storia del capoluogo giuliano e della regione circostante e suscitano tuttora accesi dibattiti.
Campo di concentramento Risiera di San Sabba a Trieste | |
---|---|
Luogo dove si trovava il forno crematorio in cui i nazisti incenerivano i corpi delle loro vittime |
Nel settembre del 1943 la Germania nazista occupò senza alcuna resistenza la città che venne a costituire, insieme a tutta laVenezia Giulia una zona di operazioni di guerra, l'OZAK (Operationszone Adriatisches Küstenland), alle dirette dipendenze del Gauleiter di Carinzia Friedrich Rainer. Egli tollerò in città la ricostituzione di una sede del PFR, diretta dal federale Bruno Sambo, la presenza di un'esigua forza di militari italiani al comando del generale della GNR Giovanni Esposito e l'insediamento di un reparto della Guardia di Finanza. Si riservò però la nomina del podestà, nella persona di Cesare Pagnini, e del prefetto della provincia di Trieste, Bruno Coceani, entrambi ben accetti ai fascisti locali, alle autorità della RSI e allo stesso Mussolini, che conosceva personalmente Coceani. Durante l'occupazione nazista la Risiera di San Sabba - oggi Monumento Nazionale e museo - venne destinata a campo di prigionia, e di sterminio per detenuti politici, ebrei, partigiani italiani e slavi, con forni crematori che funzionavano a pieno regime. In seguito, nei primi anni cinquanta la Risiera fu usata come campo profughi per gli esuli istriani, fiumani e dalmati in fuga dai territori passati alla sovranità jugoslava.
Nonostante la dura repressione attuata dalle autorità tedesche e italiane centinaia di abitanti del comune di Trieste si aggregarono alle unità partigiane slovene operanti in Venezia Giulia per contrastare le truppe degli occupatori tedeschi. Molti di essi morirono nelle azioni di guerriglia partigiana o nei lager tedeschi oltre che nella Risiera. I loro nomi risultano scolpiti sui monumenti eretti a loro ricordo in quasi tutte le frazioni della città.
Le autorità tedesche e italiane commisero nei confronti della popolazione civile numerosi crimini; la maggior parte di questi furono compiuti nella stessa Trieste.
Il 3 aprile 1944 i nazi-fascisti fucilarono al poligono di Opicina 71 italiani, scelti a caso tra i detenuti delle carceri triestine, per rappresaglia allo scoppio di una bomba ad orologeria, che il giorno precedente, in un cinema di Opicina, aveva provocato la morte di 7 militari germanici. I cadaveri degli italiani vennero utilizzati per collaudare il nuovo forno crematorio costruito in Risiera, che da allora, fino alla data della liberazione, fu adoperato per bruciare i corpi di oltre 3500 prigionieri della Risiera, soppressi direttamente dal personale carcerario ivi operante. La Risiera, oltre ad essere usata come campo di smistamento di oltre 8000 deportati provenienti dalle Provincie orientali destinati agli altri campi di concentramento nazisti, fu adoperata in parte anche come luogo di detenzione, tortura ed eliminazione di prigionieri sospettati di attività sovversiva nei confronti del regime nazista. La presenza del forno crematorio nella Risiera testimonia che non fu utilizzata solo come luogo di smistamento e di detenzione di prigionieri, ma anche come campo di sterminio. Si tratta dell'unico campo di concentramento nazista presente in territorio italiano.
Il 23 aprile 1944 i nazisti impiccarono altri 50 italiani scelti a caso tra i detenuti del carcere triestino del Coroneo, per rappresaglia in seguito al decesso di 5 tedeschi morti in un attentato partigiano al circolo Soldatenheim nel palazzo Rittmeyer di via Ghega, nello stesso stabile in cui fu compiuto l'attentato.[23]
L'insurrezione dei partigiani italiani e jugoslavi a Trieste fu contraddistinta da uno svolgimento anomalo. Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale del quale era presidente don Edoardo Marzari, composto da tutte le forze politiche antifasciste con l'eccezione dei comunisti, proclamò l'insurrezione generale; al tempo stesso le brigate dei partigiani jugoslavi con l'appoggio del PCI attaccarono dall'altipiano. Gli scontri si registrarono principalmente nelle zone di Opicina (sull'altipiano carsico), del Porto Vecchio, del castello di San Giusto e dentro il Palazzo di Giustizia, in città. Tutto il resto della città fu liberato. Il comando tedesco si arrese solo il 2 maggio alle avanguardie neozelandesi, che precedettero di un giorno l'arrivo del generale Freyberg. Le brigate partigiane jugoslave di Tito erano già giunte a Trieste il 1º maggio e i suoi dirigenti convocarono in breve tempo un'assemblea cittadina composta da cittadini jugoslavi e da due italiani. Questa assemblea proclamò la liberazione di Trieste, così presentando i partigiani di Tito come i veri liberatori della città agli occhi degli alleati spingendo i partigiani non comunisti del CLN a rientrare nella clandestinità.
Gli jugoslavi esposero sui palazzi la bandiera jugoslava, il Tricolore italiano con la stella rossa al centro e le bandiere rosse con la falce e martello. Le brigate jugoslave, giunte a Trieste a marce forzate per precedere gli anglo-americani nella liberazione della Venezia Giulia, non contenevano nessuna unità partigiana italiana inserita nell'Esercito jugoslavo, mandate invece a operare altrove, benché molti triestini (italiani e sloveni) vi fossero compresi. Gli alleati (nello specifico la Seconda divisione neozelandese, che fu la prima ad arrivare in città), riconobbero che la liberazione era stata compiuta dai partigiani di Tito e in cambio chiesero e ottennero la gestione diretta del porto e delle vie di comunicazione con l'Austria (infatti, non essendo ancora a conoscenza del suicidio di Hitler, gli angloamericani stavano preparando il passo ad un'invasione dell'Austria e quindi della Germania).
L'esercito jugoslavo assunse i pieni poteri. Nominò un Commissario Politico, Franc Štoka, membro del partito comunista. Il 4 maggio vennero emanati dall'autorità jugoslava a Trieste, il Comando Città di Trieste (Komanda Mesta Trst) gli ordini 1, 2, 3 e 4 che proclamano lo stato di guerra, impongono il coprifuoco (a combattimenti terminati) e uniformano il fuso orario triestino a quello jugoslavo[24]. Limitarono la circolazione dei veicoli e prelevarono dalle proprie case centinaia di cittadini, sospettati di nutrire scarse simpatie nei confronti della ideologia che guidava le brigate jugoslave. Fra questi non vi furono solo fascisti o collaborazionisti, ma anche combattenti della Guerra di Liberazione che vennero deportati massa in campi di concentramento quali quello di Borovnica o di Goli Otok da cui non fecero più ritorno o uccidendoli direttamente gettandoli nelle foibe. A Basovizza, frazione del comune di Trieste, nel maggio del 1945 venne occultato all'interno del pozzo (Foiba di Basovizza) un numero imprecisato di cadaveri di prigionieri, militari e civili trucidati dall'esercito e dai partigiani jugoslavi (il Presidente Oscar Luigi Scalfaro ha dichiarato la Foiba di Basovizza monumento nazionale con decreto del 11 settembre 1992). Un memorandum statunitense dell'8 maggio recitava:
« A Trieste gli jugoslavi stanno usando tutte le familiari tattiche di terrore. Ogni italiano di una qualche importanza viene arrestato. Gli Jugoslavi hanno assunto un controllo completo e stanno attuando la coscrizione degli italiani per il lavoro forzato, rilevando le banche e altre proprietà di valore e requisendo cereali e altre vettovaglie in grande quantità. » |
(Il memorandum stilato dal Dipartimento di Stato USA in data 8 maggio 1945[25]) |
L'otto maggio proclamarono Trieste città autonoma in seno alla Repubblica Federativa di Jugoslavia. Sugli edifici pubblici fecero sventolare la bandiera Jugoslava affiancata dal Tricolore italiano con la stella rossa al centro. La città visse momenti difficili, di gran timore, con le persone dibattute tra idee profondamente diverse: l'annessione alla Jugoslavia o il ritorno all'Italia. In questo clima si verificarono confische, requisizioni e arresti sommari. Vi furono anche casi di vendette personali, in una popolazione esasperata dagli eventi bellici e dalle contrapposizioni del periodo fascista. Invano i triestini sollecitarono l'intervento degli Alleati. Il comando alleato e quello jugoslavo raggiunsero infine un accordo provvisorio sull'occupazione di Trieste. Il 9 giugno 1945 a Belgrado, Josip Broz Tito, verificato che Stalin non era disposto a sostenerlo, concluse l'accordo con il generaleAlexander che portò le truppe jugoslave a ritirarsi dietro la linea Morgan. Gli alleati assunsero allora il controllo della Città e del suo hinterland.
Con il Trattato di Parigi (1947), Trieste divenne una città stato indipendente sotto la protezione delle Nazioni Unite con il nome di Territorio libero di Trieste (TLT). Il territorio fu diviso in due zone amministrative: la Zona A che includeva la città di Trieste veniva temporaneamente amministrata dagli Angloamericani e la Zona B che comprendeva la costa istriana settentrionale, temporaneamente amministrata dall'esercito jugoslavo.
Con il Memorandum di Londra (1954) l'amministrazione della Zona A fu data temporaneamente all'Italia, in sostituzione degli eserciti angloamericani, in attesa della formazione di un governo proprio da parte di Trieste. Contestualmente, l'amministrazione militare jugoslava sulla Zona B si trasformava in amministrazione civile, diventando di fatto parte integrante della ex Jugoslavia.
Con legge costituzionale del 31 gennaio 1963 ed entrata in vigore il 16 febbraio 1963 viene formata la regione Friuli Venezia Giulia di cui Trieste diviene capoluogo.
Nel 1975, con la sottoscrizione del Trattato di Osimo, l'Italia e la Jugoslavia convennero di dare forma definitiva alla divisione del TLT: dopo alcune minime modifiche, venne così sancita la sovranità italiana e jugoslava sulle zone da esse ricevute in amministrazione civile col memorandum del 1954.
Nel 2004, assieme ad altri Paesi, la Slovenia entra a far parte dell'Unione europea e nel 2007 aderisce al trattato di Schengen, facendo venir meno la figura di Trieste quale città di confine.