Pordenone (IPA: [pordeˈnone][3], Pordenon in dialetto pordenonese della lingua veneta, in friulano standard[4] ed in friulano occidentale[4]) è un comune italiano di 51 632 abitanti[1], capoluogo dell'omonima provincia nel Friuli-Venezia Giulia, è la principale città del Friuli occidentale o Destra Tagliamento ed è la terza città più popolosa della regione dopo Trieste ed Udine[5].
La città si trova presso la confluenza del Noncello nel Meduna (quest'ultimo principale affluente del Livenza).
Il territorio di Pordenone si trova nella zona di bassa pianura della Pianura padano-veneta, a sud delle Prealpi Venete e delle Prealpi Friulane.
La collocazione del primo insediamento non è casuale: si trovava infatti su un percorso alternativo alla via Postumia, detto "Stradalta"[6], che metteva in comunicazione le città romane di Opitergium (Oderzo) e Iulia Concordia (Concordia Sagittaria) conIulium Carnicum (Zuglio) e la regione del Norico.
La bassa pianura pordenonese è caratterizzata da abbondanza di acque e dal "fenomeno della risorgiva"[7].
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Pordenone. |
Pordenone appartiene alla zona climatica E.
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In epoca romana il nucleo urbano si situava nell'alto corso del fiume Noncello, pressappoco nel luogo dove oggi sorge la frazione di Torre, come dimostrato dal ritrovamento dei resti di una villa romana (chiamata così tradizionalmente ed erroneamente, poiché dalle ultime indagini archeologiche pare fosse un sito di lavorazione e stoccaggio di prodotti agricoli e merci). Il luogo venne scelto probabilmente per la presenza più a nord di un ampio guado fluviale, raggiungibile facilmente a piedi dalla "villa", presso la quale probabilmente esisteva anche un piccolo porto fluviale.
Con l'inizio del periodo alto-medievale (dal VI secolo) le vie fluviali assunsero maggiore importanza e il nucleo della città si spostò, di conseguenza, verso valle, in una posizione che permettesse l'approdo di barche di stazza maggiore. La città si sviluppò quindi sulla sponda destra del fiume Noncello, presso una insenatura che approfittava di una motta (collinetta, terrapieno) circondata ad ovest dalla roggia Codafora e a nord-est da quella dei Molini. La sua vocazione portuale si evidenziava anche nel nome Portus Naonis (in latino "porto del [fiume] Naone [Noncello]")
Tutto il periodo che va dall'epoca romana fino a circa il X secolo è, comunque, poco documentato. Recenti ritrovamenti nell'area del duomo di San Marco, e in particolare nell'area antistante il municipio e sotto il Palazzo Ricchieri, mostrano che Pordenone era abitata, all'incirca sotto il regno di Berengario, da popolazioni provenienti dalla Carinzia, che all'epoca era di cultura slava (Carantani).
Successivamente durante l'XI e il XII secolo, la curtis (corte) fu nelle mani dei duchi e marchesi di Austria, Carinzia e Stiria. Juan Carlos I di Spagna si fregia tutt'oggi del titolo di signore di Pordenone[8][9], duca di Carinzia e Stiria. Il castello di Torre ed il piccolo territorio circostante, dopo le incursioni di Gregorio da Montelongo, erano invece divenuti proprietà dei patriarchi di Aquileia, che successivamente li avrebbero concessi in feudo ai nobili di Prata e poi permutati con i signori di Ragogna. Il villaggio di Vallenoncello apparteneva al vescovo di Salisburgo.
Tra il XIII e XIV secolo la frammentazione politica della zona si accentuò ulteriormente perché Corva (attuale frazione di Azzano Decimo) venne data ai di Prata che acquisiranno anche alcune parti di Fiume Veneto.
Nel 1282 Pordenone divenne patrimonio personale dei Casa d'Austria, rappresentando de facto un'enclave dell'Arciducato d'Austria nel territorio del Patriarcato di Aquileia.
Il 23 agosto 1318 un furioso incendio distrusse le case di legno della città. Nel 1347 fu inaugurato il campanile, edificato accanto al duomo di San Marco.
La città subì - come quasi tutte le città del tempo - anche molte pestilenze ed epidemie (nel 1444, 1485, 1527, 1556 e 1576), la peggiore delle quali avvenne nel 1630, quando morì quasi la metà della popolazione.
Nel XIV secolo l'insediamento di Pordenone si ingrandì notevolmente grazie ai fiorenti traffici commerciali fluviali e nel 1314 le venne conferito lo status di città.
Il 20 aprile 1508 il capitano Bartolomeo d'Alviano "guida le armi venete alla conquista di Pordenone"[10], togliendola agli Asburgo per conto della Repubblica di Venezia. Venezia mantenne la città solo per un biennio poiché nel 1509 la perse nuovamente. Tuttavia nel 1514 lo stesso Bartolomeo d'Alviano la riportò definitivamente sotto il controllo della Serenissima. Venezia non governò direttamente la città, preferendo darla in feudo a Bartolomeo d'Alviano, che la resse a signoria. Alla sua morte, avvenuta nel 1515, gli succedette la consorte Pantasilea Baglioni, e quindi il figlio Livio (notevole il suo presunto ritratto ad opera del Pordenone nel duomo della città), morto in battaglia nel 1537.
In quell'anno Pordenone e i territori limitrofi passarono sotto il diretto controllo della Repubblica di Venezia e vi rimasero per più di due secoli e mezzo. La Serenissima mantenne gli statuti della città e ne riconobbe i privilegi già acquisiti durante la signoria degli Asburgo; provvide inoltre a riattivare l'economia pordenonese realizzando un nuovo porto e potenziando le attività manifatturiere.
Equidistante da Trieste e Venezia (posizione che gli conferisce un ruolo di un certo risalto in ambito economico e culturale), Pordenone nel secolo 1700-1800 trovò un perfetto equilibrio fra una cultura conservatrice tradizionale di impianto veneto ed un soffio innovatore arrivato dal mondo francese e da quello austro-ungarico: il fronte dei conservatori, pur ammiccando al progresso di altre Nazioni, manteneva uno stretto rapporto sociale e culturale con Venezia ed il mondo della tradizione tramandato, mentre dal lato opposto i progressisti cercavano di staccarsi dal passato per abbracciare le nuove idee arrivate in particolare con la campagna napoleonica del 1797.[11]
Con la caduta di Venezia Pordenone subì un primo ritorno all'Austria, seguito dalla parentesi napoleonica. Con la caduta di Bonaparte e il Congresso di Vienna, fu aggregata con il resto del Friuli e del Veneto al Regno Lombardo-Veneto[12]. Con la realizzazione della strada Pontebbana e della linea ferroviaria (1855) decadde il ruolo del porto e del percorso fluviale, ma iniziò ad affermarsi con decisione l'industria. A partire dagli anni 1840 erano sorti numerosi cotonifici che affiancarono le già numerose cartiere e la fabbrica della Ceramica Galvani.
Dopo l'annessione al Regno d'Italia, avvenuta nel 1866, l'introduzione dell'energia elettrica nel 1888 consentì la modernizzazione degli impianti e un incremento nella produzione industriale[13].
Le distruzioni arrecate dalla Prima guerra mondiale e la crisi del 1929 trascinarono il settore cotoniero in un lento declino da cui non si sarebbe più ripreso. Dopo la Seconda guerra mondiale la Rex, ora facente parte della multinazionale svedese Electrolux, che sino ad allora era una piccola azienda di produzione di cucine economiche con alimentazione a legna o gas, divenne un colosso europeo nel campo degli elettrodomestici, arrivando a occupare molti degli abitanti della città.
Nel 1968 Pordenone diventò capoluogo di provincia. Sino ad allora il territorio della cosiddetta destra Tagliamento faceva parte della provincia di Udine[14]. Dal 1974 è anche sede vescovile della diocesi di Concordia-Pordenone. Già dal 1919 a Pordenone era ubicato il seminario vescovile, con la scuola di teologia. Recentemente la città è divenuta sede di un consorzio universitario che ospita corsi universitari organizzati dall'Università di Udine, dall'Università di Trieste e dall'ISIA di Roma. Inoltre dal 2002 è attivo il polo tecnologico per promuovere la cultura dell'innovazione nelle imprese del territorio.