Catanzaro comune |
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Localizzazione | |||||
Stato | Italia | ||||
Regione | Calabria | ||||
Provincia | Catanzaro | ||||
Amministrazione | |||||
Sindaco | Sergio Abramo (PdL) dal 21/01/2013 | ||||
Territorio | |||||
Coordinate | 38°54′36″N 16°35′15″ECoordinate: 38°54′36″N 16°35′15″E (Mappa) | ||||
Altitudine | 320 m s.l.m. | ||||
Superficie | 112,72[1] km² | ||||
Abitanti | 90 817[2] (31-12-2013) | ||||
Densità | 805,69 ab./km² | ||||
Comuni confinanti | Borgia, Caraffa di Catanzaro,Gimigliano, Pentone, San Floro, Sellia, Settingiano,Simeri Crichi, Tiriolo | ||||
Altre informazioni | |||||
Cod. postale | 88100 | ||||
Prefisso | 0961 | ||||
Fuso orario | UTC+1 | ||||
CodiceISTAT | 079023 | ||||
Cod. catastale | C352 | ||||
Targa | CZ | ||||
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media) | ||||
Cl. climatica | zona C, 1 328 GG[3] | ||||
Nome abitanti | catanzaresi | ||||
Patrono | San Vitaliano da Capua | ||||
Giorno festivo | 16 luglio | ||||
Soprannome |
la Città tra i due mari la Città dei tre colli la Città delle tre V |
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Cartografia | |||||
Posizione del comune di Catanzaro all'interno dell'omonima provincia |
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Sito istituzionale |
Catanzaro (ascolta[?·info], IPA: [katanˈʣaro][4], Catanzaru in dialetto catanzarese[5] /ˌkatan'ʦaru/, Καταστάριον, traslitterato inKatastàrion in Greco), è un comune italiano di 90 840 abitanti[2], capoluogo dell'omonima provincia e della regione Calabria.
È il secondo[6] comune della regione per popolazione ed è il centro di una area urbana che conta circa 150 000 abitanti.
Storico capoluogo dell'antica provincia di Calabria Ultra per oltre 200 anni[7], la città di Catanzaro è sede dell'Università degli Studi "Magna Græcia", il secondo ateneo calabrese per numero di iscritti[8]. Nei mesi estivi il litorale ionico da Catanzaro a Soverato è soggetto a importanti flussi turistici, soprattutto giovanili, per la presenza di numerose strutture ricettive.
Catanzaro è conosciuta come la "Città tra due mari"[9], in quanto è situata nell'istmo di Catanzaro, ovvero la striscia di terra più stretta d'Italia, dove soli 30 km separano il mar Ionio dal mar Tirreno. Ciò consente di vedere contemporaneamente, dai quartieri nord della città in alcune giornate particolarmente limpide, i due mari e le isole Eolie. È detta inoltre Città dei tre colli[10]corrispondenti ai tre colli rappresentati nello stemma civico che sono il colle di San Trifone (oggi San Rocco), il colle del Vescovato (oggi Piazza Duomo) e il colle del Castello (oggi San Giovanni).
Catanzaro era infine anticamente conosciuta, come la Città delle tre "V", riferite a tre caratteristiche distintive della città, ovvero:
("V V V" era la sigla con cui venivano identificati, sui mercati nazionali ed esteri i velluti, i damaschi ed i broccati provenienti dalla città)[11].
Catanzaro si affaccia sul golfo di Squillace, nel mar Ionio, dove secondo alcuni studiosi[12] si trovava il porto del regno dei Feaci, nel quale, come racconta Omero nell'Odissea,Ulisse fu accolto e raccontò la sua storia[13].
Il territorio comunale si estende dal mare fino all'altezza di circa 600 metri, La casa comunale sorge a 320 m. Comprende una zona costiera sul mar Ionio che ospita 8 km di spiaggia e un porto turistico, da qui il centro abitato risale la valle della Fiumarella (anticamente detta fiume Zaro), sede di un forte sviluppo urbanistico, fino ai i tre colli: del Vescovado, di San Trifone (o di San Rocco) e di San Giovanni (o del Castello) su cui sorge il centro storico della città e che si ricollegano con la Sila verso Nord. Per la sua particolare orografia il territorio comunale è bagnato dal mare, ma soggetto a fenomeni nevosi d'inverno.
I corsi d'acqua principali sono il torrente Fiumarella (nel dialetto locale Hjiumareddha, anticamente detto Zaro), nel quale confluisce il torrente Musofalo, il torrente Corace(anticamente detto Crotalo), il maggiore in termini di portata d'acqua che delimita il confine comunale a sud e il torrente Alli che delimita il confine comunale a nord. Per loro natura i corsi d'acqua sono a carattere torrentizio ed hanno una scarsa portata nella maggior parte dell'anno, mentre si gonfiano dopo le piogge.
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Catanzaro. |
« Trovare un vero amico è così raro come un dì senza vento a Catanzaro. » |
(antico proverbio catanzarese) |
Il clima di Catanzaro è tipicamente mediterraneo, è di tipo temperato, caratterizzato dalla presenza costante di fenomeni ventosi anche di forte intensità nei mesi primaverili ed autunnali.
In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +8,9 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di +24,5 °C.
Il clima, come detto, è segnato dalla presenza del vento, anche di forte intensità, soprattutto nei mesi primaverili ed autunnali. L'intensità media annuale è di circa 4 nodi con picchi che sfiorano la media di 6 nodi nei mesi di aprile e maggio caratterizzati da forti venti di scirocco e libeccio.
Le precipitazioni medie annue si aggirano sui 1.000 mm e si distribuiscono mediamente in 87 giorni, con un prolungato minimo estivo e un picco tra l'autunno l'inverno[15].
CATANZARO | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 11,5 | 11,7 | 13,2 | 16,1 | 20,9 | 25,0 | 27,8 | 28,1 | 25,1 | 20,5 | 16,3 | 13,2 | 12,1 | 16,7 | 27,0 | 20,6 | 19,1 |
T. min. media (°C) | 6,3 | 6,6 | 7,7 | 10,0 | 14,2 | 17,9 | 20,3 | 20,9 | 18,2 | 14,3 | 10,8 | 7,8 | 6,9 | 10,6 | 19,7 | 14,4 | 12,9 |
Precipitazioni (mm) | 144 | 118 | 114 | 68 | 39 | 20 | 13 | 17 | 51 | 120 | 119 | 172 | 434 | 221 | 50 | 290 | 995 |
Giorni di pioggia | 11 | 10 | 10 | 9 | 5 | 3 | 2 | 2 | 6 | 8 | 9 | 12 | 33 | 24 | 7 | 23 | 87 |
Vento (direzione-m/s) |
NW 3,3 |
SE 3,4 |
SE 4,6 |
SE 5,8 |
SW 5,3 |
SW 4,7 |
SW 2,7 |
SE 2,8 |
E 4,5 |
E 5,0 |
SE 3,3 |
NW 2,5 |
3,1 | 5,2 | 3,4 | 4,3 | 4,0 |
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Catanzaro. |
Catanzaro, nel suo nome il segreto della seta |
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Perché l'arte della seta si sia sviluppata solo a Catanzaro è un mistero ancora irrisolto, considerando il fatto che a quei tempi tutto il meridione d'Italia era sotto dominio bizantino. Secondo un recente studio, il significato stesso del nome primitivo della città, Katantzárion, potrebbe essere fatto risalire al verbo greco katartizen, il cui significato è "preparare", "confezionare" ed anche "lavorare" e denota chiaramente l'azione che appartiene ad un qualche processo preparatorio, con riferimento ad un luogo "segreto" (ant) "posto sotto" (katà) "le terrazze" (anzar) "di un monte". Laggiù (katacì) oltre il fiume Zaro, il cui accesso, consentito solo a chi conosceva il posto, era controllato dalla porta di Stratò, su cui erano presenti tutte le risorse ambientali per l'impianto di un opificio, l'acqua necessaria in tutte le fasi della lavorazione, il vento per allontanare il cattivo odore, il sole per asciugare la seta. In quel luogo occulto, gli artigiani (katartarioi) esercitavano la trattura della seta grezza (katarteon sericon) e con le loro "segrete invenzioni" per la filatura e la torcitura, preparavano il prezioso filo di seta (katartizein metaxa). La presenza di una tale struttura ovvero uno stabilimento imperiale (risalente alla prima colonizzazione), con manodopera qualificata e speciali attrezzature tecniche, nel quale potrebbero essere confluiti sia gli artigiani espulsi dalle corporazioni e mandati in esilio, sia schiavi orientali giustificherebbe lo sviluppo e la successiva affermazione dell'arte della seta nella sola Catanzaro, dove più profonde erano le radici bizantine.
Nel campo delle innovazioni tessili che riguardano la tessitura e la filatura, il francese Joseph-Marie Jacquardvanta l'invenzione nel 1801 un congegno frutto dell'elaborazione di precedenti progetti (la tecnica degli aghi e dei cartoni perforati di Basile Bouchon e Jean Baptiste Falcon e il cilindro di Vaucanson) destinato a rivoluzionare la produzione tessile del XIX secolo. Venne a sostituire i telai al tiro o a liccetti dove il tessitore era coadiuvato da un aiutante, spesso un ragazzo o bambino, che sollevava i licci tirando delle manopole poste su un lato del telaio. In realtà il primo prototipo del telaio fu realizzato da un tessitore catanzarese nella seconda metà del quattrocento noto a Lione come Jean Le Calabrais, Giovanni il Calabrese. Egli fu invitato a corte da Luigi XI che aveva intenzione di impiantare la manifattura tessile di Lione. Il telaio destò grandi preoccupazioni, nel mondo operaio dei tessitori francesi e fu boicottato in diverse occasioni ostacolandone la diffusione, temendo un aumento della disoccupazione nel settore tessile. Oggi un esemplare del telaio è custodito nel museo delle arti e dei mestieri a Parigi. Il francese Joseph Marie Jacquard, studiò il telaio di Giovanni il Calabrese e perfezionandolo, trovò il modo per migliorare ulteriormente la realizzazione dei tessuti operati. Riuscì, poi, a brevettare la macchina tessile che da lui prese il nome[16]. |
« L'intiera terra fra i due golfi di mari, il Nepetinico [S. Eufemia] e lo Scilletinico [Squillace], fu ridotta
sotto il potere di un uomo buono e saggio, che convinse i vicini, gli uni con le parole, gli altri con la forza. Questo uomo si chiamò Italo che denominò per primo questa terra Italia. E quando italo si fu impadronito di questa terra dell'istmo, ed aveva molte genti che gli erano sottomesse, subito pretese anche i territori confinanti e pose sotto la sua dominazione molte città. » |
(Antioco di Siracusa, Sull'Italia, V secolo a.C.) |
Alcune ipotesi fanno risalire l'origine di Catanzaro a un'anticacolonia greca nel luogo che in seguito divenne l'antica Scolacium, oppure ritengono che sia sorta sulle rovine dell'antica città diTrischines. Altre ipotesi più accreditate individuano la fondazione da alcuni insediamenti posti in ordine sparso nella zona dell'attuale Catanzaro Marina, Tiriolo (anticamente Teura), Santa Maria di Catanzaro, sul colle Trivonà (Trischines) e lungo la valle del Corace che formavano l'antica "Terra dei Feaci". E proprio alla foce del torrente, secondo la leggenda, Ulisse fondò l'anticaSkilletion. Di recente ritrovamento nel quartiere Germaneto lungo la valle del Corace, una necropoli greca del V secolo a.C. e un antico centro romano[17] testimoniano la presenza di antichi insediamenti lungo la valle del Corace. Dai ritrovamenti archeologici emerge che l'attuale territorio comunale era compreso nell'area abitata fin dall'età del ferro dalla popolazione dei "Vituli", così chiamati perché adoratori del simulacro del vitello, che i greci ribattezzarono "Italoi" (adoratori del vitello) e governati dal famoso re Italo (dal quale in seguito prese il nome tutta la penisola italiana), fratello di Dardano progenitore dei troiani.
Secondo la leggenda due condottieri bizantini, Cattaro e Zaro, condussero le popolazioni rivierasche della città magno-greca di Skilletion o Skillakion, corrispondente alla romana Scolacium (nei pressi dell'odierna Catanzaro Marina), prima sullo Zarapotamo (oggi Santa Maria di Catanzaro) poi successivamente sul Trivonà, in una fortezza militare (secondo alcune ipotesi già esistente da qualche secolo nel luogo che attualmente è il quartiere che porta il nome di Grecìa). La scelta territoriale sarebbe stata legata alle continue incursioni saracene, che spinsero a spostare l'abitato in zone più elevate. Tale fondazione è attribuita tradizionalmente alla seconda metà del IX secolo, per decisione del generalebizantino Niceforo Foca il vecchio, dal quale avrebbe inizialmente preso il nome di "Rocca di Niceforo". Il passaggio da fortezza a centro urbano vero e proprio avvenne ad opera del generale Flagizio che avviò la costruzione di una cittadella, di un recinto fortificato e infine la sistemazione di cisterne e provviste di grani. Potenziato dall'accentramento di popolazione, prese forma urbana ed in seguito fu incastellato e assunse la denominazione di Katantzárion, con il permesso dell'Imperatore ottenuto da Flagizio. Secondo alcune ipotesi, proprio da questo periodo che vide lo sviluppo di officine per la lavorazione della seta importata dall'oriente e delle coltivazioni di gelso, deriva il nome attuale della città dal termine greco "Katartarioi", ovvero filatori di seta.
Agli inizi del X secolo la città bizantina fu occupata dai Saraceni, che vi fondarono un emirato[18] e prese il nome arabo di Qatansar. La presenza araba è testimoniata da ritrovamenti ottocenteschi[19] di una necropoli che restituì oggetti con iscrizioni arabe. Durante il periodo Arabo la città si ribellò più volte. Nel 929 a seguito di una nuova rivolta e del rifiuto di pagare i tributi Catanzaro venne duramente saccheggiata dal generale saraceno Al-Mahdi[20].
Intorno al 1000 Catanzaro si ribellò al dominio saraceno, tornando per un breve periodo nuovamente sotto controllo bizantino. Nel 1069 fu l'ultima città calabrese, dopo mesi di resistenza, a cadere sotto l'assedio dei Normanni di Roberto il Guiscardo che eressero il Castello Normanno, e la città fu feudo della famiglia Altavilla con il conte Rodolfo († 1098), figlio di Goffredo d'Altavilla[21]. In quest'epoca conobbe una fioritura di arti e dei mestieri, e in particolare la lavorazione della seta, con scambi commerciali sia con le altre regioni d'Italia che con i paesi orientali ed europei.
Per farne un centro di dominio, i Normanni l'elessero a Contea, conferendola a Ugone Falluc e alla sua discendenza, per passare poi sotto il controllo di un ramo cadetto degli Altavilla con Rao (Radulfo) da Loritello. Alla metà del XIII secolo in pieno periodo svevo, la città fu feudo delle famiglia Ruffo che ebbe nel calabrese Pietro I, grande marescalco di Federico II, il primo dei Conti Ruffo di Catanzaro "Dei Gratia Comes Catanzarii". Da questi perduta nelle sue lotte contro Manfredi, la città ritornò ai Ruffo quando Carlo I d'Angiò la donò al secondo Pietro Ruffo, pronipote del precedente, suo generale nella guerra del Vespro. Per quattordici anni, ad opera del Re Ladislao, rimase nel demanio regio. Nel 1420, ritornò a Nicolò Ruffo. Ultima Ruffo fu Enrichetta, figlia di Nocolò, che andò sposa ad Antonio Centelles. In seguito alla ribellione di costui che fomentò le plebi rurali, Alfonso I ne fece di nuovo una città demaniale. Per cui pochi anni dopo (1460) si accese nuova guerra durante la quale Catanzaro trucidò i partigiani di Centelles. Ritornata la pace, la città ebbe concessi nuovi privilegi che favorirono enormemente l'affermarsi della sua industria della seta, per cui i suoi damaschi andavano noti in tutta Europa. Da quel tempo Catanzaro acquista sempre più l'aspetto e l'importanza di quieta città aristocratica ed artigianale. Tuttavia questa condizione le conferisce l'energia di comportarsi eroicamente, nel 1528, e di resistere all'assedio posto dai francesi, meritandosi da Carlo V il titolo di "Fedelissima" e l'autorizzazione a fregiare il proprio stemma con l'aquila imperiale. L'importanza economica, ma soprattutto militare portò, pochi anni dopo, nel 1593 la città ad essere nominata capoluogo della provincia Calabria Ulteriore, ruolo che detenne per oltre 220 anni fino al 1816[7], anno in cui avvenne la divisione amministrativa della provincia.
La sua importanza per tutto il territorio regionale ebbe conferma nel 1970, anno in cui venne nominata capoluogo della regione Calabria.
Il 1461 fu un anno sanguinoso per la città. Da tempo il potente
Marchese Centelles, uomo avido e violento che tiranneggiò in modo spietato sulla città, appoggiato da vari nobili dell'epoca, cercava di organizzare una rivolta contro il
sovrano Ferdinando I di
Napoli.
I primi mesi del 1461 furono particolarmente spietati, per timore
di essere scoperto, il Marchese non esitava a far imprigionare o giustiziare chiunque destasse sospetto ai sui occhi.
La pazienza dei catanzaresi terminò l'8 maggio 1461 quando la città intera si ribellò al feudatario tiranno. Durante la notte un gruppo di cittadini tentarono un assalto al castello in cui viveva il Marchese. La notizia si sparse rapidamente in tutta la città dando vita alla sommossa che costrinse il Marchese Centelles alla fuga. Durante gli scontri scoppiò un grande incendio nel quartiere Paradiso adiacente al castello, ma le fiamme (secondo la leggenda per intercessione di San Vitaliano) furono miracolosamente deviate dal mutare del vento contenendo il numero di vittime ed evitando che il fuoco si propagasse all'interno della città.
In seguito a questo evento l'antico rione Paradiso fu ribattezzato con il nome, che tuttora possiede, di Case Arse.
Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Catanzaro. |
Nomi storici |
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Catanzaro ha avuto differenti nomi, che corrispondono alle diverse epoche storiche attraversate dalla città:
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Quando l'imperatore Carlo V divenne re di Napoli, la città dimostrò la propria fedeltà alla Corona. Nel 1528 il franceseOdet de Foix de Lautrec fu incaricato dal re Francesco I di conquistarla al Regno di Francia. Perciò inviò in Calabriadue contingenti, al comando rispettivamente di Simone Tebaldi, conte di Capaccio, e di Francesco di Loria da Tortorella. Ad essi si associarono diversi nobili calabresi come il Marchese di Crotone e pugliesi come il Marchese diTaranto parteggianti per la Francia che formarono un esercito di circa 35.000 uomini. Il Viceré della Provincia diCalabria Ulteriore, Don Pedro d'Alarcon de Mendoza, con 11 000 uomini forniti dai nobili rimasti fedeli alla Corona, organizzò la difesa della Calabria Ulteriore eleggendo la città di Catanzaro, considerata inespugnabile, Piazza d'armi e comando generale delle operazioni.
La città venne invano assediata per settimane, nonostante la netta inferiorità numerica, i catanzaresi resistettero eroicamente fino al 28 agosto 1528 dopo la vittoria, l'Imperatore le concesse il diritto di utilizzare come suo simbolo l'Aquila imperiale, recante sul petto uno scudo rappresentante i tre colli della città sormontati da una corona, e reggente col becco un nastro azzurro col motto Sanguinis Effusione . Nello stesso periodo a Catanzaro fu concessa l'esenzione dai tributi regi e la facoltà di battere moneta, del valore di un carlino. Le monete provenienti da Catanzaro recavano su una faccia la scritta "OBSISSO CATHANZARIO" e sull'altra "CAROL. V S IMP".
Nel 1584 la città di Reggio Calabria riuscì a farsi trasferire da Catanzaro gli Uffici della Regia Udienza della Calabria Ulteriore. Ma nel 1594, quando per la disastrosa incursione di Bascià Cicalala città di Reggio fu terribilmente saccheggiata, compresi gli archivi e i tribunali, gli uni e gli altri ebbero definitiva sistemazione in Catanzaro e la loro permanenza divenne fondamentale per l'affermarsi di quella città quale sede centrale della vita civile della regione. Catanzaro divenne così punto di riferimento fondamentale dell'attività burocratica e giudiziaria della provincia, che portò un afflusso considerevole di forestieri. Emerse un forte ceto burocratico che già agli inizi del Seicento contava un gran numero di avvocati, ma soprattutto ne conseguì che ogni avvenimento avesse luogo a Catanzaro si diramasse successivamente lungo tutto il territorio. Tra i vari fenomeni, si ricorda la congiura di Fra Tommaso Campanella che influenzò il pensiero dei catanzaresi per molti anni sino al terremoto del marzo 1638 che a Catanzaro provocò più paura che danni[23][24]. Comunque sia nella città furono registrati in quegli anni fenomeni in controtendenza rispetto al resto del Mezzogiorno, come l'aumento demografico registrato nel censimento del 1669 e la crescita d'importanza che acquistarono nella vita politica cittadina medici e avvocati, che godevano di prerogativa di nobiltà. Medici e avvocati, assieme agli onorati e al popolo, divennero i tre ceti egemoni della città. Questi avevano ugual potere all'intero dell'amministrazione cittadina e ciò permise loro di mantenere l'ordine pubblico attraverso squadre armate che li rappresentarono durante i conflitti scoppiati nel periodo successivo, in maniera particolare durante i moti del 1647- 48.
Nel corso del Cinquecento erano stati costruiti edifici di culto che si erano affiancati ai più antichi insediamenti francescani e domenicani già presenti in città. Nel corso del Seicento tale fenomeno si ridimensionò e vennero mantenuti solamente il convento del Carmine e quello dei Teatini ed entrambi svolgevano un'illecita attività finanziaria di prestito ad interesse, che aggravò maggiormente la condizione economica della popolazione già soggetta all'ennesimo aumento della gabella. Il 26 luglio 1647 i catanzaresi al grido di fuori gabella s'avviarono verso l'ufficio degli arrendatori, ovvero coloro i quali riscuotevano la gabella, ma trovandoli vuoti, sfogarono la rivolta sulle abitazione degli stessi. Alcune vennero incendiate, mentre altre vennero risparmiate dall'intervento delle squadre armate inviate dai tre ceti influenti della città che mantennero l'ordine cittadino anche nei mesi successivi. Quando il Preside della Provincia si accorse che i moti non erano del tutto sedati, ordinò di impiccare i capi dei ribelli provocando la fuga del resto dei rivoluzionari dalla città.
Tra il 1657 -'58 la Calabria fu messa in ginocchio da particolari eventi che si presentarono a distanza di poco tempo l'uno dall'altro: una carestia, un'eccezionale nevicata e due terremoti. Solo il catanzarese rimase miracolosamente indenne, ma a provocare danni furono due incendi che distrussero la sagrestia della Cattedrale e la volta del Collegio di Gesù tra il 1660 e 1661[25].
A seguito della perdita del ruolo di capoluogo di Calabria Ulteriore a favore di Monteleone (l'odierna Vibo Valentia), Catanzaro era priva di funzioni amministrative e giudiziarie, anche se restava pur sempre un caposaldo militare e civile. Tali ruoli le permisero tramite la riforma dell'istruzione di Giuseppe Bonaparte di promuovere la rigenerazione della società tramite la scuola e la cultura. Le idee illuministe che avevano animato gli anni della rivoluzione francese erano giunte infatti, anche a Catanzaro. Uomini di cultura quali il filosofo Gregorio Aracri ed il poeta e cantante Luigi Rossi avevano apertamente diffuso le nuove idee e all'interno della città operavano logge massoniche fondate e dirette su principi che avevano animato il periodo della rivoluzione.
Nel 1808 a Catanzaro fu istituito un Real Collegio di cui si distinsero uomini di cultura come Orazio Lupis e un Real Liceo nel 1812, al quale fu annesso un corso universitario di medicina e giurisprudenza. Nello stesso anno fu aperta la Scuola Agraria che ebbe notevole importanza nello sviluppo economico e culturale della città, così come anche l'industria tipografica che venne favorita dal sostegno degli avvocati della città. Se Catanzaro, grazie a questi nuovi istituiti di formazione, acquistava credito in campo intellettuale e culturale, continuavano a sussistere gravi problemi strutturali, come la necessità di un nuovo acquedotto che erogasse acqua pulita all'interno della città. Qui infatti giungevano solo acque malsane erogate da due fontane pubbliche, insufficienti ai bisogni della popolazione oltre che dannose. Nel corso del tempo, problemi tecnici, sociali e d'interesse privato, portarono la Nuova Fontana ad essere una sorta di miraggio, tanto che Pietro Colletta osservò che Catanzaro era come Tantalo nella favola, nuota nell'acqua e soffre la sete, almeno fino al 22 giugno 1810. In tale data, Gioacchino Murat decretò l'avvio alla costruzione della Fontana che sarà completata nel 1840.
Tutto ciò continuava però a non soddisfare le esigenze del popolo, povero e sofferente, come testimoniava il copioso numero di neonati abbandonati all'Ospedale dei Projetti (oTrovatello) in cui si trovava la Ruota della città[26].
Già agli inizi del secolo, il governo aveva imposto ai comuni delle onerose tassazioni a beneficio dei Projetti, ma quando le risorse finanziarie si rivelarono insufficienti e i pagamenti alle nutrici si fermarono, i bambini furono abbandonati sulla pubblica via. Nel Consiglio Generale degli Ospizi vi è inoltre riportata la statistica annotata dal canonico Greco, secondo cui dal 1802 al 1811 su circa 498 nati, 162 erano i morti per scarsa assistenza ricevuta durante i primissimi giorni di vita; invece nel 1813, è riportato un numero di nascite pari a 509: 398 legittimi, 9 illegittimi e ben 95 trovatelli. La perdita del ruolo di capoluogo, aveva portato nella città di Catanzaro a creare un nuovo organismo decurionale. Quest'organismo permetteva al governo centrale di avere un maggior controllo sul governo locale; pertanto il ruolo di decurione (o sindaco) non acquisì una buona reputazione, tanto che i cittadini tentavano a mantenersi ben distanti da esso[27].
Con il ritorno di Ferdinando I sul trono regio a Napoli nel 1816, Catanzaro conquistò quella ripartizione amministrativa già auspicata dagli illuministi riformatori prima della caduta borbonica e acquistò il ruolo di capoluogo della neo nata Calabria Ulteriore Seconda, lasciando a Reggio Calabria il capoluogo della Calabria Ulteriore Prima. Catanzaro ebbe merito di ospitare la Gran Corte Civile delle Calabrie e divenne un luogo importante per il governo centrale, dove nel frattempo erano tornati i Borbone, che avevano l’obiettivo di reintegrare il vecchio ordine così come deciso nel Congresso di Vienna. Catanzaro rientrò perfettamente nell'immobilismo che sembrava dover caratterizzare il periodo della Restaurazione. Tuttavia le idee liberali continuavano a circolare soprattutto tra le menti più giovani e nel tempo, accolsero un cospicuo numero di persone, tanto da rendere Catanzaro uno dei centri carbonari più attivi del Mezzogiorno, merito oltretutto dell'arciprete Domenico Angherà. Non si conoscono i nomi dei carbonari di Catanzaro, ma si suppone ci fossero personalità d' importanza e di cultura che ostentavano un rispetto formale per il governo borbonico, nascondendo le loro reali intenzioni. Tale atteggiamento portò ad accrescere dubbi sugli ideali che animavano gli animi, soprattutto all'interno della scuola: i docenti sospettati di avere contatti con la Carboneria vennero dimessi dalle loro cariche. Iniziò così anche a Catanzaro la persecuzione borbonica contro i principi liberali e si fece spazio l'idea di instaurare un governo cittadino che punisse i liberali. A Catanzaro vennero richiamate a tale scopo personalità d'eccellenza quali: i magistrati Ilario de Basio e Carlo De Nobili, il professor Costantino Lopez e il giurista Vincenzo Catalani. Nonostante l'assopimento generale, la diffusione del pensiero liberale acquistò maggior vigore con l'avvento di Luigi Settembrini, giunto da Napoli nel 1835 per la cattedra di eloquenza e di greco presso il liceo cittadino, attraverso la quale faceva proseliti alle idee liberali e alla società segreta fondata da Benedetto Musolino “Figlioli della Giovane Italia”, omonima della Giovine Italia mazziniana.
Con l'inizio degli anni '50, l'ambiente catanzarese si apre progressivamente alla cultura europea e nazionale come prova l'ampia attività pubblicistica di carattere politico-culturale ed economico dell'epoca. La Società Economica catanzarese s'interessò particolarmente ai temi di sviluppo economico e sociale e tra i membri si ricordano i nomi di: Carlo De Nobili (1777-1831), Giuseppe Caruso, Giuseppe Cua, Francesco Codispoti, Antonio Zuccaro, Vincenzo De Grazia e Gennaro Menichini. Altre personalità di spessore estranee all'ambiente economico, ma ugualmente impegnate al recupero economico e civile di Catanzaro, furono il letterato Liborio Menichini e il tecnico dinamico e dalla mente poliedrica, Luigi Grimaldi.
Dopo i moti del 1821, del 1837 e del 1844, il 1848 non colse i Catanzaresi impreparati. Causa scatenante furono i fatti di Napoli del 15 maggio[28], che fratturarono definitivamente l'equilibrio dei rapporti tra la monarchia e la borghesia. Inoltre il tentativo del re Ferdinando II di rendere inoperante la Costituzione da lui stesso concessa a febbraio, provocò un fremito d'indignazione in tutto il regno. La Calabria fu in subbuglio; Catanzaro e Cosenza furono i focolari più importanti, mentre Reggio Calabria, che aveva tentato di insorgere già un anno prima, risentiva ancora del recente fallimento. Pertanto anche a Catanzaro vennero a formarsi dei comitati aventi lo scopo di organizzare la lotta armata contro la prevedibile reazione borbonica. La partecipazione fu numerosa soprattutto da parte di contadini e agricoltori. I comitati avevano però carenza di fondi e ciò rese inoperosi i volontari che non vennero né armati né remunerati e con l'avvicinarsi del periodo della mietitura, preferirono abbandonare gli ideali per tornare ai loro campi. Pertanto all'alba del 27 giugno 1848, giorno del combattimento all'Angitola, i rivoltosi dimezzati ricevettero una dura sconfitta dal generale Alessandro Nunziante che invece aveva ricevuto rinforzi da Napoli[29].
Stessa sorte toccò ai rivoltosi di Pizzo Calabro e Filadelfia, portando diversi comitati cittadini a sciogliersi, compreso quello di Catanzaro i cui capi più compromessi e sopravvissuti alle battaglie, si diedero alla fuga per non rischiare l'ergastolo, come invece accadde a chi fu catturato[30]. Ciò non spense gli animi rivoluzionari catanzaresi, piuttosto per citare Basile: in Calabria il 1848 preparò il 1860[31].
Lo sbarco di Giuseppe Garibaldi e i Mille in Reggio Calabria il 21 agosto 1860 diede nuova speranza agli animi liberali calabresi e risolse contrasti e incertezze di nuovi gruppi finora titubanti che si schierarono a favore dei liberali, incrementando concretamente le condizioni favorevoli all'insurrezione. Ancora una volta però il moto insurrezionale filounitario non era presente in tutta la regione e soprattutto a Catanzaro vi erano forti disaccordi tra i pensatori liberali radicali come Antonio Greco, Domenico Angherà e il generale Francesco Stocco ed i liberali moderati guidati dal sindaco Giovanni Marincola e l'Intendente Leonardo Larussa. I contrasti si acutizzarono nel momento della designazione dei candidati per le elezioni politiche fissate il 26 agosto 1860 in Calabria e che videro predominare nel capoluogo, Greco per l'ala democratica e Vincenzo Stocco, nipote del generale Francesco Stocco, per l'ala moderata. La scelta di due uomini d'orientamento tanto diverso non fece altro che rallentare il moto d'insurrezione nella provincia di Catanzaro; inoltre il dissidio non aveva tanto valore ideologico quanto era strettamente correlato a rivalità locali, inerenti per lo più interessi amministrativi o familiari. Intanto il generale Stocco, richiamato a Napoli da Garibaldi e ormai governatore riconosciuto dei moderati, non faceva altro che rafforzare via via il desiderio di annessione al Piemonte, che gli permise di confermare la vittoria nel Plebiscito del 21 ottobre 1860, inserendo la provincia di Catanzaro nell'ala conservatrice. Ancora una volta il risultato non piacque all'ala democratica che non fece altro che accentuare il dissidio ancora una volta all'elezione del primo parlamentare catanzarese in seguito all'unificazione. Il passaggio dal vecchio al nuovo regime e l'importanza del Plebiscito del 1860 ebbe una valenza politica piuttosto contraddittoria, ma fu un momento di particolare importanza nel processo di sviluppo del moto unitario.
Durante i moti del '48, i catanzaresi si rifugiarono all'interno della recinzione muraria tipica della città. La protezione fornita dalle mura le fece riacquistare il ruolo di 'città-guarnigione', che era andato perduto assieme al ruolo di capoluogo di Calabria Ulteriore nel 1806. Non a caso nel 1857 da Catanzaro partirono le operazione contro il brigantaggio guidate da Afan De Rivera[32]. Catanzaro a metà del XIX secolo subì un processo di trasformazione e adeguamento delle strutture urbanistiche che aveva come obiettivi di restituire decoro alla skyline cittadina e migliorare le condizioni di vita attraverso l'attivazione di strutture pubbliche: fu completata la Nuova Fontana, venne costruito il Teatro Comunale e nuovi palazzi privati di pregevole fattura, quali palazzo Alemanni e palazzo Doria, mentre altre strutture ancora danneggiate dal sisma del 1783, vennero restaurate. I lavori proseguirono anche per gran parte del Novecento. Le varie migliorie permisero oltretutto di sviluppare il mercato edilizio che, almeno per i palazzi nobiliari, riuscì a risollevarsi, mentre per le zone abitate da contadini e artigiani, bisognerà aspettare il periodo post-unificazione prima di vedere miglioramenti. La componente sociale cittadina era nel frattempo mutata: la fetta più larga era composta da professionisti e funzionari amministrativi, mentre il resto della popolazione (contadini, artigiani, operai sottopagati) formavano una quota certamente rilevante, ma meno cospicua rispetto al passato. Nel dibattito sul piano regolatore approvato nel 1877, Catanzaro veniva allargata e il Corso e le aree limitrofe coincidenti con l'asse centrale della città, dovevano essere livellate per riordinare le costruzioni che furono erette in seguito al terremoto distruttivo del 1783 e per adeguare il tessuto cittadino alle nuove esigenze di traffico, mobilità e conservare il ruolo amministrativo della giustizia negli istituti universitari, nei comandi militari e altre istituzioni regionali.
Lo stesso argomento in dettaglio: Brigata Catanzaro. |
(LA)
« Sanguinis mortisque colores gestamus |
(IT)
« Portiamo i colori del sangue e della morte |
(Motto della Brigata) |
« … nella Brigata Catanzaro fatalmente si muore, speranza non c'è » |
(Attilio Frescura, Diario di un imboscato, 1916) |
Si formò a Catanzaro nel quartiere Lido, sotto il comando del colonnello Ferella Gaetano, nei primi mesi del 1915. Pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra il reggimento era stanziato in Friuli e faceva parte della Terza Armata (Armata del Carso), agli ordini di Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d'Aosta. Ebbe il battesimo del fuoco partecipando con la Brigata Sassari all'assalto del Trincerone di Bosco Cappuccio che riuscì a conquistare con slancio ammirevole. In seguito fu impiegata come brigata d'assalto, in tutte le battaglie dell'Isonzo, fu una delle più valorose e sfruttate unità del Regio Esercito.
Formata per lo più da calabresi (circa 6.000), comprendeva il 141º e 142º Reggimento fanteria. Fu protagonista dell'episodio del recupero dei cannoni italiani caduti in mano nemica, dopo un furibondo combattimento in cima al Mosciagh (Altopiano dei Sette Comuni) che si svolse nella notte tra il 27 ed il 28 di maggio. L'ardita impresa fu marcata dalla differenza di armamento che c'era tra la Brigata italiana e i corrispettivi austriaci. Fu in seguito a questo evento che nacque il nuovo motto della Brigata Catanzaro:
« Su Monte Mosciagh la baionetta ricuperò il cannone » |
Lo stesso Cadorna dopo quell'operazione scrisse:
« … Pure, fra tante angosce, una sensazione si faceva strada in me. Era, in principio, assai incerta e debole, e poteva apparire più illusione che speranza. Ma, dal 27 al 28 di maggio mi era parso, a un tratto, che fosse finita per gli austriaci la fase bella del tentativo, l'avanzata irresistibile, quella che ogni giorno ci apriva una ferita di più nella carne … » |
(Luigi Cadorna, Corrispondenza di guerra, 1915) |
Fu proprio dopo quest'episodio che la Brigata ricevette la prima Medaglia d'Oro al Valor Militare.
La brigata Catanzaro, come tante altre, aveva avuto i suoi giorni in linea (23 e 24 maggio) e pur con perdite notevoli era stata ricondotta in trincea (Hermada) 10 giorni dopo. Ritirata nuovamente a Santa Maria la Longa, paesino della bassa friulana il 24 giugno (64% gli effettivi) si paventò subito un suo reimpiego. Il malcontento divampò tra i soldati, privati dello sperato riposo. Il parroco del paese aveva avuto sentore che qualcosa si andava tramando, dai discorsi fatti nelle osterie. Credette suo dovere mettere sull'avviso il comandante della Brigata, ma fu tranquillizzato dal fatto che quelle erano ritenute normali lamentele. Quando di lì a qualche giorno la Brigata ricevette l'ordine di tornare al fronte, la sommossa divampò.
Alle 22.30 del 15 luglio, con un violento fuoco di fucileria, razzi multicolori ascesero il cielo per dare il segnale della rivolta ad altre Brigate. Viene dato l'allarme al Comando Supremo a Udine. Nel cuore della notte gruppi di artiglieria, carabinieri e squadroni di cavalleria circondano la Brigata Catanzaro. Verso le 3.00 del mattino la rivolta è spenta. Si istruì il processo per direttissima a seguito del quale 28 militari furono condannati a morte, passati per le armi e gettati in una fossa comune. Qualche ora dopo, sotto buona scorta la Catanzaro fu rispedita nella bolgia. Lungo la strada altri dieci vennero condannati e fucilati per insubordinazione di fronte al nemico. Facevano parte di quei 114 uccisi con esecuzione sommaria.
Così Gabriele D'Annunzio[33] commentò l'accaduto:
« Di spalle al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte dal mucchio dei sediziosi……Siete contadini. Vi conosco alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi in terra. Non voglio sapere se siete innocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O espiate la patria contaminata?……Il Dio d'Italia vi riarma e vi guarda. » |
Lo stesso argomento in dettaglio: Quattro giornate di Catanzaro. |
« Sono lieto di essere qui in Calabria e di trovarmi ora in questa città di Catanzaro, città dinamica che, per la centralità della sua posizione geografica e per le mansioni amministrative che le competono, è chiamata a svolgere un importante ruolo di servizio a favore di tutta la Calabria. » |
(Papa Giovanni Paolo II, Catanzaro, 6 ottobre 1984) |
La tragica vicenda della rivolta di Reggio Calabria per la scelta del capoluogo della regione venne vissuta in maniera meno drammatica a Catanzaro.
Dopo le elezioni regionali del 1970, era previsto che la prima riunione del nuovo consiglio regionale si tenesse nelle città sede di Corte d'Appello, quindi, per la Calabria, a Catanzaro. Ma rimaneva e rimase impregiudicato per mesi quale sarebbe stata la scelta della città capoluogo, che spettava comunque al consiglio regionale.
Alle manifestazioni reggine c'era il timore che si reagisse con manifestazioni catanzaresi e qualche avvisaglia la si ebbe con l'attentato che, durante una manifestazione antifascista, costò la vita all'operaio Malacaria. La città e la sua classe dirigente dimostrarono nell'occasione maturità civile e democratica.
La scelta di suddividere tra Catanzaro e Reggio le nuove istituzioni regionali, concentrando nella prima, nominata capoluogo della Calabria, la giunta e gli assessorati, e nella seconda il consiglio regionale, fu accettata dai catanzaresi come politicamente equa[34].
Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma di Catanzaro. |
« Fa la città per la sua impresa un'aquila imperiale con la testa rivolta a destra, armata di corona, con le ali e coda sparse, in atto di sollevarsi a volo, nel di cui seno, che forma uno scudo, vi sono tre monti in campo vermiglio, sopra dei quali vi è una corona; tiene l'aquila col becco una fascia, nella quale sta questo motto delineato: "Sanguinis effusione" per dimostrare che col sangue dei suoi cittadini, mai sempre sparso, in servigio della Cattolica Corona, ha quell'aquila meritato, che le concesse la sempre gloriosa memoria dell'imperatore Carlo V per aggiungerla alla sua antica insegna » |
(Vincenzo D'Amato, Memorie historiche dell'illustrissima, famosissima, fedelissima città di Catanzaro, 1670) |
L'elemento centrale dello stemma della città è l'aquila imperiale accordata da Carlo V nel 1528, in seguito alla resistenza offerta dai catanzaresi contro il francese Odet de Foix de Lautrec, che voleva conquistare la Calabria; lo stemma è completato da uno scudo che riproduce i tre colli su cui si erge la città e da un nastro azzurro, stretto dal becco dell'aquila, su cui è riportato il motto "Sanguinis effusione" ("con spargimento di sangue, ottenuta è sottinteso"), motivato dalle perdite riportate in varie battaglie dai combattenti catanzaresi.
« Drappo palato di otto, di giallo e di rosso... » |
(Blasonatura del gonfalone) |