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(Buccio di Ranallo, Cronache dalla fondazione dell'Aquila) |
L'Aquila (IPA: [ˈlaːkwila][3], pronuncia[?·info], precedentemente Aquila fino al 1863 e Aquila degli Abruzzi fino al 1939) è un comune italiano di 69.958 abitanti[1], capoluogo dell'omonima Provincia e della Regione Abruzzo.
Situata sul declivio di un colle, alla sinistra del fiume Aterno in posizione predominante rispetto al massiccio del Gran Sasso d'Italia, conta una presenza giornaliera sul territorio di quasi 100.000 persone per studio, attività terziarie, lavoro e turismo[4]. La città è sede di Università e di enti ed associazioni che la rendono vivace sotto il profilo culturale.
L'Aquila è posta nell'entroterra abruzzese e possiede una superficie comunale di 467 km² che, su scala nazionale, la pone al nono posto per ampiezza[5]. Proprio a causa dell'estensione del territorio sparso su una zona montuosa interna, L'Aquila dispone di una rete infrastrutturale e di servizi ardua e di amministrazione molto complessa: conta infatti più di dieci cimiteri, diversi depuratori, decine di complessi scolastici, quasi 3.000 km di strade e molte migliaia di chilometri di reti impiantistiche. È divisa in 59 tra quartieri e frazioni (vedi elenco). Parte del territorio comunale è compresa nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ed alcuni punti superano abbondantemente i 2.000 metri di quota.
Dal 15 al 17 maggio 2015 la città è stata sede dell'88° Adunata nazionale degli alpini che ha portato nel capoluogo abruzzese oltre 120 000 persone provenienti da tutta Italia.
Alla città è stato dedicato un asteroide, 7499 L'Aquila[6].
Lo stesso argomento in dettaglio: Geografia dell'Aquila. |
L'Aquila è situata nell'omonima conca sulle sponde del fiume Aterno, ad un'altitudine di 721 metri sul livello del mare che la rende terza tra i capoluoghi di provincia italiani più alti, dopo Enna e Potenza[7].
Il centro storico sorge su di un altipiano in posizione pressoché baricentrica rispetto alla conca; numerose sono le frazioni situate sul declivio o sulla sommità dei colli circostanti, tra cui è bene ricordare Aragno, Roio, Pianola, Bagno, San Giacomo e Collebrincioni. Nel dopoguerra, l'espansione urbanistica si è concentrata nella periferia occidentale della città, a carattere pianeggiante, e ad oggi, il tessuto urbano si estende in maniera disomogenea lungo la direttrice est-ovest, parallelamente al corso del fiume.
Il territorio comunale, suddiviso in 12 circoscrizioni, è uno dei più estesi d'Italia. Nei suoi 467 km² abbraccia numerosi paesi o frazioni e alcuni grandi centri che in passato hanno avuto identità municipale (Paganica, Arischia, Bagno, Camarda, Preturo, Roio, Sassa). Il territorio del comune presenta anche un'exclave, in territorio montano, al confine con il parco regionale naturale del Sirente - Velino e la riserva naturale Montagne della Duchessa.
Confina dal versante reatino con i comuni di Antrodoco e Borgorose, dal versante teramano con Crognaleto, Fano Adriano, Isola del Gran Sasso d'Italia e Pietracamela e dal versante propriamente aquilano con Barete, Barisciano, Cagnano Amiterno, Campotosto, Capitignano, Fossa, Lucoli, Magliano de' Marsi, Ocre, Pizzoli, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito e Tornimparte.
Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica dell'Aquila. |
In base alle medie climatiche ufficiali 1951-2000 pubblicate dall'ARSSA Abruzzo, relative alla stazione meteorologica urbana situata nel centro storico cittadino, la media annua delle temperature minime si attesta a +6,5 °C, la media annua delle massime a +17,3 °C, mentre la temperatura media annua è pari +11,9 °C. La massima assoluta, di +40 °C, è stata rilevata il 27 agosto 1960, mentre l'estremo negativo è di -17,8 °C, registrato il 17 febbraio 1956; inoltre è stato rilevato un -22,3 °C il 16 febbraio 1929[8][9]. Il valore termico più basso registrato nel territorio comunale spetta però alla stazione meteorologica dell'Aeronautica Militare Italiana[10] situata presso l'Aeroporto dell'Aquila-Preturo, che il giorno 11 gennaio 1985 arrivò a toccare i -23,4 °C[11]. Le precipitazioni sono di 713 mm annui con 92 giorni piovosi, mentre sono 68 i giorni di gelo durante l'anno[12].
Molto sviluppati sono i boschetti di pioppi, di carpini e di cerri. Sono presenti, nell'areale, il nocciolo, il castagno (che forma umbratili boschi), l'acero (spesso presente con esemplari mastodontici). Solo grazie a rimboschimenti sono presenti il pino nero, l'abete rosso, e il larice. Tra gli arbusti possono essere menzionati il ginepro, il mirtillo (commestibile), la belladonna (di aspetto simile al mirtillo, ma velenoso o addirittura mortale), l'agrifoglio.
Le fioriture sono caratterizzate da gigli (specie protetta da una Legge Regionale dell'Abruzzo), campanule, sassifraghe, primule, genziane, garofanini e numerose orchidee. Menzione a parte merita la stella alpina appenninica, una pianta rarissima sulle montagne dell'Appennino.
Data l'ampia estensione del comune, vi è un'ampia varietà di fauna, comprendente molte delle specie riscontrate nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. L'area dell'aquilano è abitata anche da volpi, cinghiali e gatti selvatici, ma è possibile imbattersi anche in esemplari di caprioli e lupi appenninici. Per quanto riguarda gli uccelli sono presenti, tra gli altri, il falco pellegrino, il gheppio ed il lodolaio.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Aquila. |
Il territorio dove sorge L'Aquila fu abitato fin nei tempi più antichi. Prima della conquista da parte di Roma, tutta la valle dell'Aterno fu luogo di insediamento per i Sabini e per i Vestini, i cui territori confinavano proprio nel punto dove in futuro sarebbe sorta la città.
Dopo la conquista dei Romani, avvenuta nel III secolo a.C., nella località che corrisponde all'odierna San Vittorino, pochi chilometri ad ovest dell'Aquila, venne fondata la città di Amiternum, di cui, ancora oggi, possiamo ammirare i resti: un teatro e un anfiteatro che testimoniano l'importanza assunta nel tempo dalla città. Qui nacque uno dei maggiori storici romani, Sallustio, di cui oggi è presente una statua in Piazza Palazzo; fu sede di diocesi insieme alle vicine città di Forcona e Pitinum. In seguito, sopravvissuta alla caduta dell'Impero Romano d'occidente, Amiternum visse un periodo di grande decadenza, fino a scomparire completamente nel X secolo.
Nel frattempo, il territorio aquilano era stato inglobato nel longobardo Ducato di Spoleto e venne per la prima volta scisso dall'Abruzzo meridionale che era, invece, sotto il controllo del Ducato di Benevento, con numerose ripercussioni sull'economia della zona. Una delle attività economiche principali delle terre che costituiranno la futura città era, infatti, l'allevamento ovino, che comportava la transumanza, cioè l'annuale spostamento delle greggi, che venivano portate a svernare nel Tavoliere delle Puglie. Con la divisione dell'Abruzzo la transumanza diventò una pratica certamente meno agevole, provocando la decadenza economica del territorio.
La rinascita economica del territorio avverrà solo dopo l'anno mille con l'arrivo dei Normanni. Si assiste ad una ritrovata stabilità, grazie anche alla riunificazione di tutto l'Abruzzo (conquistato da re Ruggero II tra il 1139 e il 1153). Durante il periodo normanno si assiste al fenomeno dell'incastellamento, di cui sono esempio e testimonianza, ancora oggi visibili, il castello di San Pio delle Camere e il castello di Ocre; quest'ultimo occupava una posizione strategica nella vallata dell'Aterno ed era proprietà dei conti dei Marsi. Un altro importante fattore di sviluppo economico fu la diffusione delle abbazie cistercensi, tra cui quella di Santo Spirito d'Ocre[13].
Lo stesso argomento in dettaglio: Grande Aquila. |
Nel 1229 gli abitanti di questi castelli decidono di ribellarsi al giogo vassallatico dei baronati normanno clericali[14]. Dopo essersi rivolti a papa Gregorio IX, ottennero il permesso di fondare la città ma l'iniziativa non si concretizzò[14]. Gli aquilani ottengono nuovamente il permesso della costruzione di una nuova grande città, in funzione anti-feudale[14], di cui è rimasta testimonianza nel cosiddetto Diploma di Federico II[14]: nel documento conservato, in duplice copia negli archivi cittadini, si esortano i castelli degli antichi contadi di Amiternum e Forcona a unirsi per formare un unico centro[15].
Le vicende della fondazione dell'Aquila sono raccontate da Buccio di Ranallo da Poppleto (autore di una Cronica rimata che narra la storia della città dal 1254 fino al 1362, l'anno precedente la sua stessa morte). Ricchissime testimonianze sulla storia dell'Aquila e del territorio abruzzese sono riportate nei manoscritti dello storico settecentesco Anton Ludovico Antinori. Controverse sono le notizie riguardanti il numero dei castelli che contribuirono alla fondazione della città: la tradizione vuole che siano stati novantanove, ma è più probabile che il numero effettivo si aggirasse intorno alla sessantina. A ricordo della fondazione, la campana della Torre Civica (la Reatinella) batte ancora oggi 99 rintocchi ed il primo grande monumento della città, la fontana delle 99 cannelle, sembra contribuire all'alimentazione di questa leggenda.
La città venne chiamata Aquila dal toponimo del luogo in cui fu fondata (Accula) e perché il nome richiamava l'insegna degli Hohenstaufen (un'aquila, appunto). Successivamente divenne Aquila degli Abruzzi e infine, nel 1939, per decreto del Ministero dell'interno, prese il nome odierno di L'Aquila.
L'Aquila è una città unica nel Medioevo italiano, essendo nata secondo un disegno armonico senza precedenti nella storia dell'architettura urbana (un caso simile, nel 1703, fu la nascita di San Pietroburgo). Costituita dall'unione di molti villaggi, è suddivisa in piccoli quartieri (generalmente una piazza, una chiesa e una fontana), ognuno dei quali rimanda al villaggio-madre.
Gestita da un podestà e da un libero consiglio, ebbe organizzazione autonoma e propri statuti[16]. Contribuirono all'ascesa dell'Aquila la posizione strategica e la crescente importanza in ambito religioso, suggellata dal trasferimento della sede vescovile da Forcona all'Aquila nel 1257 ad opera di papa Alessandro IV.
Nel 1259, colpevole di essere rimasta fedele alla Chiesa nella contesa tra papato ed impero, fu punita e rasa al suolo da Manfredi. Venne ricostruita nel 1265 per mano di Carlo I d'Angiò, chiamato in soccorso della Chiesa, minacciata dagli Svevi e dalle incursioni dei saraceni, dal Papa francese Jacques Pantaleon de Troyes, eletto al soglio pontificio, a Viterbo, con il nome di Urbano IV. La città dell'Aquila riconoscente, si sottomise spontaneamente al nuovo conquistatore, riacquistando prestigio e preminenza.
Lo stesso argomento in dettaglio: Perdonanza. |
Nel 1288 l'eremita Pietro da Morrone, decise di edificare all'Aquila la basilica di Santa Maria di Collemaggio, capolavoro dell'arte romanica e monumento simbolo della città. Proprio nella basilica da lui fortemente voluta, l'eremita venne incoronato papa con il nome di Celestino V il 29 agosto 1294.
Nell'agosto del 1294, Celestino V emanò una Bolla con la quale concedeva un'indulgenza plenaria e universale a tutta l'umanità. Bolla ancora oggi valida, che anticipò di sei anni l'introduzione dell'anno santo, avvenuta per volere di papa Bonifacio VIII nel 1300 e può essere quindi considerato il primo giubileo della storia.
La Bolla del perdono di San Pietro Celestino, oggi nota come la Bolla della Perdonanza, poneva come condizioni per l'ottenimento del perdono: l'ingresso nella basilica nell'arco di tempo compreso tra le sere del 28 e del 29 agosto di ogni anno e l'essere "veramente pentiti e confessati". La porta di Celestino V, situata sul lato settentrionale della basilica è dunque a tutti gli effetti una Porta Santa[17].
Il primo consiglio cittadino fu composto dai sindaci dei vari villaggi e la città non ebbe una propria esistenza giuridica riconosciuta fino al regno di Carlo II di Napoli, che nominò un Camerlengo come responsabile dei tributi. Da quel momento, le tasse furono pagate da tutta la città in quanto tale, mentre, in precedenza, erano pagati dai singoli villaggi.
In questo periodo L'Aquila fu teatro di una serie di violente lotte tra alcune delle famiglie che si contendevano il potere, tra cui è opportuno citare i Pretatti e i Camponeschi. La contesa durò circa un decennio con la vittoria di questi ultimi.
Successivamente, il Camerlengo acquisì anche il potere politico, divenendo presidente del consiglio cittadino (che ebbe vari nomi e composizione nel corso dei secoli). La città, autonoma, anche se compresa nel regno di Sicilia, poi regno di Napoli, (salvo un breve periodo in cui fece parte dello Stato Pontificio), fu governata da una diarchia composta dal consiglio e dal capitano regio, cui si aggiunse, nel XIV secolo proprio il conte Pietro Camponeschi che, da privato cittadino, divenne il terzo membro di una nuova triarchia.
La città dell'Aquila sorge su uno dei territori a alta sismicità della penisola italiana e, fin dalla sua fondazione, è stata funestata molte volte da eventi tellurici. Il primo terremoto di cui si abbia notizia risale al 13 dicembre 1315.
Un forte terremoto si verificò il 9 settembre 1349: si stima che abbia avuto un'intensità pari a magnitudo 6,5 della Scala Richter e che abbia prodotto danni valutabili nel X grado della Scala Mercalli. Furono sbrecciati e atterrati ampi tratti delle mura cittadine e crollarono moltissime case e chiese. Le vittime furono ottocento[18] e, poiché all'epoca gli abitanti dell'Aquila erano meno di diecimila, si trattò di quasi il 10% della popolazione. La gran polvere che si alzò gravò sulla città per molto tempo, impedendo il salvataggio repentino di coloro che erano stati travolti dalle macerie[19]. La difficile e laboriosa ricostruzione scoraggiò una parte della popolazione, che preferì tornare ai villaggi e castelli dai quali erano venuti i loro avi. Di fronte all'esodo massiccio della popolazione e alla conseguente prospettiva di veder prematuramente cancellata L'Aquila dalle città del Regno, Camponeschi fece presidiare le mura cittadine e ne fece chiudere con tavoloni di legno le brecce[18].
Contemporaneamente, le vicende politiche stavano trascinando Aquila verso una sanguinosa guerra. La città, rimasta fedele alla casa angioina, appoggiò il casato francese e venne, quindi, individuata come obiettivo sensibile durante la guerra tra i D'Angiò e gli aragonesi. Questi ultimi assoldarono Braccio Fortebraccio da Montone, promettendogli la signoria di Aquila nel caso in cui fosse riuscito a prenderla. Dopo un anno di assedio (1423-1424) Aquila, anche se stremata ed esausta, ne uscì vincente: si affrancò così dal potere regio e rafforzò il suo ordinamento sociale che venne liberato dai vincoli feudali, preparandosi così ad un periodo di rinascita.
Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra dell'Aquila. |
Il Quattrocento corrisponde all'età d'oro della città dell'Aquila. Dopo la ricostruzione, prosperò per i suoi commerci, specialmente della lana, estendendo le proprie relazioni fino a Firenze, Genova e Venezia e, ancora oltre, in Francia, Paesi Bassi e Germania, diventando in breve tempo la città più importante del Regno dopo Napoli.
Tenne, a vario titolo, una Zecca della Moneta sin dal 1382, sotto Ludovico I d'Angiò, istituzione rinnovata per privilegio anche sotto gli Aragonesi e gli Spagnoli, mentre è del 1458 l'istituzione della Università destinata a conseguire grande rinomanza. Nel 1482 Adamo da Rottweil, allievo di Johann Gutenberg, vi impiantò una tipografia, assicurando larga diffusione di opere preziose[20].
In questo tempo la città fu famosa anche per la prolungata dimora di tre grandi santi francescani: San Bernardino da Siena, San Giovanni da Capestrano e San Giacomo della Marca. Alla morte di San Bernardino, avvenuta il 20 maggio 1444 proprio qui, la cittadinanza chiese e ottenne da papa Eugenio IV il permesso di custodirne le spoglie. Venne così edificata la monumentale basilica di San Bernardino. Le guerre con Rieti, le lotte intestine tra famiglie e i continui terremoti determinarono, sul finire del secolo, l'inizio di una nuova decadenza.
Il 26 novembre 1461 si verificò un nuovo violento sisma di intensità stimata in magnitudo 6,4 della Scala Richter e distruttività pari al X grado della Scala Mercalli. Successivamente alla scossa principale del 26 novembre, seguì una serie di eventi sismici che si protrassero per circa due mesi, con ulteriori forti scosse il 4, il 17 dicembre, 3 e il 4 gennaio successivi. Le fonti riportano della pressoché totale distruzione di Onna, Poggio Picenze, Castelnuovo e Sant'Eusanio Forconese.
Nel frattempo, il Regno di Napoli, e con esso Aquila, era passato agli Aragonesi. Nel 1527 la cittadinanza aquilana si ribellò all'invasore provocando la rappresaglia spagnola. Il viceré Filiberto d'Orange la devastò e la separò dal suo contado. Inoltre, inflisse una multa pesantissima, che superava ogni possibilità degli aquilani e con questo denaro contribuì alla costruzione dell'immenso Forte spagnolo sul cui portale campeggia la scritta Ad reprimendam aquilanorum audaciam, ovvero "per la repressione dell'audacia degli aquilani", minaccioso avviso, finalizzato a scoraggiare ogni possibile successiva ribellione. In seguito, la città tentò faticosamente di rialzarsi, ma la sua ripresa venne certamente rallentata dai terremoti del 1646 e del 1672.
Lo stesso argomento in dettaglio: Terremoto dell'Aquila del 1703. |
Nel Settecento la città fu interessata da uno sciame sismico, che culminò con un violentissimo terremoto che, ancora una volta, la rase al suolo. La prima scossa della lunga sequenza si verificò il 14 ottobre 1702, ma la maggiore venne registrata il 2 febbraio del 1703 e si stima che abbia avuto una magnitudo 6,7 della Scala Richter causando devastazioni stimate nel X grado nella Scala Mercalli.
Quasi tutte le chiese e gli edifici pubblici cittadini crollarono o riportarono gravissimi danni[21]. Si stima che nelle varie scosse che colpirono la città, quell'anno siano morte oltre 6.000 persone[22]. Le chiese di San Bernardino, (rimase in piedi solo il coro, la facciata e le mura laterali), San Filippo, la Cattedrale di San Massimo, San Francesco, Sant'Agostino e tutti i palazzi della città risultarono rasi al suolo oppure pesantemente danneggiati[23].
La gente sopravvissuta abbandonò la città in quanto ritenuta troppo rischiosa. Fu ricostruita dalla tenace volontà dei pochi abitanti rimasti e ripopolata per volontà di papa Clemente XI, il quale, ritenendo che la città dovesse rinascere a tutti i costi, dispose che fossero inviati preti e suore spogliatisi del loro sacro vincolo a contribuire alla rinascita della città. Aquila, tuttavia, non riacquistò mai più l'antico splendore.La notizia, anche se ripresa frequentemente, anche da personaggi autorevoli come, ad esempio, Dario Fo, necessiterebbe di una ricerca più approfondita. Ad ora, infatti, l'unica fonte, riportata anche qui, è l'intervista ad un anonimo "Giuseppe"[24].
La ricostruzione avvenne secondo lo stile dell'epoca, il barocco. A questo periodo risale la costruzione della Chiesa delle Anime Sante con la cupola del Valadier e degli interni delle basiliche di San Bernardino e Santa Maria di Collemaggio.
La pace di Vienna (1738) pose fine alla dominazione spagnola, successivamente la città venne occupata dai francesi. Anche questa volta, un'insurrezione provocò la reazione dei dominatori ed Aquila venne di nuovo devastata e saccheggiata. In particolare, a questo periodo risale il furto del dipinto dell'Annunciazione di Raffaello, contenuto nella Chiesa di San Silvestro e dell'urna contenente le spoglie di San Bernardino, custodita all'interno della basilica omonima.
Durante il Risorgimento gli aquilani parteciparono attivamente ai moti, sotto la guida di Pietro Marrelli, che il 20 novembre del 1860 ospitò all'Aquila, nel Convento di San Giuseppe, il Mazzini in persona[25].
Con l'unità d'Italia, la regione Abruzzi, comprendente anche l'odierno Molise, ha capoluogo nella città dell'Aquila. In quell'occasione il nome della città fu modificato in Aquila degli Abruzzi (1861).
Nel 1927, nell'ambito del rivoluzionamento provinciale disposto dal regime fascista, ci fu la nascita delle province di Pescara e di Rieti, grazie soprattutto alla perdita da parte aquilana, rispettivamente, del Mandamento di Popoli-Bussi e dei comuni di Accumoli, Amatrice, Antrodoco, Borbona, Borgocollefegato, Borgo Velino, Cantalice, Castel Sant'Angelo, Cittaducale, Cittareale, Fiamignano, Lugnano di villa Traiana (ora Vazia, frazione di Rieti), Leonessa, Micigliano, Pescorocchiano, Petrella Salto e Posta per un totale di 1362 km² e 70.000 abitanti circa[26]. La perdita del cosiddetto Circondario di Cittaducale dimezza l'hinterland di Aquila degli Abruzzi e ne scalfisce l'egemonia regionale. Nel 1939 la città per effetto dell'annessione di otto centri limitrofi nel 1927 voluta dal podestà Adelchi Serena[27], prende il definitivo nome di L'Aquila[28]. Trattasi del Regio Decreto legge del 29 luglio 1927 (anno V era fascista) numero 1564 che prevede la soppressione e l'annessione al comune di Aquila degli Abruzzi dei comuni di Arischia, Bagno, Camarda, Lucoli, Paganica, Preturo, Roio, Sassa, nonché la frazione di San Vittorino del comune di Pizzoli. Nel 1947 Lucoli dopo essere stato per 20 anni una frazione dell'Aquila, fu il solo a riuscire a ritornare comune autonomo a differenza degli altri sette comuni soppressi che non ci riuscirono nonostante le sommosse degli anni trenta, quaranta e cinquanta guidate da Paganica. Da ricordare che gli otto Comuni soppressi furono forzatamente annessi al comune dell'Aquila in quanto nessuno nel 1927 accettò di entrare a far parte della Grande Aquila.
Nel 1970 nasce ufficialmente la Regione Abruzzo. La scelta iniziale di situare il capoluogo amministrativo a Pescara provoca la reazione furibonda degli aquilani. Ne conseguono disordini e scontri di piazza, i cosiddetti Moti dell'Aquila. Alla fine viene riconosciuto alla città il ruolo di capoluogo unico dell'Abruzzo[29] consentendo però alla Giunta e al Consiglio regionali la possibilità di riunirsi anche a Pescara.
Lo stesso argomento in dettaglio: Terremoto dell'Aquila del 2009. |
Il 6 aprile 2009, alle ore 3:32, dopo diversi mesi di lievi scosse localizzate e percepite in tutta la zona dell'aquilano, L'Aquila è stata colpita da un terremoto di magnitudo 6.3 Mw (5.9 Ml secondo la scala della magnitudo locale, nota anche come "Scala Richter", oramai poco usata) e tra l'8º e il 9º grado di distruzione della Scala Mercalli, con epicentro situato nel territorio di Roio in località Colle Miruci a confine con Lucoli[30]. Il bilancio finale è stato di 309 vittime ed oltre 1.500 feriti, mentre la quasi totale evacuazione della città ha portato a 65.000 il numero degli sfollati.
Nei giorni successivi al sisma principale altre forti scosse, pur se di intensità minore, hanno colpito l'aquilano: una forte scossa di magnitudo 5.6 MW alle ore 19.47 del 7 aprile 2009, una di magnitudo 5.4 MW alle ore 2:52 del 9 aprile 2009 ed una di 5.2 MW alle ore 21:38 del 9 aprile 2009.
Il sisma ha riversato la sua forza sull'abitato e sui paesi limitrofi, tra i quali Onna, Roio, Villa Sant'Angelo, Castelnuovo, Tempera, San Gregorio e Paganica. Il capoluogo
stesso presenta crolli anche totali in molte zone e gravissimi danni alla maggior parte degli edifici di valore storico e culturale. Le chiese principali risultano gravemente danneggiate o
quasi completamente crollate. Particolare rilevanza ha avuto la mancata resistenza e quindi il danneggiamento talvolta irreversibile della maggioranza degli edifici pubblici, sia antichi che
moderni: ad esempio il moderno polo d'Ingegneria, il Palazzo del Governo (sede della Prefettura), la Casa dello studente di via XX settembre, l'ospedale San Salvatore e
molti palazzi signorili del Settecento e dell'Ottocento.